IL DISTANZIOMETRO NEL COMUNE DI CIVITANOVA MARCHE (MC)

La normativa. L’art. 5, comma 2 della legge regionale 3/2017 delle Marche stabilisce che: “è vietata l’installazione di apparecchi e congegni per il gioco in locali ubicati in un raggio di cinquecento metri, nei comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti, di trecento metri, in quelli inferiori ai cinquemila abitanti”. Nei commi successivi del medesimo articolo, inoltre, si autorizzano i Comuni ad assumere altre iniziative (ad es., l’individuazione di ulteriori luoghi sensibili), in direzione più restrittiva rispetto alle prescrizioni regionali.

Il Comune di Civitanova Marche, con la delibera 323/2018 della Giunta comunale, ha introdotto alcuni elementi di specificazione dei criteri di calcolo delle distanze rispetto alla legge regionale.

Il caso. Nel caso di specie, dall’utilizzo dei due criteri di calcolo delle distanze (quello regionale, imperniato sul raggio in linea d’aria senza particolari specificazioni; quello comunale, che invece ha introdotto elementi ulteriori) discendono due esiti opposti: infatti, con il criterio comunale (utilizzato dall’Ufficio Urbanistica del Comune) la distanza sarebbe rispettata, mentre non lo sarebbe con quello regionale (utilizzato anche dalla Questura che ha così negato l’autorizzazione richiesta). La società in questione ha sollevato ricorso: si è pronunciato il TAR per le Marche con la sentenza 131/2019 e il Consiglio di Stato con la sentenza 8563/2019.

Il metodo corretto di calcolo della distanza. Sia il TAR che il Consiglio di Stato respingono l’istanza sollevata dal ricorrente rispetto al metodo di calcolo della distanza, escludendo che si debba ricorrere ad una consulenza tecnica d’ufficio e risolvendo in punto di diritto la contraddizione generatasi. Infatti, viene ricordato, la legge regionale non attribuisce ai Comuni alcun potere normativo in materia di distanza, prevedendo invece solamente la facoltà di intervento per adottare altre misure più restrittive: non è questo il caso, dal momento che il metodo di calcolo comunale favorisce oggettivamente la sala giochi in questione. È, dunque, corretto che il calcolo delle distanze avvenga attraverso l’applicazione dei criteri regionali, come fatto dalla Questura.

Il distanziometro e la sua efficacia. Il ricorrente solleva poi dei dubbi più generali rispetto alla misura del distanziometro. Il Consiglio di Stato ripercorre ampiamente la questione, anzitutto attraverso la considerazione che se da un lato la pianificazione nazionale sulla distribuzione dei punti gioco ancora non ha visto luce, dall’altro permane per il legislatore regionale uno spazio di intervento per individuare distanze e luoghi sensibili (il tutto nella stessa direzione delle norme nazionali che tale pianificazione prevedono).

Del resto, “il metodo del distanziometro … rappresenta, a tutt’oggi, uno degli strumenti cui è affidata la tutela di fasce della popolazione particolarmente esposte al rischio di dipendenza da gioco”: questo tipo di misura, applicato anche nella Regione Marche senza discostarsi particolarmente rispetto alla media degli altri interventi regionali (avallati in genere dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa), non si risolve a giudizio del Consiglio di Stato nell’”introduzione di una sorta di ‘proibizionismo’, che potrebbe sortire effetti contrari sul piano stesso della tutela della salute, né di divieto generalizzato” ma costituisce in realtà semplicemente una misura di “regolamentazione in corrispondenza di luoghi particolari”.

L’affidamento. Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta che il provvedimento di diniego dell’autorizzazione della Questura di Macerata determinerebbe una violazione del legittimo affidamento in quanto, prima di quest’atto, il Comune aveva attestato la legittimità dell’insediamento non risultando esservi luoghi sensibili nel raggio di 500 metri.

Anche in questo caso, sia il TAR sia il Consiglio di Stato respingono la censura: i giudici di Palazzo Spada, in particolare, negano possa parlarsi di affidamento legittimo “prima che si sia costituita a favore dell’interessato la posizione di vantaggio richiesta col provvedimento concessorio o autorizzatorio; solo dopo il rilascio dell’autorizzazione potrebbe, semmai, configurarsi, per effetto di una revoca o di un annullamento sopravvenuti, la violazione dell’affidamento”.

Non è evidentemente questo il caso, in cui invece il ricorrente sostiene essersi formato il suo affidamento in seguito ad un parere, ben sapendo però che l’iter complessivo per l’insediamento, nel caso specifico, prevede anche l’autorizzazione della Questura. Il fatto di aver proceduto con i lavori di ristrutturazione dei locali prima del provvedimento della Questura non inficia la conclusione ma semmai, a detta del TAR, semplicemente accerta che la società in esame “si è assunta volontariamente il rischio che [il procedimento] potesse concludersi con un diniego”.

