LE LIMITAZIONI AL GIOCO D’AZZARDO NEL COMUNE DI ABANO TERME (PD)

La normativa e il caso. Il Comune di Abano Terme (Pd) con il Regolamento comunale approvato dalla delibera 60/2016 del Commissario straordinario e, successivamente, con l’ordinanza 9930/2016 ha introdotto, in materia di gioco d’azzardo, il distanziometro rispetto ad alcuni luoghi sensibili e le limitazioni agli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco AWP e VLT (in funzione dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22), con obbligo di completo spegnimento negli orari di non funzionamento e con un apparato sanzionatorio.

Avverso queste previsioni ha presentato ricorso un esercente del settore dei giochi, che gestisce una sala nel Comune di Abano Terme. Si è pronunciato il TAR per il Veneto con la sentenza 1053/2021 che qui si analizza.

Il valore dell’Intesa. In tema di limitazioni orarie il TAR, riprendendo un orientamento ormai consolidato, nega che l’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata Stato – Regioni – Comuni del 7 Settembre 2017 abbia efficacia cogente, in quanto non recepita dal previsto decreto del Ministero dell’Economia, cosicché non è corretto affermare che da questa possa discendere l’illegittimità dell’ordinanza impugnata. Anzi, dall’Intesa può semmai ricavarsi che è ormai assunto a principio generale che la previsione di limitazioni orarie debba essere considerata come uno strumento di lotta alla ludopatia.

Il rapporto con la legge regionale 38/2019. Sempre sul punto dei limiti orari, il Collegio nega che le previsioni comunali siano in contrasto con i contenuti della legge regionale 38/2019: innanzitutto, sostengono i giudici, “in virtù del principio tempus regit actum, la sopravventa approvazione della legge regionale n. 38 del 2019, non potrebbe rilevare ai fini della legittimità di una ordinanza comunale preesistente”; inoltre, è la stessa Delibera di Giunta Regionale 2006/2019 (che ha dato attuazione alle previsioni di legge relative ai limiti orari) a riconoscere la possibilità per i Comuni di aggiungere alle fasce di interruzione regionali ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale.

I poteri comunali. Il potere del Sindaco di disciplinare gli orari delle sale da gioco e di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l’orario di apertura degli esercizi in cui i medesimi sono installati trova il suo fondamento, per giurisprudenza (anche costituzionale) consolidata, nell’articolo 50, comma 7, del TUEL. Del resto, sottolineano ancora i giudici, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale i Comuni non solo sono legittimati a intervenire nella materia ma in capo a questi esiste “un vero e proprio obbligo a porre in essere … interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco” con la finalità di tutela della salute collettiva e in ossequio al principio (di derivazione comunitaria) di precauzione.

Il principio di proporzionalità. Sulla scia di queste argomentazioni, i giudici ritengono sia correttamente superato anche il test di proporzionalità, con il quale si verifica se la scelta concreta dell’amministrazione è in potenza capace di conseguire l’obiettivo (idoneità del mezzo), rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti (stretta necessità) ed è tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario (adeguatezza).

A tal proposito, il TAR sottolinea che una limitazione oraria dell’apertura a otto ore complessiva comporta il minor sacrificio possibile per l’interesse dei privati gestori delle sale in relazione all’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo; il tutto nel rispetto dell’articolo 41 della Costituzione, che prevede una libertà economica non assoluta, e degli orientamenti della Corte di Giustizia UE, che ammette restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi in presenza di esigenze imperative connesse all’interesse generale.

L’istruttoria e gli obiettivi delle limitazioni orarie. Secondo l’esercente, i provvedimenti comunali sarebbero carenti sul piano dell’istruttoria: il TAR respinge, però, anche questa censura. I giudici non si limitano a ricordare che “la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza” (come affermato da una parte rilevante della giurisprudenza) ma, analizzando i dati riportati nell’ordinanza, rilevano che il Comune ha dato conto:

1) della capillare diffusione di sale e apparecchi da gioco nel territorio interessato;

2) del numero crescente di cittadini utenti presso l’Ambulatorio per la Prevenzione e il Trattamento della Dipendenza da Gioco d’Azzardo anche nella realtà specifica del distretto dei Colli e residenti nel Comune di Abano Terme.

