Premessa. Il Comune di Assisi (Pg) nel 2016 ha approvato il Regolamento Comunale per l’apertura di sale giochi e l’installazione di apparecchi da gioco, che tra le varie misure prevede anche il distanziometro. In particolare, l’art. 3 del Regolamento provvede a declinare, definire ed individuare i luoghi sensibili indicati dall’art. 6, commi 1 e 2, della Legge Regionale 21 novembre 2014, n. 21.

Sulla base di questa disposizione il Comune di Assisi ha emesso un divieto di prosecuzione dell’attività di gioco lecito nei confronti di un bar-tabacchi che aveva presentato la Scia per installare tre apparecchi da gioco, in quanto il locale non rispettava la distanza minima di 500 metri rispetto a diversi luoghi sensibili.

Il titolare dell’esercizio commerciale ha quindi sollevato ricorso al TAR per l’Umbria, che si è pronunciato con la sentenza 924/2022 che qui si analizza.

L’individuazione, da parte del Comune, dei luoghi sensibili. In primo luogo, il TAR conferma la correttezza dell’elencazione contenuta nell’art. 3 del Regolamento.

In questo senso, infatti, i giudici aderiscono all’orientamento consolidato in giurisprudenza secondo cui “la violazione del principio di proporzionalità può configurarsi solo ove la imposizione dei limiti distanziali determini nel territorio comunale la totale inibizione allo svolgimento dell’attività di esercizio di gioco e di raccolta di scommesse” (si veda, CDS 686/2021).

Nel caso di specie, invero, la relazione tecnica prodotta nel giudizio mostra come siano disponibili aree del territorio comunale in cui sarebbe possibile esercitare l’attività di gioco.

Peraltro, la particolarità della vicenda, ossia la contemporanea vicinanza del bar-tabacchi interessato a numerosi e diversi luoghi sensibili, consente di prescindere dall’analisi delle censure specifiche di parte ricorrente che contestava l’inclusione delle aree verdi attrezzate e delle biblioteche nell’elenco dei luoghi sensibili.

Il principio di proporzionalità. Il principio di proporzionalità è quindi rispettato, secondo il TAR, anche perché la disciplina regolamentare ha una valenza “fortemente preventiva”, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma anche a evitare ulteriori casi di ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani.

La non retroattività del distanziometro. I giudici, inoltre, valorizzano l’art. 5 del Regolamento che prevede una deroga all’applicazione del distanziometro “per le attività esistenti all’entrata in vigore del regolamento, anche in caso di subingresso, finché permangono nella medesima ubicazione e non venga aumentato il numero di giochi”. Il Regolamento trova, per converso, piena applicazione nei casi di mutamento della situazione di fatto preesistente, come in ipotesi di trasferimento dell’attività in nuovi locali.

Si tratta di un impianto ragionevole, secondo il TAR, perché “il trasferimento della sala giochi in nuovi locali non può che comportare la ‘apertura’ della (medesima) sala giochi in locali diversi da quelli ove precedentemente l’attività era svolta”.

Per il resto, il TAR conferma il carattere non retroattivo del distanziometro, sulla scorta della tesi (ribadita in giurisprudenza) secondo cui l’esistenza di un’autorizzazione pregressa non può giustificare una “deroga permanente, che sottragga l’operatore all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute, quale che siano le vicende e le ubicazioni future del suo esercizio commerciale”.