Premessa. Un operatore del settore del gioco con insediamenti economici in una serie di Comuni emiliani (Coriano, Granarolo dell’Emilia, Mirandola, Finale Emilia, Castelnovo ne’ Monti, Reggio Emilia) ha sollevato varie censure in merito all’applicazione nel territorio regionale del cd. distanziometro.

Il TAR per l’Emilia-Romagna si è pronunciato, respingendo le doglianze dell’operatore, con la sentenza 254/2023 che qui si analizza.

Sulla deliberazione di Giunta 831/2017. Le prime censure di parte ricorrente attengono alla deliberazione 831 del 2017 della Giunta regionale.

Tra i motivi di doglianza, l’asserita portata retroattiva della normativa regionale e, dunque, l’applicazione della normativa sulle distanze anche agli esercizi preesistenti.

Il TAR aderisce all’orientamento della sentenza 860/2020 con cui, in sostanza, si è detto che una pregressa autorizzazione non può giustificare una deroga permanente all’applicazione di disposizioni che attengono, lo sottolineano i giudici, alla tutela della salute.

Le misure emesse, infatti, sono da considerarsi in vigore per il futuro, senza che d’altro canto l’atto d’autorizzazione iniziale possa considerarsi immodificabile. La normativa, cioè, interviene non su un precedente provvedimento che abbia cessato i propri effetti, ma su una situazione non esaurita ponendo nuovi requisiti per l’esercizio dell’attività di gioco in futuro. La portata temporale dei provvedimenti non incide, in altri termini, sugli atti autorizzativi e concessori che hanno consentito l’apertura originaria dell’esercizio, ma si limita a regolare per il futuro lo svolgimento dell’attività autorizzata. Anche perché, prosegue il Collegio, se così non fosse, ciò comporterebbe effetti distorsivi della concorrenza fra gli operatori economici, favorendo una categoria (gli operatori già insediati in un territorio) in luogo di un’altra.

Non sussiste, inoltre, nemmeno un problema di violazione del legittimo affidamento in quanto, a detta del TAR, “non esiste alcuna aspettativa giuridicamente rilevante a che il pubblico potere mantenga per sempre vigente una determinata disciplina relativa ad una certa attività”.

Le Leggi regionali sul gioco. Non vi sono dubbi, inoltre, secondo il Collegio:

1) in tema di prerogative, sulla competenza regionale in tema di distanziometro, in particolare perché le Regioni, nell’imporre tali limiti esercitano un potere riconducibile alla potestà concorrente in materia di “tutela della salute” estranea alla materia della “tutela dell’ordine pubblico” di competenza esclusiva statale;

2) sul corretto riparto dei ruoli tra Giunta e Assemblea legislativa, nel senso che alla prima è stato correttamente lasciato il compito di attuazione che istituzionalmente le appartiene (e ai Comuni, invece, un compito meramente ricognitivo di mappatura dei luoghi sensibili).

3) sull’estraneità delle disposizioni relative al distanziometro alle finalità di “governo del territorio” (che comporterebbe un più complesso iter), rientrando piuttosto in quelle di carattere socio-sanitario (e dunque, materia “concorrente”).

Sull’effetto espulsivo. Affermano i giudici che, per quanto concerne i Comuni interessati, non sussiste alcun effetto espulsivo.

Gli atti deliberativi adottati rispettano sia il principio di ragionevolezza che quello di proporzionalità, non essendo rimasto precluso lo svolgimento dell’attività di gioco: è stata semplicemente imposta una delocalizzazione ritenuta dal TAR “in concreto non impossibile”.

In generale, il TAR aderisce all’orientamento che amplia l’ambito territoriale nel quale alle imprese del settore dei giochi è consentito delocalizzare la propria attività: dal territorio comunale ai Comuni limitrofi, all’ambito provinciale e anche al territorio regionale.

Il Collegio esclude, poi, l’ipotesi che il caso possa rientrare nella materia espropriativa con diritto all’indennizzo per l’operatore privato. Nel farlo, i giudici richiamano l’articolo 41 della Costituzione, che consente al legislatore di stabilire limiti all’iniziativa economica imprenditoriale a tutela dell’utilità sociale: ciò che è avvenuto nel caso di specie attraverso il procedimento di delocalizzazione che consente lo svolgimento dell’attività in altre zone del territorio comunale e con la previsione di termini congrui.

La sentenza 253/2023. Quanto esposto è stato ampiamente confermato anche nella sentenza 253/2023 sempre del TAR Bologna.

In questa pronuncia, il Collegio ha anche ulteriormente chiarito il regime delle proroghe previsto dalla legge regionale: sei mesi, ulteriormente prorogabili di altri sei su richiesta. Nel caso di specie, è stato respinto il ricorso avverso l’ordinanza di chiusura della sala che non aveva rispettato tali termini.