Premessa. La Regione Veneto, con la Legge Regionale 38/2019 e, poi, con la Delibera di Giunta 2006/2019, ha introdotto tre fasce orarie di interruzione del gioco su tutto il territorio regionale (7:00-9:00, 13:00-15:00, 18:00-20:00), stabilendo altresì che i Comuni possono aggiungere alle fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale.

I Comuni di Bassano del Grappa e di Tezze sul Brenta (Vicenza) sono intervenuti con due ordinanze con cui hanno introdotto ulteriori fasce orarie di limitazione. Alcuni gestori del gioco hanno presentato ricorso avverso questi provvedimenti. Il TAR Veneto si è pronunciato, confermando le discipline comunali, con le sentenze 1523/2023e 1539/2023 che qui si analizzano congiuntamente. Qui la scheda di sintesi di un’altra recente pronuncia del TAR sull’ordinanza di Bassano.

Gli operatori del settore del gioco presentano, in sostanza, due principali contestazioni: una relativa all’asserita difformità delle due normative comunali rispetto all’Intesa in Conferenza Unificata del 2017, l’altra rispetto a pretese carenze istruttorie all’origine dei provvedimenti. Il TAR le respinge entrambe con motivazioni che di seguito si sintetizzano.

L’Intesa. Con riferimento al primo profilo, i giudici del TAR Veneto innanzitutto ribadiscono quanto già detto in molteplici occasioni, ossia che l’Intesa è nata come atto prodromico all’esercizio del potere statale di coordinamento ed indirizzo in materia di gioco e che, non essendo stato esercitato tale potere (e quindi non essendo stati recepiti, in un decreto ministeriale, i contenuti dell’Intesa stessa), l’Intesa deve ritenersi priva di efficacia cogente. In altri termini, una disciplina comunale non può essere annullata per violazione di un provvedimento privo di un valore vincolante.

Dall’Intesa, semmai, si può trarre, secondo i giudici, la considerazione che è divenuto principio generale la qualificazione dello strumento dei limiti orari come “strumento di lotta al fenomeno della ludopatia”.

L’Intesa e la Legge Regionale (art. 8). Sul piano, invece, dei rapporti tra Intesa e Legge regionale, posto che quest’ultima la cita all’art. 8, il TAR esclude qualsivoglia forma di “legificazione”, da parte del Veneto, dei contenuti dell’atto della Conferenza Unificata. Vale specialmente per la materia dei limiti orari: è stata la Corte costituzionale, in primo luogo, a sciogliere ogni dubbio circa il potere sindacale (tramite ordinanza) di disciplinare gli orari degli apparecchi da gioco (sent. 220/2014): “secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della legge regionale (…) non può ritenersi che in forza del generico richiamo all’Intesa, contenuto all’art. 8, la Regione abbia inteso ‘avocare’ a sé un potere che, come ricordato dalla Corte costituzionale n. 220 del 2014, è attribuito ai Comuni”.

Resta fermo, secondo il TAR, che in capo ai Comuni, in primis per esigenze di tutela della salute pubblica, deve riconoscersi, secondo consolidata giurisprudenza, “non solo il potere, ma anche un vero e proprio obbligo di adottare interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco”.

A chiarire gli ultimi dubbi valgono comunque i dettati normativi testuali tanto dell’art. 8 della Legge regionale (i Comuni possono aggiungere alle fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale) quanto dell’Intesa stessa (punto 5: “Le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia”).

L’istruttoria. L’altro punto sollevato dai ricorrenti concerne l’attività istruttoria dei Comuni alla base dei limiti al gioco: attività che è stata considerata “adeguata” dal Collegio. Vale, in particolare, per la “dettagliata e aggiornata” relazione dell’ULSS 7 Pedemontana, di cui i giudici sottolineano:

  • il riscontro sull’andamento e sulla presenza, rilevante, del fenomeno della ludopatia nei Comuni interessati e nell’ambito territoriale di competenza dell’ULSS 7;
  • il preoccupante trend in aumento delle giocate nel territorio dei due Comuni;
  • la considerazione che il dato della presa in carico presso la ULSS dà comunque un’idea “sottostimata” del fenomeno della ludopatia, che tende a restare sommerso ed è connotato da una notevole cifra oscura, in quanto molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali.

Il TAR Veneto valorizza, inoltre, la circostanza che la relazione dell’ULSS 7 Pedemontana prende in esame un intero bacino d’area. Dicono i giudici, infatti, che la lotta al fenomeno della ludopatia non può “limitarsi alla situazione dei singoli Comuni, isolatamente considerati”. Ciò anche avuto “riguardo alla situazione socio-economica del Veneto, Regione caratterizzata da una miriade di piccoli e medi Comuni contigui, laddove quelli dell’area della c.d. “Pedemontana” (da cui il nome dell’Ulss 7) vengono a costituire un bacino di utenza che, ai fini dell’efficace contrasto al fenomeno in esame, non può che essere considerato unitariamente”.

Del resto, sono stati gli stessi Sindaci dei 28 Comuni afferenti l’ASL 7 Pedemontana ad “adottare provvedimenti omogenei per tutto il comprensorio di competenza, distretto per distretto, per quanto riguarda gli orari di funzionamento, al fine di evitare fenomeni di migrazione verso Comuni limitrofi”.

Il principio di ragionevolezza. Infine il TAR ribadisce come la prevista limitazione ad otto ore dell’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco lecito, deve considerarsi rispettosa anche del principio di proporzionalità rispetto all’obiettivo perseguito, che non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco ma solo quello di prevenire, contrastare e ridurre tale rischio di dipendenza.

I limiti orari sono in grado, secondo il Collegio, di realizzare un “ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo”, considerato anche che lo strumento dei limiti all’orario di funzionamento degli apparecchi di gioco non preclude alle sale gioco di restare comunque aperte continuando ad offrire altri servizi negli orari in cui le apparecchiature devono restare spente.