La normativa. Il Comune di Domodossola, con la deliberazione consiliare 84/2016 ha approvato il Regolamento per le sale giochi e per l’installazione di apparecchi elettronici da intrattenimento o da gioco, in attuazione della legge regionale del Piemonte 9/2016, introducendo nel territorio comunale la misura del distanziometro e altre limitazioni d’orario all’utilizzo degli apparecchi da gioco e all’apertura delle sale stesse.

Il caso. Avverso tale disciplina una società operante nel settore della gestione degli apparecchi videoterminali aveva sollevato ricorso dinanzi al TAR per il Piemonte, che si era espresso con la sentenza 836/2017 (per una sintesi si veda questa scheda). Al termine del primo grado il ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato che si è pronunciato con la sentenza 8298/2019 che qui si analizza.

L’istruttoria rispetto alle limitazioni temporali. Per prima cosa l’appellante contesta il fatto che il Regolamento comunale è intervenuto con le misure limitative degli orari senza aver precisato le ragioni che le rendevano necessarie, essendo a suo avviso carente di istruttoria.

Il Consiglio di Stato boccia questa censura:

1) perché è stato il legislatore regionale ad aver ritenuto che “la tutela della salute … possa avvenire mediante limitazione temporali all’utilizzo degli apparecchi da gioco”;

2) perché in ogni caso viene ritenuta adeguata l’istruttoria, fondata sui fati del SER. D., posta in epigrafe del Regolamento.

Il principio di proporzionalità delle limitazioni orarie. Sul punto della proporzionalità delle misure limitative degli orari del gioco, il Consiglio di Stato anzitutto ricostruisce il principio in esame sulla scorta di tre parametri: idoneità del mezzo, stretta necessità, adeguatezza. Anche sulla base di quanto espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza 220/2014, i giudici arrivano alla conclusione che, in via generale, “la riduzione degli orari delle sale gioco [è] strumento idoneo a contrastare il fenomeno della ludopatia”.

Sul piano, invece, più specifico delle misure orarie concretamente introdotte nel Comune di Domodossola, i giudici di Palazzo Spada avallano le fasce orarie scelte (ossia 14-18 e 20-24 per il funzionamento degli apparecchi da gioco, e 10-24 per l’apertura delle sale gioco), ribadendo la correttezza dell’ipotesi di indurre “i soggetti maggiormente a rischio ad indirizzare l’inizio della giornata verso altri interessi, lavorativi, culturali, di attività fisica, distogliendo l’attenzione dal gioco”.

Il distanziometro e la necessità di approfondimenti istruttori. Sul punto relativo al distanziometro, innanzitutto il Consiglio di Stato ribalta la scelta dei giudici del TAR Piemonte di non procedere con gli approfondimenti istruttori necessari alla verifica dell’asserito effetto espulsivo per le attività del gioco lecito che, a detta della società, si produrrebbe in seguito all’applicazione del Regolamento.

Se, infatti, la decisione in primo grado dava rilievo alla dimostrata “ragionevolezza della scelta legislativa – e quindi regolamentare – di qualificare un luogo come ‘luogo sensibile’”, disinteressandosi dell’eventuale effetto espulsivo (visto così come mera “conseguenza indiretta e riflessa”), per i giudici dell’appello è necessario, invece, valutare “la legittimità costituzionale della legislazione regionale, attuata dalle disposizioni regolamentari, come pure la sua compatibilità con il diritto dell’Unione europea … nella sua attuazione sul territorio comunale”, verificabile appunto attraverso un’analisi più approfondita: una volta realizzata, questa ha comunque escluso, numeri alla mano, il dispiegarsi di qualunque effetto espulsivo nel Comune di Domodossola.

La proporzionalità del distanziometro. L’appellante, al di là di queste ultime considerazioni, adduce un ulteriore dato a sostegno dell’effetto espulsivo determinato dal distanziometro, ossia la circostanza che dal momento dell’entrata in vigore del Regolamento, dei 53 locali in cui originariamente era possibile giocare ne sarebbero rimasti aperti solo 6 (di cui 3 di prossima chiusura), concludendone così la violazione del principio di proporzionalità.

Il Consiglio di Stato non è dello stesso avviso: quello riportato non è altro che la “conferma fattuale” dell’effetto restrittivo del distanziometro che mira a rendere “maggiormente difficoltoso – specie per le categorie a rischio come i bambini o le fasce più deboli della popolazione – l’incontro con l’offerta di gioco”. Alla luce dell’interesse pubblico perseguito e del sacrificio richiesto ai privati, la misura viene considerata proporzionata ed adeguata.

La difficoltà ad insediarsi. Nemmeno la concreta difficoltà di trovare locali idonei e disponibili per i nuovi insediamenti economici legati al gioco trova terreno fertile nei giudici: infatti, argomentano, “non si tratta di conseguenza imputabile alla misura restrittiva in contestazione … ma meramente fattuale, dipendente dallo stato di fatto dei luoghi”.

La competenza sugli orari. Infine, viene contestato l’uso dello strumento (consiliare) del Regolamento per intervenire anche in ordine alla disciplina degli orari (riservata, secondo l’appellante, alla competenza del Sindaco sulla base dell’art. 50, comma 7 del TUEL). Al di là del fatto, come ricorda la sentenza, che un’ordinanza sindacale è comunque intervenuta a dare attuazione alle limitazioni orarie, il punto viene rigettato anche perché, si sottolinea, “la materia coinvolta dal regolamento impugnato è solo indirettamente quella dell’orario degli esercizi commerciali, in quanto, invece, le disposizioni ivi contenute attengono … ad altre materie, ed in primo luogo, alla tutela della salute pubblica”.

 

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)