La normativa e il caso. La legge regionale dell’Emilia-Romagna 5/2013, insieme alle DGR nn. 68/2019 e 831/2017, disciplina l’applicazione del distanziometro nel territorio regionale.

Nel caso di specie, con le Deliberazioni di Giunta dell’Unione dei Comuni del Sorbara n. 72 del 29/12/2017 e n. 15 del 7/3/2018, si è proceduto a completare la mappatura dei luoghi sensibili insistenti sul territorio comunale e, per effetto di queste, un’agenzia di scommesse situata nel Comune di Castelfranco Emilia è stata destinataria di un procedimento di divieto di prosecuzione dell’attività per violazione delle distanze minime.

Avverso la nota comunale, e gli atti normativi presupposti, l’operatore ha presentato ricorso al TAR Emilia-Romagna che si è pronunciato con la sentenza 398/2022 che qui si analizza.

Sul riparto di competenze. Il TAR respinge tutte le censure del ricorrente.

Sul tema del riparto di competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali i giudici confermano l’orientamento assolutamente dominante in giurisprudenza.

In primo luogo, ricordano che la ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco è prevista dal Decreto Balduzzi e, in generale, tali previsioni rientrano nella legislazione concorrente in tema di “tutela della salute”, su un piano dunque del tutto distinto da quello del Tulps.

Allo Stato, dunque, spetta l’individuazione dei giochi leciti e la disciplina delle modalità d’installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco, senza che per questo motivo alle Regioni sia preclusa l’adozione di misure tese a inibire l’esercizio di sale da gioco ubicate al di sotto di una distanza minima da luoghi considerati sensibili, al fine di prevenire il fenomeno della ludopatia (come confermato anche dalla Corte costituzionale, sentenza 27/2019).

Sul principio di eguaglianza e sulla libertà di iniziativa economica. Il TAR smentisce, inoltre, l’asserito contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

La scelta di disincentivare la collocazione degli apparecchi da gioco e spingerli lontano dai centri abitati non va considerata né irragionevole né discriminatoria, considerato anche che il legislatore ha preso in considerazione tutti gli esercizi commerciali nei quali possono essere installati apparecchi da gioco.

Anche sul piano della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) i giudici confermano che le misure di distanziamento non sono in contrasto con questa perché il dettato normativo consente al legislatore di stabilire limiti all’iniziativa economica imprenditoriale a tutela dell’utilità sociale, in primo luogo rispetto alla tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.).

Sull’indennizzo. Vengono poi respinte le richieste di parte attrice in merito alla corresponsione di una somma a titolo di indennizzo.

Le determinazioni amministrative, infatti, non discendono da una propria valutazione in merito ad un sopravvenuto interesse o mutamento di una situazione di fatto, bensì sulla base di norme afferenti alla materia “tutela della salute”. A smentire poi un simile esito concorre anche la considerazione che l’amministrazione, nel caso di specie, non revoca alcun provvedimento ampliativo da essa emanato ma attua, appunto, un iter previsto a livello legislativo regionale.

Sulle modalità per beneficiare dei termini di proroga per la rilocalizzazione. La legge regionale emiliano-romagnola sul gioco, insieme alle DGR nn. 68/2019 e 831/2017, prevede, inoltre, che i destinatari di provvedimenti di chiusura e rilocalizzazione possano beneficiare di proroghe semestrali per procedere alla rilocalizzazione in altra zona dell’attività.

Sul punto il TAR specifica che, allo scopo di beneficiare di tali termini, non è sufficiente il semplice inoltro di una PEC, del tutto informale, in cui si rappresenti che si sta valutando di delocalizzare l’attività in questione, senza specificare o allegare alcun tipo di delocalizzazione effettiva: serve invece un atto di impulso formalizzato secondo quanto previsto dalla normativa.

Sull’effetto espulsivo. Infine, i giudici negano che nel territorio comunale interessato si possa parlare di effetto espulsivo per le attività di gioco.

Il TAR parla, semmai, di “marginalizzazione” che però non è idonea a provare l’effetto espulsivo delle attività di gioco lecito, posto che risultano comunque disponibili delle aree, seppur esigue e/o marginali rispetto al centro, idonee a ospitarle.

Peraltro, sottolineano i giudici, “il c.d. effetto espulsivo non viene nemmeno avvallato dalla perizia di parte che si limita ad individuare aree ritenute zone ‘non fattibili’ perché poco o per nulla abitate (rurali/produttive), esclusivamente residenziali (ove gli immobili commerciali sono assenti o estremamente scarsi) o fisicamente incompatibili con l’attività oggetto di studio”.

Il Consiglio di Stato. In fase cautelare, il Consiglio di Stato si è pronunciato con l’ordinanza 3321/2022 con cui ha respinto le doglianze cautelari dell’esercente.

Nello specifico, rilevando che “nel comune di Castelfranco Emilia sono presenti altri due esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88 TULPS posti a una distanza superiore a 500 metri da luoghi sensibili”, i giudici di Palazzo Spada non ritengono sussistano i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora. Nella fase attuale, dunque, non è lecito parlare di effetto espulsivo.

La sentenza 2224/2023. Un ulteriore capitolo nella vicenda si è avuto con la sentenza 2224/2023 del Consiglio di Stato. A ricorrere ai giudici di Palazzo Spada è stata l’agenzia di scommesse insoddisfatta per l’esito del primo grado.

Il Consiglio di Stato accoglie il primo motivo di ricorso dell’operatore, in merito alla mancata applicazione (di cui l’appellante si doleva) dell’art. 103, comma 2, del DL 18/2020, il cui scopo era quello di impedire che maturasse qualsiasi tipo di scadenza nel periodo in cui quasi tutte le attività economiche erano paralizzate per effetto delle norme COVID.

Sostengono i giudici che non poteva essere intimata la delocalizzazione rispetto ad un termine decorso durante lo stato di emergenza quando la sala giochi era chiusa.

Ciò posto, i restanti motivi di appello (su tutti, il lamentato effetto espulsivo) non risultano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

Il Consiglio di Stato ha quindi disposto una CTU per valutare “la concreta possibilità di individuare degli immobili in cui delocalizzare l’attività, e l’effettiva possibilità (anche in considerazione della potenziale redditività commerciale dell’ubicazione in tali aree) di svolgere l’attività di sala giochi conseguendo un ragionevole utile d’impresa.

(a cura di Marco De Pasquale)