Questi dati, uniti alla considerazione che il fenomeno della ludopatia si caratterizza per una notevole cifra oscura, permettono di considerare adeguatamente svolta l’attività istruttoria.

Peraltro, sottolinea il TAR, non si deve comunque ritenere che con le limitazioni poste all’orario di funzionamento degli apparecchi si sarebbe eliminato il fenomeno del gioco patologico: l’obiettivo rimane quello di creare le condizioni per disincentivare l’utilizzo continuativo e a tempo pieno degli apparecchi stessi, nell’ottica di prevenire, contrastare e ridurre il rischio di dipendenza patologica da gioco.

L’apparato sanzionatorio. Richiamando la sentenza del Consiglio di Stato 6331/2020, i giudici respingono anche l’ulteriore censura relativa all’apparato sanzionatorio introdotto dal Regolamento: si ricorda, infatti, che “a fronte del potere del Sindaco di disciplinare l’orario di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincite in danaro, deve logicamente e giuridicamente affermarsi la sussistenza anche di un corrispondente potere sanzionatorio, che sia effettivo e dunque non meramente simbolico o sproporzionato, in modo da garantire l’effettività della stessa disciplina sindacale”.

 

LE LIMITAZIONI AL GIOCO D’AZZARDO NEL COMUNE DI POVE DEL GRAPPA (VI)

La normativa e il caso. Il Comune di Pove del Grappa (Vi) è intervenuto per disciplinare gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco con l’ordinanza 18/2020, con cui sono state introdotte le seguenti fasce di spegnimento: dalle ore 7.00 alle ore 10.00; dalle ore 13.00 alle ore 15.00; dalle ore 18.00 alle ore 20.00; dalle ore 22.00 alle ore 7.00.

Avverso questo provvedimento ha sollevato ricorso una sala giochi operante nel territorio comunale; il TAR per il Veneto si è pronunciato con la sentenza 1056/2021: in buona parte, le argomentazioni ivi contenute ricalcano quelle della pronuncia 1053/2021 sopra analizzata. Ora si analizzano, quindi, solo due profili specifici relativi ad aspetti non considerati nella precedente sentenza.

L’intesa e l’articolo 8 della legge regionale 38/2019. Secondo la società ricorrente, l’articolo 8 della legge regionale 38/2019 attraverso la citazione dell’Intesa avrebbe di fatto legificato il contenuto di questa, in particolare per quel che riguarda il limite massimo di sospensione quotidiana del gioco, previsto dall’Intesa stessa in sei ore al giorno.

Il TAR, riprendendo anche le considerazioni relative all’assenza di efficacia cogente di tale provvedimento (come poc’anzi esposto), nega che tale articolo possa essere interpretato “nel senso di aver comportato l’assunzione a rango di norma regionale delle indicazioni dell’Intesa, se non sotto il profilo della riconosciuta esigenza di coordinamento ma sempre nel rispetto del principio di leale cooperazione e sussidiarietà e nel rispetto delle prerogative proprie dei Comuni”. Peraltro, è sempre l’Intesa ad aver previsto la possibilità di mantenere le misure locali più restrittive, a ulteriore conferma della correttezza di limiti orari più estesi.

L’istruttoria. Per quanto riguarda, infine, la censura del ricorrente relativa alla carenza di istruttoria, i giudici, nel respingere questo motivo di ricorso, richiamano la relazione della ULSS 7 Pedemontana: dati alla mano, da questa si evince una vera e propria escalation del fenomeno del gioco d’azzardo (dalla mole di soldi giocati e persi alla percentuale di soggetti problematici).

Queste considerazioni, insieme alla già richiamata “cifra oscura” che circonda il fenomeno del GAP, conducono i giudici a ritenere che, anche se solo tre residenti nel Comune di Pove del Grappa sono presi in carico per disturbi da gioco d’azzardo, le limitazioni orarie stabilite dal Comune sono adeguatamente sorrette dal complessivo apparato motivazionale dell’ordinanza.

(a cura di Marco De Pasquale)