La normativa e il caso. Il Comune di Cantù, con l’ordinanza 53/2019 del Vice Sindaco, ha introdotto la disciplina degli orari degli apparecchi da gioco con vincite in denaro, che possono così essere messi in funzione dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23.

Avverso questa disciplina, ha sollevato ricorso una sala giochi che ha impugnato l’ordinanza e il Regolamento per la gestione delle attività relative all’esercizio dei giochi leciti.

Si è espresso in merito il TAR per la Lombardia che, nella sentenza 369/2021, ha di fatto confermato l’orientamento già espresso in altre sentenze del medesimo Collegio (qui un focus).

L’istruttoria. Il ricorrente, per prima cosa, solleva un’obiezione rispetto all’istruttoria contenuta nell’ordinanza, a suo dire insufficiente.

Il TAR è di diverso avviso: ritiene corretta l’istruttoria, che consiste nei dati acquisiti (e riportati dal Comune) del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze della ASST Lariana, con specifico riferimento al territorio del Comune di Cantù e della Provincia di Como (i quali evidenziano come dal 2007 al 2018 presso il SERT di Mariano Comense siano stati presi in carico 34 giocatori patologici residenti a Cantù; si noti, sul piano delle tempistiche, che il ricorso è del 2019).

Il rapporto tra slot machine, videolottery e altre forme di gioco. Il Collegio, dopo aver rilevato che obiettivo dell’ordinanza è la tutela della salute pubblica, affronta la questione relativa alla maggiore pericolosità di slot machine e videolottery: “gli apparecchi con vincite in denaro, per la loro ubicazione, modalità, tempistica, danno luogo a manifestazioni di accesso al gioco irrefrenabili e compulsive, non comparabili, per contenuti ed effetti, ad altre forme di scommessa che possono anch’esse dare dipendenza, ma in grado ritenuto (ragionevolmente) dal legislatore di gravità ed allarme sociale assai minore”. Sotto questo profilo è, dunque, giustificato che l’intervento si concentri su questa tipologia di gioco (anche per il minor grado di intermediazione umana che caratterizza il concreto funzionamento di questi apparecchi e che li rende, perciò, più insidiosi).

Inoltre, rispetto all’obiezione del ricorrente che lamenta il fatto che altre tipologie di gioco (es. gioco online, lotterie istantanee) non sarebbero prese in considerazione nell’ordinanza, i giudici riconoscono come l’esigenza di contenere la possibilità di accostarsi a una tipologia di gioco “non [sia] sminuita dall’eventuale circostanza che possano esservi anche altre forme di gioco non meno insidiose o più diffuse” e che, anzi, ciò dimostrerebbe ulteriormente la necessità di un intervento rispetto alle forme di gioco su cui il Sindaco può introdurre limitazioni (quelle oggetto dell’ordinanza).

L’Intesa. Il TAR si esprime anche rispetto al valore dell’Intesa, citata dal ricorrente a proposito delle indicazioni ivi contenute relative al numero di ore di interruzione quotidiana del gioco. Dopo aver ricordato che l’Intesa delinea un generale e “complessivo riordino della materia, con l’obiettivo, unitamente alla fissazione degli orari, di una significativa riduzione dell’offerta del gioco lecito”, il Collegio afferma che:

1) non è ipotizzabile un’applicazione atomistica o parcellizzata dell’accordo solo della parte relativa agli orari;

2) l’Intesa non ha comunque valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo, con la conseguenza che non può spiegare efficacia invalidante sull’ordinanza impugnata.

Il collegamento con la disciplina comunitaria e le comunicazioni all’UE. Il ricorrente, infine, solleva la questione del contrasto tra l’ordinanza e l’ordinamento comunitario, affermando in particolare che il Comune avrebbe illegittimamente omesso di comunicare l’ordinanza all’Unione europea, impedendo così di verificare se le disposizioni comunali siano o meno coerenti con i principi del libero mercato e della concorrenza.

Il TAR non condivide questa censura, risolvendo la questione nel merito delle posizioni espresse in materia di gioco d’azzardo dalla giurisprudenza comunitaria: citando la sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11, punto 23 della Corte di Giustizia UE, i giudici ribadiscono che è “ammessa dall’ordinamento dell’Unione europea l’introduzione, da parte degli Stati membri e delle loro articolazioni ordinamentali, di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco”.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)