La normativa e il caso. Il Comune di Cantello (Va), con l’ordinanza 7/2014, ha dato attuazione alla Deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia 10/1274 del 2014 e alla legge regionale 8/2013 definendo l’elenco dei luoghi sensibili e il criterio di calcolo della distanza tra questi ultimi e le sale gioco. In applicazione di questa ordinanza, la Polizia locale del Comune di Cantello ha diffidato una società, che aveva già ottenuto la licenza per l’esercizio dell’attività di gioco, dall’avviare l’attività stessa nel locale in cui intendeva farlo, essendo questo posto a una distanza inferiore a 500 metri rispetto a due luoghi sensibili (un asilo nido e un oratorio).

La società ha presentato ricorso avverso il provvedimento di diniego, l’ordinanza e la deliberazione della Giunta Regionale e il TAR per la Lombardia si è pronunciato con la sentenza 2643/2020 che qui si analizza.

La direttiva europea 98/34/CE. Il ricorrente anzitutto contesta alla Regione Lombardia, rispetto alla Deliberazione 10/1274 del 2014 e alla Legge regionale 8/2013, di aver omesso di effettuare la previa notifica alla Commissione europea, prescritta dalla direttiva 98/34/CE in presenza di regolamentazioni tecniche: la conseguenza secondo la società sarebbe l’inopponibilità delle stesse ai singoli destinatari.

Il TAR è di diverso avviso:

1) le regolamentazioni in esame (ossia, il distanziometro) “non possono propriamente definirsi tecniche, poiché occorre distinguere le misure immediatamente finalizzate alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione del rischio di dipendenza dal gioco d’azzardo lecito, fondate sul motivo imperativo della prioritaria salvaguardia della salute pubblica, da quelle programmatiche attinenti alla regolazione allocativa dell’attività economica”;

2) la direttiva richiamata dal ricorrente non è attinente al caso specifico: essa, infatti, “impone agli Stati membri di notificare alla Commissione l’eventuale introduzione di nuove regole tecniche, [e] si applica infatti solo alle norme programmatiche dell’attività economica, al fine di consentirne un controllo preventivo per favorire l’armonizzazione delle normative e la promozione degli scambi in un clima di concorrenza, mediante la predisposizione di un quadro normativo chiaro e condiviso, e non alle norme che consentono l’intervento diretto delle amministrazioni preposte alla tutela della salute collettiva”.

L’intreccio delle competenze. Secondo il ricorrente, la disciplina regionale contrasterebbe con l’art. 7, comma 10 del Decreto Balduzzi che assegnerebbe, in via esclusiva, all’Agenza delle Dogane e dei Monopoli la competenza a pianificare forme di progressiva di ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta gioco.

Il Collegio, richiamando alcune sentenze della Corte costituzionale (300/2011, 108/2017, 27/2019), ricostruisce l’intreccio di competenze in altri termini, distinguendo tra misure relative alla ricollocazione dei punti gioco e quelle relative alla tutela della salute (di competenza concorrente). Secondo i giudici, “la riconducibilità della materia del gioco d’azzardo alla legislazione statale o concorrente deve essere accertata caso per caso, sulla scorta del contenuto sostanziale dell’atto adottato: nelle materie della tutela della salute e del governo del territorio le Regioni possono dunque stabilire livelli più elevati rispetto a quelli essenziali di tutela uniforme fissati dalla legislazione statale, al fine di evitare l’apertura delle sale da gioco in prossimità di determinati luoghi ad elevato rischio di favoreggiamento della dipendenza dal gioco d’azzardo, anche individuando luoghi diversi da quelli individuati dalla legge statale”.

Il principio di proporzionalità. Il TAR si esprime, poi, sulla proporzionalità dello strumento del distanziometro. In generale, dicono i giudici, “a fronte del rischio di diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco d’azzardo lecito, la previsione di distanze minime dai luoghi sensibili comporta un ragionevole sacrificio delle ragioni imprenditoriali dei gestori delle sale da gioco”.

Inoltre, è significativo:

1) l’accertamento che l’esercizio dell’attività di impresa legato al gioco “non risulta affatto precluso nell’ambito del territorio comunale”;

2) la precisa e previa determinazione, da parte della legislazione regionale, dell’elenco dei luoghi sensibili e della distanza che deve intercorrere tra questi e le sale gioco, così da non “comprimere in maniera eccessiva (…) la sicurezza giuridica che deve assistere gli operatori economici”.

Il criterio di determinazione della distanza. L’articolo 4, comma 2 dell’Allegato A alla Deliberazione della Giunta Regionale 10/1274 del 2014 prevede che la “distanza è calcolata autonomamente dai Comuni considerando la soluzione più restrittiva tra quella che prevede un raggio di 500 metri dal baricentro del luogo sensibile, ovvero un raggio di 500 metri dall’ingresso considerato come principale”. In ragione di questa discrezionalità regolamentare dei singoli comuni nella scelta del criterio di determinazione della distanza, viene rigettata dal Collegio la censura proposta dal ricorrente che puntava a sostituire il metodo usato (con esito sfavorevole) con quello della distanza pedonale più breve.

Dicono i giudici, inoltre, a sostegno di questa conclusione, che “la maggior severità del criterio della misurazione cartografica in linea retta, rispetto a quello dell’effettiva distanza pedonale, è coerente con l’esigenza preventiva sottesa all’adozione delle misure limitative e risponde maggiormente all’esigenza di certezza degli operatori economici, i quali sono posti nelle condizioni di conoscere preventivamente, senza subire i rischi di eventuali mutamenti dei percorsi pedonali collegati alle concrete esigenze della viabilità, la chiara e stabile distanza richiesta dai luoghi identificati come sensibili”.

Gli asili nido come luoghi sensibili. Centrali nella sentenza sono le considerazioni rispetto alla correttezza, o meno, di ricomprendere nell’elenco dei luoghi sensibili anche gli asili nido (come fa l’articolo 13 della Legge regionale 34/2016).

Sul punto si registra, anzitutto, che il TAR Lazio si era espresso in senso negativo con la sentenza 12998/2020, in cui aveva concluso che, essendo i soggetti frequentanti gli asili nido bambini molto piccoli, ricomprenderli nell’elenco dei luoghi sensibili non risponderebbe alla ratio di contrasto e prevenzione della ludopatia nella fascia giovane della popolazione (ritenuta vulnerabile), arrecando anche “un sacrificio eccessivo al principio di libertà dell’iniziativa economica privata, nella parte in cui tali servizi educativi vengono posti sullo stesso piano degli istituti scolastici e degli altri istituti frequentati dai giovani”.

Il TAR Lombardia è invece di diverso avviso: nella sentenza si legge, infatti, che “la definizione di un luogo come sensibile, ai fini del rischio ludopatico, non debba essere individuata con esclusivo riferimento ai diretti destinatari del servizio che negli stessi si svolge ma in considerazione dell’intera platea dei soggetti che gravitano intorno ad esso, quali i genitori ed i nonni dei bambini, ricompresi, secondo l’id quod plerumque accidit, anche nelle categorie dei giovani e dei pensionati, contemplate dalle norme regionali tra quelle maggiormente a rischio di ludopatia. Tali soggetti potrebbero essere logicamente indotti dalla frequentazione quotidiana di un luogo ubicato nei pressi di una sala giochi ad approcciare con maggior facilità il mondo del gioco di azzardo lecito, che è esattamente il rischio che la normativa nazionale e regionale intende prevenire”.

 

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)