Il caso. La sentenza 760/2021 del TAR Lombardia – sezione staccata di Brescia trae origine dal ricorso presentato da una ditta individuale, operante nel Comune di Suzzara (Mn), che svolge la funzione di Centro di Trasmissione ed Elaborazione Dati (CTD) per conto di un bookmaker autorizzato in Austria (non in Italia).
Nel ricorso, la ditta italiana ha impugnato il decreto della Questura di Mantova con cui questa ha respinto la richiesta di licenza ex art. 88 TULPS; alla base del diniego, l’argomentazione secondo cui tale richiesta può essere legittimamente presentata solo da soggetti che siano titolari della concessione per l’esercizio delle scommesse rilasciata dall’ADM e la circostanza che la sede del CTD non rispetta la distanza minima di 500 metri dai luoghi sensibili prevista dalla DGR 24 gennaio 2014 n. 10/1274.
La necessità dell’autorizzazione per l’esercizio delle scommesse. Su questo punto, il TAR sottolinea, anzitutto, che “i CTD sono di fatto inseriti nella struttura aziendale del bookmaker, e possono quindi svolgere il loro segmento di attività solo a condizione che il bookmaker sia autorizzato a operare in Italia”, precisando anche che non sussiste “alcun obbligo per gli Stati dell’Unione circa il riconoscimento reciproco degli atti autorizzativi”. Il requisito dell’autorizzazione appare conforme al diritto comunitario, purché venga comunque “consentito l’accesso a tutti gli operatori interessati”, mediante la “redistribuzione delle concessioni esistenti” ovvero “la messa a concorso di un numero rilevante di nuove concessioni, in ogni caso senza proteggere le posizioni acquisite dagli operatori storici”.
Di fronte al lamentato ritardo dell’Italia nell’indizione del nuovo concorso per l’attribuzione delle concessioni, i giudici non si spingono a decretare la disapplicazione della normativa nazionale, poiché per procedere in tal senso servirebbe anzitutto che il ricorso venisse presentato dal bookmaker straniero, e comunque la disapplicazione in sé non basterebbe per risolvere la questione oggetto del giudizio.
Sul distanziometro per i CTD. Sul tema del mancato rispetto delle distanze minime, per prima cosa i giudici respingono la tesi secondo cui la fissazione di distanze sarebbe illegittima in quanto favorirebbe i concessionari storici già insediati e, dunque, esonerati dall’obbligo: il TAR rileva che la disciplina sul distanziometro deve essere letta non solo alla luce del diritto della concorrenza, ma anche nell’ottica della finalità di interesse pubblico della tutela della salute dei soggetti più fragili.
Per il TAR, in ogni caso, la DGR 24 gennaio 2014 n. 10/1274, relativa al distanziometro, non è applicabile ai CTD: trattandosi di una normativa restrittiva della libertà di iniziativa economica dei privati, non è pensabile un’applicazione analogica fuori dai casi espressamente previsti dalla legge. Nel caso specifico, l’articolo 5, comma 1, della legge regionale 8/2013 menziona espressamente, ai fini del distanziometro, solo le sale da gioco e gli altri locali che ospitano apparecchi AWP e VLT. Per questo motivo, almeno nel territorio regionale lombardo, con la normativa attuale il distanziometro non può essere applicato anche ai CTD.
Tali argomentazioni, comunque, non servono a modificare l’esito del ricorso dell’esercente che viene respinto.
(a cura di Marco De Pasquale)