 

LE LIMITAZIONI ORARIE NEL COMUNE DI MACERATA

La normativa. L’ordinanza 117/2018 del Sindaco di Macerata prevede il divieto di esercizio delle sale scommesse e delle sale VLT nonché di utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincite in denaro installati presso pubblici esercizi, circoli privati, tabaccherie, esercizi commerciali vari dalle ore 7 alle ore 10 e dalle ore 15 alle ore 20.

I ricorsi. Avverso quest’ordinanza sono stati presentati una serie di ricorsi: il TAR per le Marche è intervenuto con le sentenze 12/2019, 324/2019 e 325/2019 che argomentano il rigetto delle censure in modo sostanzialmente identico.

Il potere del Sindaco in materia di orari. Per prima cosa, i giudici del TAR confermano che l’ordinanza sindacale è corretta dal punto di vista dell’esercizio del potere: non vi è dubbio, infatti, anche alla luce dell’interpretazione contenuta nella sentenza 220/2014 della Corte costituzionale, che l’art. 50, comma 7 del TUEL consenta al Sindaco di disciplinare gli orari delle sale gioco e degli esercizi in cui vi siano gli apparecchi; sotto altro profilo, si ricorda che non è “necessario che l’ordinanza sindacale impugnata sia preceduta dall’approvazione degli indirizzi da parte del Consiglio comunale … atteso che la mancata approvazione dei detti indirizzi non condiziona l’esercizio del potere sindacale”.

La motivazione delle misure di limitazione degli orari e l’istruttoria. Sul versante del supporto motivazionale delle limitazioni orarie, il TAR innanzitutto richiama l’”innegabile notorietà del fenomeno della diffusione della ludopatia”, mostrando di tenere in considerazione anche la c.d. cifra oscura che caratterizza il gioco patologico.

La prova della gravità del fenomeno viene riscontrata nei diversi atti legislativi che, a livello regionale e nazionale, si sono occupati del fenomeno della ludopatia e che forniscono, anche al provvedimento in questione, la base (oltre che la ratio) dell’intervento limitativo: in particolare viene richiamata la legge regionale 3/2017 (che dà copertura nel caso specifico alle disposizioni comunali), la legge di stabilità per il 2016 (in cui trovano posto alcune disposizioni in tema di lotta alla ludopatia) e l’Intesa in sede di Conferenza Unificata del 7 Settembre 2017.

Su quest’ultimo punto, peraltro, è interessante leggere quel che scrive il TAR: se, infatti, in molte occasioni l’Intesa è stata utilizzata dalle sale gioco per contestare l’imposizione di stringenti limiti orari, nel caso specifico, invece, i giudici (richiamando anche la sentenza 3382/2018 del Consiglio di Stato) notano che “alla luce dei … contenuti dell’Intesa si può affermare che principio generale della materia è la possibilità di prevedere limitazioni orarie come strumento di lotta al fenomeno della ludopatia”.

In ogni caso, al di là delle considerazioni in merito alle motivazioni generali delle limitazioni orarie, il TAR dà rilievo anche agli elementi istruttori addotti in epigrafe dell’ordinanza.

La proporzionalità delle misure adottate dal Comune. Sul piano più specifico del numero complessivo di ore di chiusura e delle fasce orarie in concreto introdotte nel Comune di Macerata, i giudici anzitutto richiamano il vincolo contenuto nell’art. 5, comma 4 della legge regionale 3/2017 che il Comune stesso deve rispettare: il monte orario totale di chiusura ivi previsto è di 12 ore giornaliere. Il Sindaco, nel caso di specie, prevedendo 8 ore di chiusura, si è pertanto tenuto “ben al di sotto dell’interruzione massima consentita”.

Anche alla luce di questa considerazione, il contemperamento fra gli interessi economici dei gestori e l’interesse pubblico a prevenire e contrastare la ludopatia viene ritenuto equo dai giudici.

L’ambito oggettivo di applicazione. I ricorrenti delle sentenze 12 e 324 del 2019 contestano, inoltre, che la disciplina oraria possa applicarsi anche alle sale scommesse, atteso anche il diverso di grado di pericolosità tra quest’attività e quella delle slot machines che i ricorrenti stessi perorano.

Il TAR boccia questa censura: “tutto l’impianto della legge regionale”, dicono i giudici, “è costruito per prevenire il fenomeno del gioco d’azzardo patologico … in tutte le sue estrinsecazioni, sicché … si deve ritenere che l’ambito di applicazione ricomprenda, indistintamente, qualsiasi forma di gioco dal quale derivi un premio in denaro”.

