Premessa. Il Comune di Riccione, con la deliberazione 34/2018, ha adottato il Regolamento delle sale da gioco, installazione apparecchi da intrattenimento e giochi leciti e, con due distinte deliberazioni di Giunta Comunale (87/2018 e 200/2018), ha effettuato la mappatura dei luoghi sensibili.

In particolare, con la Deliberazione 200/2018, avvalendosi della facoltà concessa dall’art. 6, comma 2-quater, della Legge regionale 5/2013 dell’Emilia-Romagna, il Comune di Riccione ha ampliato l’elenco dei luoghi sensibili ricomprendendovi anche i centri di buon vicinato, le discoteche e gli asili nido.

Applicando questa mappatura, il Comune ha quindi emesso un provvedimento di chiusura, ovvero di rilocalizzazione, nei confronti di una sala bingo operante nel territorio comunale.

Avverso tali provvedimenti, la sala bingo in questione ha presentato ricorso al TAR Emilia-Romagna, che l’ha respinto con la sentenza 258/2021 (si veda questa scheda di sintesi). La sala bingo ha quindi presentato appello al Consiglio di Stato che, con la sentenza 17/2024, l’ha accolto ritenendo sussistente, nel caso di specie, l’effetto espulsivo lamentato dall’operatore del gioco.

Il distanziometro e gli strumenti urbanistici. In primo luogo, il Consiglio di Stato respinge la censura di parte appellante che lamentava la violazione delle garanzie partecipative in sede di formazione degli strumenti urbanistici.

Secondo i giudici, infatti, il Comune di Riccione ha applicato la legge e le deliberazioni regionali perseguendo le finalità di tutela della salute e dei soggetti più deboli: si tratta, dunque, di una normativa priva di finalità di governo del territorio, e da farsi rientrare, invece, nell’ambito socio-sanitario. Pertanto, confermando in questo caso il tenore della pronuncia di primo grado, il Collegio ritiene che “la deliberazione di mappatura dei luoghi sensibili [non] deve soggiacere al regime procedimentale del c.d. doppio binario” (con fase di adozione e successiva fase di approvazione), previsto, invece, per gli atti pianificatori comunali in materia urbanistica”.

L’effetto espulsivo. Il Consiglio di Stato accoglie, invece, la censura di parte appellante in merito all’effetto espulsivo generato dall’applicazione in concreto del distanziometro nel Comune di Riccione.

A tal proposito le argomentazioni dei giudici si fondano su una verificazione allo scopo effettuata dal Direttore del DABC del Politecnico di Milano. In primo luogo è stato rilevato che le attività di gioco rientrano, in generale, all’interno delle Funzioni Direzionali (categoria d), in tre differenti sottocategorie d’uso del territorio: d2 e d4, per le sale giochi con capienza di pubblico inferiore rispettivamente a 100 persone ed a 400 persone, e d5 per le attività ad elevato impatto (attività ricreative, sportive e di spettacolo), tra cui l’attività di sala bingo.

All’esito della verificazione è emerso che, per effetto della deliberazione 200/2018, la delocalizzazione sarebbe possibile solo nello 0,5% del territorio urbanizzato e mai per l’uso d5 (che interessa nel caso di specie). Non solo: secondo la verificazione in ogni caso “l’effettivo stato dei luoghi rende altamente improbabile la localizzazione delle funzioni del gioco d’azzardo lecito”.

Il principio di proporzionalità per le attività imprenditoriali già esistenti. Alla luce di quanto emerso dalla verificazione tecnica, il Consiglio di Stato ha accolto la censura di carenza di ragionevolezza e proporzionalità della disciplina del Comune di Riccione.

Spiegano i giudici che “non è in discussione la conformità a Costituzione, in specie all’art. 41, comma 2, della legislazione regionale sulle distanze delle sale giochi dai luoghi c.d. sensibili, né la compatibilità con la normativa euro unitaria”: viene ribadito, infatti, che il distanziometro “costituisce mezzo idoneo al perseguimento degli obiettivi prefissati di contrasto al fenomeno c.d. della ludopatia”, citando a tal fine anche la sentenza 108/2017 della Corte costituzionale.

Ciò che però viene in evidenza nel caso di specie, secondo il Collegio, è la violazione, da parte del Comune di Riccione, del principio di proporzionalità che “impone all’amministrazione comunale di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato”.

In particolare, secondo i giudici, non è condivisibile l’assunto per cui l’accertamento dell’esistenza anche di una pur minima disponibilità di aree idonee alla localizzazione di attività di gioco d’azzardo nel territorio comunale sarebbe idoneo a scongiurare il c.d. effetto espulsivo.

Più nel dettaglio, per il Consiglio di Stato tale affermazione potrebbe essere “accettabile con riguardo all’installazione di nuove attività imprenditoriali”, ma non anche per le attività imprenditoriali già esistenti. Per queste ultime, infatti, la violazione del principio di proporzionalità “si configura, non solo ove l’imposizione dei limiti distanziali determini nel territorio comunale la totale inibizione allo svolgimento dell’attività di esercizio di punti di gioco e di raccolta di scommesse, ma anche se l’individuazione delle aree destinate renda impossibile la delocalizzazione delle attività esistenti, per insufficienza quantitativa o per limitazioni urbanistico edilizie, secondo una valutazione che si ritiene (…) debba essere fatta in concreto e non in astratto, rilevando, per gli esercizi costretti a delocalizzare entro un tempo predeterminato (nel caso di specie, sei mesi, prorogabili di altri sei), gli impedimenti anche soltanto meramente fattuali”.

In questo senso, la sentenza qui analizzata si discosta dal precedente orientamento affermato, ad esempio, nel parere CDS 686/2021.