La normativa e il caso. Il Comune di Amelia (Tr), con deliberazione 30/2019 del Consiglio Comunale, ha approvato il Regolamento per la prevenzione ed il contrasto del gioco d’azzardo patologico; tra le misure previste anche quelle in tema di limitazioni orarie e distanziometro.

Avverso tale provvedimento due società (una che si occupa di installazione e noleggio di apparecchi da gioco, l’altra che tali apparecchi aveva collocato all’interno del proprio esercizio commerciale) hanno sollevato ricorso dinanzi al TAR per l’Umbria che, prima con l’ordinanza cautelare 158/2019, poi con la sentenza 9/2022 si è pronunciato, respingendo in ultimo le doglianze dei due operatori economici. Dello stesso tenore anche la sentenza 41/2022 del TAR Umbria sempre relativa al Comune di Amelia, in cui vengono riproposte le medesime argomentazioni.

L’Intesa. In primo luogo i giudici respingono il motivo di censura relativo all’asserita violazione dei contenuti dell’Intesa Stato-Regioni del 2017 per quel che concerne le limitazioni orarie: tale Intesa, infatti, non essendo stata recepita va considerata priva di valore cogente e, come tale, incapace di dispiegare un’efficacia invalidante sulla disciplina oraria comunale; inoltre, l’Intesa opera ad ampio raggio nell’ottica di un complessivo riordino della materia, motivo per cui non è pensabile “un’applicazione atomistica o parcellizzata dell’accordo raggiunto, ossia limitata al solo profilo degli orari di funzionamento degli apparecchi, laddove non siano contestualmente attuate anche le altre previsioni oggetto di accordo”.

L’onere motivazionale. Anche sul piano motivazionale il TAR conferma la correttezza del Regolamento impugnato: questo, infatti, “contiene puntuale motivazione in ordine alle esigenze di tutela della salute pubblica, e di prevenzione e contrasto alle dipendenze da gioco”, con l’obiettivo di “eliminare o quantomeno contenere i fenomeni legati al vizio del gioco”. Il Collegio aderisce all’indirizzo maggioritario in giurisprudenza che ritiene che “nell’attuale momento storico la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza”.

Il principio di proporzionalità e la parità di trattamento. I giudici ritengono, inoltre, che il Regolamento impugnato superi complessivamente il test di proporzionalità anche rispetto alle finalità che si prefigge di perseguire: esso ha, infatti, una “valenza fortemente preventiva, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma anche a evitare ulteriori casi di ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani”.

In quest’ottica, quindi, anche la censura relativa all’asserita violazione della parità di trattamento tra forme di gioco non può essere accolta: a voler seguire le argomentazioni dei due operatori economici, infatti, sottolinea il TAR, si perverrebbe ad un’assurda “impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico a tutela delle fasce più esposte della comunità locale, anche con riferimento alle tipologie di gioco per le quali la legge riconosce loro facoltà di intervento”.

Né possono, per lo stesso motivo, essere accolte le doglianze relative alla violazione delle competenze statali in materia, considerato oltretutto che è lo stesso art. 7, comma 5, del Regolamento a prevedere un’espressa conformazione della disciplina ai decreti ministeriali emanati in materia.

Sul distanziometro. Il TAR respinge, inoltre, anche le censure volte a colpire la misura del distanziometro. Rispetto ai criteri di calcolo della distanza, il Collegio aderisce a TAR Veneto 1078/2016 quando sostiene che il calcolo in linea d’aria rappresenta “l’unica modalità di misurazione che consente di ottenere una univoca certezza della distanza tra due luoghi (che oltretutto rimane invariata nel corso del tempo), a differenza del percorso pedonale più breve che non solo può dare adito a profili di opinabilità ma ben può modificarsi nel corso degli anni”.

Analoga adesione riguarda anche la disciplina del trasferimento di sede, da equiparare ad una nuova apertura in locali diversi da quelli in cui l’attività era precedentemente svolta.

La previsione di ulteriori luoghi sensibili è invece sostenuta da espressa disposizione normativa regionale (nello specifico l’art. 6, comma 2, della legge regionale).

Gli apparecchi da gioco al piano terra. Infine, viene respinta anche la censura che mirava a caducare la previsione relativa alla collocazione al piano terra degli apparecchi da gioco: sottolineano i giudici, infatti, la “natura meramente recettiva di detta disposizione rispetto alla normativa statale di riferimento, imponente appunto il posizionamento esclusivo al piano terra degli apparecchi di gioco”.

(a cura di Marco De Pasquale)