La normativa e il caso. La Regione Emilia-Romagna, con la legge 5/2013 e con le Delibera di Giunta Regionale 831/2017 e 68/2019, ha disciplinato il distanziometro regionale.

Il Comune di Reggio Emilia, con la Deliberazione di Giunta Comunale ID 221 del 12 dicembre 2017 (poi aggiornata dalla Deliberazione di Giunta Comunale ID 112 del 28 giugno 2018) ha approvato la mappatura dei luoghi sensibili.

Nel caso di specie, dopo un lungo scambio procedimentale con una sala giochi operante nel territorio comunale, il Comune di Reggio Emilia ha ordinato la chiusura dell’attività in questione per violazione delle distanze minime dai luoghi sensibili.

Il TAR per l’Emilia-Romagna si è pronunciato sul ricorso presentato dall’esercente con la sentenza 102/2022 che qui si analizza.

Le competenze comunali. In primo luogo, i giudici confermano che “la chiusura delle sale giochi può essere disposta non solo dalla Questura per motivi di ordine pubblico ma anche dai Comuni per ragioni concernenti la tutela della salute”, respingendo così la censura del ricorrente che sosteneva le ragioni di una competenza esclusiva della Questura.

Ricorda il Collegio, infatti, che “la tutela della salute costituisce materia su cui vi è una concorrente competenza regionale” e che “la legge regionale n. 5/2013 (…) ha attribuito ai Comuni gli interventi in materia di tutela della salute, ivi compresa la chiusura della sale”, coerentemente peraltro con la sentenza 108/2017 della Corte costituzionale.

Inoltre, la circostanza (riportata anche in CDS 4604/2018) che il Questore sia tenuto, in sede di rilascio dell’autorizzazione ex art. 88 TULPS, a prendere in considerazione anche il rispetto delle norme in materia di ludopatia, non significa secondo i giudici che la Questura sia per questo l’unico soggetto che può effettuare i controlli e, in caso di violazione, intimare ad un esercizio la chiusura (trattandosi di materia rientrante nelle disposizioni di ordine pubblico): “l’autorità comunale dispone, infatti, chiaramente, del potere di chiusura per motivi diversi da quelli dell’autorità di pubblica sicurezza”.

Sull’applicazione retroattiva del distanziometro. Infondate per il TAR sono poi anche le doglianze relative alla lamentata ingiustificata estensione del distanziometro che genererebbe, secondo il ricorrente, un’applicazione retroattiva delle limitazioni con violazione del legittimo affidamento degli operatori.

In primo luogo il TAR sottolinea che sarebbe irragionevole prevedere un divieto che “valesse unicamente per le nuove attività e non anche quelle già in essere atteso che tali attività risultano pregiudizievoli per la salute pubblica in quanto svolte in luoghi troppo vicini a ‘luoghi sensibili’ (ossia entro i 500 metri di distanza da essi) e il sopra menzionato pregiudizio per la salute risulta, con tutta evidenza, presente sia per attività già in essere che per attività future essendo legato alla tipologia delle stesse (gioco d’azzardo lecito) e non certo alla loro preesistenza o meno”.

Inoltre, ricordano i giudici che la DGR 68/2019 già tutela il legittimo affidamento degli operatori, e nello specifico di quelli già delocalizzati una volta che, in caso di seconda applicazione del distanziometro, possono godere di un periodo congruo a consentire l’ammortamento degli investimenti effettuati, comunque non eccedente la durata massima di dieci anni dalla notifica dell’approvazione dell’aggiornamento della mappatura.

Sull’effetto espulsivo. Il cuore della sentenza è costituito dalle valutazioni in ordine all’effetto espulsivo sul territorio comunale.

Il TAR accoglie la censura del ricorrente, pur con alcune precisazioni. L’effetto espulsivo, consistente nella dedotta impossibilità per l’operatore di dislocare in altra zona la propria attività, non discende, secondo i giudici, come pure era stato anche in questo ricorso (come in altri) sollevato, dalla presenza di molteplici luoghi sensibili sul territorio comunale.

Ciò che determina l’effetto espulsivo è, invece, la considerazione (ammessa anche dal Comune nelle sue difese) che gli strumenti pianificatori comunali vigenti, insieme al rifiuto opposto dal Comune alla stipula di accordi operativi, non consentono la dislocazione di attività di gioco nel territorio comunale, in quanto su tale territorio non vi sono aree urbanisticamente idonee all’ubicazione di attività di gioco. È dal combinato di queste circostanze che discende l’effetto espulsivo, sanzionato dal Collegio con l’annullamento del provvedimento di chiusura dell’attività impugnato.

Peraltro, specificano i giudici, che a differenza di altri casi (es. sentenza TAR Emilia-Romagna 732/2021, sempre sul distanziometro nel Comune di Reggio Emilia), in questa circostanza il Comune non si è difeso deducendo l’esistenza, sul proprio territorio, di aree in cui sarebbe stato possibile per l’odierna ricorrente dislocare la propria sede di sala gioco.

(a cura di Marco De Pasquale)