La normativa e il caso. Il Sindaco del Comune di Sarcedo (Vi), con l’ordinanza 31/2015, ha disciplinato gli orari di esercizio delle sale giochi e degli apparecchi con vincita in denaro, stabilendo che questi possano rimanere aperti e in funzione dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 17.00 alle ore 22.00. Accanto a ciò è stato previsto che nel periodo di non funzionamento gli apparecchi devono essere spenti ed è stato introdotto un apparato sanzionatorio che prevede anche sanzioni amministrative accessorie come la sospensione dell’attività per un periodo da uno a sette giorni in caso di violazione recidiva.

Avverso tale ordinanza è stato presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: il Consiglio di Stato ha espresso il parere definitivo 1439/2021 che qui si analizza.

Il potere del Sindaco in tema di limitazioni orari. Lamenta il ricorrente che il potere del Sindaco di disciplinare gli orari delle sale e degli apparecchi da gioco non sarebbe stato legittimamente esercitato mancando un previo atto di indirizzo del Consiglio comunale e, quindi, violando l’articolo 50, comma 7, del TUEL.

Il Collegio respinge questa doglianza: la prerogativa sindacale relativa alla disciplina degli orari, riconosciuta espressamente dall’articolo 50, comma 7, del TUEL deve intendersi vincolata al rispetto degli indirizzi del Consiglio comunale solo laddove questi risultino già espressi; se, invece, come nel caso di specie, il Consiglio comunale non si è espresso, in alcun modo il potere sindacale può ritenersi limitato o vincolato.

Il coinvolgimento delle associazioni di categoria. I giudici respingono, inoltre, anche l’ulteriore censura del ricorrente relativa al mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria delle imprese che si occupano di gioco lecito prima dell’emanazione dell’ordinanza impugnata: richiamando la sentenza del Consiglio di Stato 4147/2018 si afferma che l’eventuale deficit di consultazione degli operatori non è da solo sufficiente per determinare l’eventuale illegittimità del provvedimento, essendo invece necessario dimostrare che “la partecipazione procedimentale avrebbe condotto ad un provvedimento di contenuto anche parzialmente diverso”.

L’applicazione dei limiti temporali solo ai nuovi esercizi. Sostiene, poi, il ricorrente che dalla lettura dell’articolo 31 del decreto-legge 214/2011 si ricaverebbe che le modificazioni orarie introdotte tramite ordinanza si applicherebbero esclusivamente ai nuovi esercizi.

Il Consiglio di Stato respinge questa censura, richiamando l’interpretazione su questo punto già fornita dalla Corte costituzionale (sentenza 220/2014): la locuzione “nuovi esercizi” contenuta nell’articolo 31 del decreto-legge 214/2011 va riferita solo alle deroghe al generale principio della libertà di apertura di (nuovi) esercizi commerciali sul territorio comunale, e non alle ordinanze sindacali di regolazione degli orari delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi, come sostenuto dal ricorrente. Peraltro, se così non fosse si determinerebbe, secondo il Consiglio di Stato, “una inammissibile disparità di trattamento tra esercizi nuovi e preesistenti” con l’effetto di sviare la clientela verso gli esercizi già attivi a quel punto senza limitazioni di orari, il tutto a discapito dei nuovi esercizi.

La mancata disciplina per altri giochi. Non viene accolta, inoltre, nemmeno l’ulteriore censura del ricorrente che sosteneva l’illegittimità di limitazioni orarie relative solo ad alcuni apparecchi da gioco (quelli di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS), omettendo di considerare gli altri.

Secondo il Consiglio di Stato tale doglianza muove da un assunto errato: le limitazioni introdotte, infatti, non devono essere considerate come esaustive, volte cioè a coprire tutte le sfaccettature del problema del GAP. La loro riconosciuta e costitutiva parzialità non è perciò un argomento sufficiente da cui ricavare l’illegittimità del provvedimento: l’adeguatezza, idoneità e proporzionalità della misura rispetto agli obiettivi perseguiti non può essere su queste basi negata, benché tali obiettivi possano essere meritevoli e bisognosi di ulteriori e anche più intensi interventi.

L’istruttoria. Anche l’istruttoria su cui si fonda il provvedimento del Sindaco viene dai giudici considerata corretta.

Innanzitutto, la circostanza che i dati relativi al fenomeno della ludopatia siano riferiti all’intera ULSS 4 e non, più nello specifico, al territorio comunale di Sarcedo, è considerata irrilevante, in quanto il trend registrato comunque interessa in modo inscindibile la complessiva zona di appartenenza del Comune.

Anche il numero assoluto non particolarmente elevato di giocatori ludopatici registrato dall’azienda sanitaria non è di per sé un elemento da sopravvalutare: ciò che più di ogni altra cosa va considerato, secondo i giudici, è il trend di crescita registrato nel periodo della rilevazione, il quale, se è tale da allarmare gli enti pubblici preposti alla tutela della salute, giustifica di per sé l’adozione di misure restrittive.

L’apparato sanzionatorio. Infine, con riferimento all’apparato sanzionatorio introdotto dall’ordinanza, il Consiglio di Stato conferma che in capo ai comuni va riconosciuta “la competenza all’adozione delle misure sanzionatorie previste dall’art. 10 del T.U.LP.S., tra le quali rientra la revoca o la sospensione dell’autorizzazione nel caso di abuso della persona autorizzata”.

(a cura di Marco De Pasquale)