La differenza tra locali cd. promiscui e le sale gioco. Il ricorrente della sentenza 325 del 2019, gestore di un’attività di rivendita di tabacchi con installazione di apparecchi da gioco all’interno dell’esercizio, contesta il fatto che gli orari siano gli stessi sia per le sale dedicate esclusivamente al gioco sia per gli esercizi cosiddetti promiscui. In particolare, fa presente che in concreto l’orario di funzionamento delle slot machines nel suo esercizio sarebbe esclusivamente dalle 10 alle 13.

Il TAR non fornisce una risposta univoca sul punto in quanto, osserva, la scelta è sostanzialmente rimessa alla discrezionalità degli Enti che introducono la disciplina di volta in volta. Nel farlo, viene anche richiamata la sentenza 23/2019 del TAR Toscana in cui, invece, è stata avallata la scelta opposta di differenziare le limitazioni orarie concedendo un arco temporale più esteso in favore delle sale dedicata esclusivamente al gioco.

Le sanzioni. Infine, nessun dubbio che il Comune possa introdurre delle sanzioni in caso di violazione delle norme prescritte: benché ciò non rilevi nel caso specifico, i giudici nella sentenza 325/2019 comunque ribadiscono che in capo al Sindaco è anche il potere di disporre in materia di sanzioni.

 

LE LIMITAZIONI ORARIE NEL COMUNE DI CORINALDO (AN)

La normativa. Il Comune di Corinaldo ha approvato, con la delibera del Consiglio comunale 16/2018, il Regolamento comunale per la prevenzione del gioco d’azzardo patologico. In esso, all’art. 2, è previsto che: “L’esercizio del gioco tramite gli apparecchi da gioco, così come previsti dalla normativa statale, nei giorni feriali non è consentita nelle fasce orarie comprese fra le ore 6,00 e le 8,00, fra le ore 11,00 e le ore 15,00 e fra le ore 17,00 e le ore 23,00 e nei giorni prefestivi e festivi non è consentita nelle fasce orarie comprese fra le ore 12,00 e le ore 24,00.

A partire dal 31 dicembre 2019 l’esercizio del gioco tramite gli apparecchi da gioco, così come previsti dalla normativa statale, non è consentita nella fascia oraria compresa fra le ore 10,00 e le ore 22,00. Durante tali fasce orarie le sale da biliardo o da gioco devono rimanere chiuse e gli apparecchi da gioco, anche se installati in altri esercizi commerciali o pubblici o circoli privati ed associazioni o nelle aree aperte al pubblico, devono rimanere spenti”.

Il caso. Avverso questa ordinanza, alcuni operatori del gioco sollevano ricorso dinanzi al TAR per le Marche che si è pronunciato con la sentenza 75/2019 che qui si analizza.

Il monte orario di interruzione del gioco. Uno dei principali motivi di ricorso sollevati attiene alla circostanza che l’interruzione quotidiana del gioco raggiunge complessivamente le 12 ore quotidiane, scelta ritenuta eccessiva dai ricorrenti e contraria rispetto all’Intesa in sede di Conferenza Unificata. Il TAR è di avviso opposto:

1) il numero complessivo di ore di sospensione del gioco è in linea con il massimo stabilito nella legge regionale 3/2017 e pertanto è corretto;

2) l’Intesa, al di là delle valutazioni in merito al suo valore cogente o meno, “fa comunque salve le disposizioni regionali più restrittive”.

L’istruttoria. I ricorrenti lamentano la carenza di attività istruttoria che, a loro giudizio, nel caso di specie sarebbe ancor più necessaria dal momento che il Comune di Corinaldo ha scelto di “comprimere i servizi di gioco lecito … nella misura massima consentita dall’art. 5 L.R. Marche n. 3/2017”. Il TAR respinge questa censura ridimensionando in parte il valore dell’istruttoria: infatti, viene detto, che “non è possibile annettere soverchia rilevanza ai dati statistici in possesso delle Aziende sanitarie e/o dei Servizi Sociali comunali, visto che solo una minima parte dei giocatori patologici ricorre a tali strutture pubbliche (e in particolare non vi ricorrono quasi per nulla i soggetti più giovani, i quali molto spesso non sono nemmeno consapevoli di essere vittime della patologia)”.

La motivazione e il dibattito in Consiglio comunale. Sempre in punto di motivazione del Regolamento, il TAR respinge la doglianza dei ricorrenti anche con altre argomentazioni:

1) i regolamenti comunali, ai sensi dell’art. 3 della legge 241/1990, non richiedono alcuna motivazione, essendo questa “da rinvenire nei c.d. lavori preparatori”;

2) leggendo la deliberazione 16/2018 del Consiglio comunale di Corinaldo, il dibattito che ivi si è svolto sul punto ha mostrato una “diffusa consapevolezza di tutti i consiglieri circa l’entità del fenomeno del gioco d’azzardo patologico”, circostanza che smentisce ulteriormente l’asserita carenza di motivazione del provvedimento.

 

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)