Il caso e la normativa. Una società che svolge attività di gestione di giochi pubblici nel territorio comunale di Genova ha presentato alcuni ricorsi nel 2013 avverso il Regolamento “sale da gioco e giochi leciti” approvato con la delibera del Consiglio comunale di Genova 21/2013.

Nel giudizio di primo grado (TAR Genova 189/2014), in cui i ricorsi erano stati trattati congiuntamente, il TAR aveva accolto parzialmente alcune censure, tra cui quelle relative alle autorizzazioni comunali e alle limitazioni orarie. Avverso quest’esito il Comune di Genova non ha proposto appello; l’impugnazione è arrivata, però, per i restanti motivi non accolti in primo grado da parte dello stesso esercente.

Il Consiglio di Stato si è quindi pronunciato con la sentenza 7903/2021 che qui si analizza.

Le competenze in materia di gioco d’azzardo. Per prima cosa il Consiglio di Stato respinge le censure relative all’asserita violazione, da parte del Comune, delle competenze statali in materia di gioco d’azzardo. Aderendo alla tesi già sostenuta anche dal TAR in primo grado, i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che le prerogative regionali e comunali esercitate “attengono alla tutela della salute e alle politiche sociali”, negando in tal modo la denunciata invasione delle competenze statali nella materia dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Ciò viene confermato anche dalla Corte costituzionale (sentenza 300/2011) e, conferma il Collegio, la legge regionale della Liguria altro non fa se non intervenire su certi “fattori, quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità, che potrebbero, da un lato, ‘indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni’ e, dall’altro, ‘influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate’”.

Tale impostazione è stata ribadita anche successivamente dai giudici della Consulta: si veda la sentenza 108/2017.

Il divieto di pubblicità. Il Regolamento impugnato ha introdotto anche alcune disposizioni in tema di divieto assoluto di svolgimento di attività promozionali e pubblicitarie connesse ai giochi con vincite in denaro. Anche in questo caso i giudici del Consiglio di Stato riprendono le argomentazioni del TAR per confermare che tali disposizioni non violano il principio della libera concorrenza. Si tratta, infatti, di una disciplina che va ricondotta sempre alla finalità di prevenzione sociale e di tutela del contesto urbano e che non contrasta nemmeno con i “principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che consente eventuali restrizioni alla disciplina europea qualora giustificate da esigenze imperative connesse all’interesse generale”.

Sul punto si deve ricordare che nel 2018 il divieto di pubblicità è stato sancito anche con legge dello Stato (si veda qui).

I luoghi sensibili. L’esercente contesta, inoltre, le disposizioni del regolamento che, applicando la legge regionale, hanno ampliato l’elenco dei luoghi sensibili nel territorio comunale (ad esempio comprendendo anche le attrezzature balneari e spiagge e i giardini; parchi e spazi pubblici attrezzati e altri spazi verdi pubblici attrezzati; sportelli bancari, postali o bancomat; agenzie di prestiti di pegno o attività in cui si eserciti l’acquisto di oro, argento od oggetti preziosi).

Sul punto, il Collegio ribadisce che tali scelte sono avvenute nel perimetro della legge regionale, che ammette l’individuazione di ulteriori luoghi sensibili “tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica”.

Il distanziometro come strumento di lotta alla ludopatia. Il Consiglio di Stato ribadisce, inoltre, che anche le scelte successive del legislatore nazionale hanno consacrato alcuni strumenti (tra cui quello del distanziometro) nel contrasto al fenomeno della ludopatia: tra questi viene segnalato, nello specifico, l’art. 7, comma 10, del D.L. 158/2012 da cui si deve ricavare, secondo la Corte costituzionale (sentenza 108/2017) “soltanto il principio della legittimità di interventi di contrasto della ludopatia fondati sul rispetto di distanze minime dai luoghi c.d. sensibili” e “non anche quello della necessità della previa definizione della relativa pianificazione a livello nazionale”.

L’adozione formale del regolamento. Nell’ultimo motivo d’appello, infine, l’esercente ha sostenuto che le previsioni regolamentari riferite all’individuazione dei luoghi sensibili, trattandosi di atti di governo del territorio, avrebbero dovuto essere oggetto di approvazione secondo lo schema della legge urbanistica regionale, ossia consentendo ai soggetti interessati l’esercizio di adeguate forme di partecipazione procedimentale.

Anche in questo caso il Consiglio di Stato respinge la censura, negando agli atti adottati la consistenza di atti di governo del territorio: essi hanno, semmai, una funzione sociale che, come tale, non è correlata alla pianificazione territoriale.

(a cura di Marco De Pasquale)