La normativa e il caso. Il Comune di Piano di Sorrento (Na) con la delibera del Consiglio Comunale n. 5 del 1° marzo 2016 ha approvato il Regolamento Sale da Gioco e Giochi leciti in cui sono contenute diverse prescrizioni. Tra queste, in particolare: il distanziometro di 500 metri rispetto ad una serie di luoghi sensibili; le fasce orarie in cui il gioco è consentito (9-12 e 18-23); la previsione che le autorizzazioni sono concesse per cinque anni (per le attività già operanti, i cinque anni decorrono dall’approvazione del Regolamento stesso) e non possono essere rinnovate dopo la scadenza.

La regione Campania ha disciplinato il settore del gioco lecito prima con la legge regionale n. 16 del 7 agosto 2014, poi con la legge regionale n. 2 del 2020, sopravvenuta a giudizio in corso. Rispetto a questa, nelle more della definizione del ricorso, il Comune ha dichiarato di aver proposto la modifica del Regolamento, e ciò è all’esame della Commissione consiliare.

La società ricorrente, ossia una concessionaria per la commercializzazione del gioco su base sportiva e ippica operante nel territorio comunale interessato, ha dichiarato in ogni caso di aver conservato interesse alla definizione del giudizio. Si è quindi pronunciato nel merito il TAR per la Campania con la sentenza 2131/2021 che qui si analizza.

L’istruttoria. Per prima cosa il ricorrente asserisce l’assenza di una adeguata istruttoria. Tale affermazione non è condivisa dal Collegio giudicante che, nel dichiarare infondato questo motivo, richiama alcune parti del deliberato approvato dal Consiglio comunale, ossia:

1) “il dato della diffusione nella comunità locale della pratica delle varie forme di gioco con vincita in denaro”;

2) “le statistiche da cui si evince che almeno il 30% della popolazione è interessata a tali forme di gioco e che vi è un alto rischio di dipendenze dal gioco problematico, con ripercussioni, non solo sul giocatore, bensì su tutto il nucleo familiare”;

3) la questione relativa “al numero crescente delle persone affette da ludopatia in penisola sorrentina”.

Da queste evidenze viene tratta la considerazione che “le scelte operate dall’amministrazione comunale non appaiono affatto arbitrarie ma si fondano su ricerche e dati statistici che confermano la tesi – non certa in via assoluta ma pur sempre fornita di elementi plausibili – del collegamento riscontrabile tra l’aumento della diffusione sul territorio delle sale da gioco e l’incremento della tendenza alla ludopatia” (richiamando la sentenza 6423/2020 dello stesso TAR).

Il potere regolamentare del Comune. Anche rispetto a questa contestazione, il Collegio giudica risolutivo il richiamo alla precedente (e recente) giurisprudenza amministrativa. Se il ricorrente sosteneva che il percorso indicato a livello nazionale prevedesse dei necessari passaggi in sede di Conferenza Unificata e assegnasse dei poteri in merito alla pianificazione dei punti gioco all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, passaggi che nel caso di specie erano stati omessi, il TAR ricostruisce in altro modo il quadro normativo tra competenze centrali e prerogative locali. In particolare, afferma che le previsioni del Comune sono coerenti con il disegno complessivo essendo orientate “al medesimo fine di assicurare un adeguato controllo della raccolta del gioco pubblico, nella stessa ottica di tutela della salute e di prevenzione della ludopatia”.

Inoltre, il TAR sostiene sia corretto l’utilizzo dello strumento regolamentare, in quanto “il riferimento, nell’art. 1, co. 201, della legge regionale n. 16 del 2014, a ‘previsioni urbanistico-territoriali’ allude essenzialmente al carattere, al contenuto ed alle finalità delle prescrizioni e non comporta anche il rinvio al complesso iter procedimentale per la formazione ola variazione di uno strumento urbanistico” (di nuovo il richiamo alla sentenza 6423/2020).

Gli orari e le distanze. In tema di orari, sulla scia di un consolidato orientamento giurisprudenziale, il Collegio ribadisce la correttezza delle previsioni comunali: in presenza di indiscutibili ragioni pubblicistiche, quali quelle relative alla tutela e alla prevenzione delle fasce più deboli della popolazione rispetto al rischio di ludopatia, le limitazioni degli orari degli esercizi commerciali devono ritenersi giustificate.

In tema di distanze, inoltre, il TAR propende per l’inammissibilità del motivo di ricorso, non ritenendo sufficientemente provata l’esistenza di una lesione per il ricorrente stesso (e dunque di un suo interesse): anzi, tali previsioni potrebbero in realtà favorire gli operatori già in attività, avendo l’effetto di limitare l’ingresso di altri concorrenti nel settore.

La durata dell’autorizzazione. Deve ritenersi giustificata, a detta del Collegio, anche la durata quinquennale dell’autorizzazione (che, nel caso di specie, decorre dall’entrata in vigore del Regolamento): ciò perché “l’estensione dell’applicazione a tutti gli operatori del settore, ivi compresi quelli già operanti, non implica una retroattività delle disposizioni ma è piuttosto finalizzata ad escludere situazioni franche da una verifica periodica con la sottrazione totale dei soggetti già autorizzati da ogni possibilità di controllo e verifica successiva, con inammissibile incisione anche sui principi di imparzialità e di par condicio tra operatori del settore”.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)