Premessa. La deliberazione della Giunta Comunale di Verona n. 52 del 23/02/2016 prevede, in caso di recidiva nella violazione degli orari di accensione degli apparecchi da gioco, la comminazione di misure interdittive “consistenti nella sospensione di sette giorni dell’attività di sala giochi o di funzionamento degli apparecchi per la seconda violazione”.

Sulla base di ciò, il Dirigente del Settore Commercio del Comune di Verona ha disposto, nei confronti di una sala giochi operante nel Comune di Verona, la sanzione della sospensione per sette giorni del funzionamento degli apparecchi per non aver rispettato i limiti orari.

La sala giochi ha proposto opposizione avverso l’ordinanza di ingiunzione; l’iter ha seguito la via ordinaria e, al culmine dei tre gradi di giudizio, è arrivata la pronuncia della Cassazione n. 19696/2022 che qui si analizza.

La riserva di legge. Sostiene la Corte di cassazione che “l’art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689 ha recepito anche per le sanzioni amministrative il principio di legalità, impedendo che possano essere comminate da disposizioni contenute in fonti normative subordinate, come un regolamento comunale o un’ordinanza del Sindaco” (in conformità ad alcuni precedenti orientamenti: Cass. 22.10.1991, n.11195; Cass. Civ., Sez. I, 12.2.1996, n. 1061).

Ciò significa, in buona sostanza, che sono legittime solo quelle previsioni sanzionatorie amministrative previste da una legge ordinaria, non bastando a questo scopo, invece un regolamento comunale o un’ordinanza.

Inoltre, specificano i giudici, non basta il mero richiamo formale ad una prescrizione normativa in bianco, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell’azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini (Corte Costituzionale, sentenza n. 115 del 2011): è necessario, infatti, che sia la legge “a definire i criteri direttivi destinati a orientare la discrezionalità dell’amministrazione” (sentenza n. 174 del 2017).

Il quadro normativo. Così impostata la questione, dunque, i togati vanno alla ricerca della possibile fonte di legge che fondi il potere sanzionatorio del Comune.

A livello statale, non è utile allo scopo l’art. 7-bis del TUEL, il quale prevede che per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria.

Non soccorre nemmeno la legge regionale: la LR 6/2015 del Veneto, infatti, all’art. 20 non prevede la sanzione accessoria della sospensione delle attività.

L’art. 10 del TULPS e i poteri del Questore. Nel nostro ordinamento esiste una norma che prevede la sospensione dell’autorizzazione in caso di violazione ed è, nello specifico, l’art. 10 del TULPS. Si tratta di una disposizione, infatti, che prevede “la sospensione o la revoca delle autorizzazioni di polizia nel caso di abuso della persona autorizzata”.

Sostengono i giudici, però, che tale norma non possa essere applicata al caso di specie: essa si riferisce, infatti, all’autorizzazione del Questore in materia di giochi, la cui funzione è ben distinta rispetto a quella del Sindaco.

Con le ordinanze sindacali in materia di orari, infatti, si intende intervenire sugli interessi generali della comunità locale (a partire dalla tutela della salute e del benessere psicofisico dei cittadini), mentre l’autorizzazione del Questore attiene agli aspetti di pubblica sicurezza.

Ambiti non sovrapponibili e, dunque, nemmeno l’art. 10 del TULPS può costituire valido fondamento legislativo per la sanzione interdittiva della sospensione prevista dalla deliberazione 52/2016 della Giunta Comunale di Verona e applicata dal Dirigente del Settore Commercio.

Gli orientamenti della Giustizia amministrativa. Come detto, nel caso di specie il giudizio ha seguito l’iter civilistico.

La giurisprudenza amministrativa, invece, in varie occasioni, ha ritenuto validamente fondato il potere sanzionatorio comunale (anche avente ad oggetto la sospensione dell’attività di gioco) in relazione alle disposizioni del TULPS. Per un approfondimento, si rimanda alla sentenza 8/2021 del TAR Lombardia.