La normativa e il caso. Il Comune di Corigliano-Rossano (Cs), con deliberazione del Commissario prefettizio con poteri del Consiglio comunale del 4 Aprile 2019, n. 27, ha approvato il Regolamento comunale per la prevenzione del gioco d’azzardo; l’articolo 6 del Regolamento, in particolare, vieta “l’inizio di una nuova attività di raccolta scommesse, e di una nuova pratica di giochi in genere con vincita in denaro, in locali che si trovino entro il raggio di 500 (cinquecento) metri dal baricentro dei seguenti “luoghi sensibili” pubblici o privati: a) istituti scolastici, statali o paritari, di ogni ordine e grado (…)”.
Il caso di specie, su cui il TAR per la Calabria si esprime nella sentenza 1008/2021 (che qui si analizza), si apre con il ricorso di un operatore nel settore delle scommesse avverso il provvedimento con cui la Questura di Cosenza ha respinto la sua domanda di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di raccolta scommesse, motivando il diniego con il mancato rispetto della disciplina comunale in tema di distanze dai luoghi sensibili.
La distinzione tra sale gioco e sale scommesse. Il fulcro dell’argomentazione dell’esercente ricorrente risiede nell’asserito contrasto tra il Regolamento comunale e l’articolo 16 della legge regionale 26 Aprile 2018, n. 9: quest’ultimo, infatti, in tema di distanziometro farebbe esclusivo riferimento all’installazione di apparecchi di videolottery e non prenderebbe invece in esame le sale scommesse. Per questo motivo il Regolamento comunale, nella parte in cui estende la disciplina sulle distanze anche ai centri scommesse, contrasterebbe con le prescrizioni regionali e dovrebbe, pertanto, essere considerato illegittimo.
Il TAR respinge questo motivo di ricorso argomentando a partire dalla sentenza 2579/2021 del Consiglio di Stato, in cui si era concluso che la distinzione tra sale da gioco e agenzie per le scommesse non comporta che i limiti distanziometrici non si applichino alle seconde. E ciò perché, come ricorda il TAR Calabria nella sentenza che si sta analizzando, “una interpretazione che restringa la sfera di applicazione delle distanze minime dai luoghi sensibili porrebbe seri di costituzionalità, nel doveroso inquadramento della legislazione regionale nella cornice di quella nazionale, con l’art. 32 Cost. e con il diritto alla salute”, da salvaguardare rispetto al rischio della ludopatia, tanto più con riferimento ai soggetti più vulnerabili.
Sul punto, si veda anche recentemente la sentenza 341/2021 del TAR per l’Umbria.
La finalità della legge regionale e del regolamento comunale. Più in generale, ricorda il TAR, esiste un orientamento giurisprudenziale consolidato (tra cui si veda la sentenza 4199/2018 del Consiglio di Stato) che reputa “legittima l’adozione, da parte dei Comuni, di misure di pianificazione delle ubicazioni consentite alle sale giochi e scommesse basate su distanze minime da rispettare (prevenzione logistica delle ludopatie)”. Per un approfondimento sul distanziometro si rimanda a questa scheda.
A ciò si aggiunge il fatto che è la stessa legge regionale, nel caso di specie, a concedere margini di discrezionalità ai comuni per l’introduzione di forme di regolamentazione più stringente e specifica.
Anche sotto questo profilo, dunque, il TAR nega che via sia quel contrasto tra legge regionale e regolamento comunale paventato dal ricorrente, poiché di fondo i due provvedimenti condividono la medesima finalità di combattere la ludopatia e vanno, pertanto, nella stessa direzione.
(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)