Premessa. La legge provinciale trentina 13/2015 prevede, all’art. 5, il divieto di collocazione degli apparecchi da gioco individuati dall’articolo 110, comma 6, TULPS a una distanza inferiore a trecento metri da una serie di luoghi sensibili e, all’art. 14, che gli stessi apparecchi da che siano posti a una distanza inferiore a quella prevista dall’articolo 5, comma 1 devono essere rimossi entro sette anni dalla data di entrata in vigore della legge stessa qualora siano collocati nelle sale da gioco (12 agosto 2022).

Avverso il provvedimento comunale di rimozione degli apparecchi da gioco (posti in violazione dei limiti distanziali) ha presentato ricorso il titolare di una sala giochi. Il TRGA di Trento si è pronunciato, respingendo le doglianze di parte ricorrente, con la sentenza 88/2023 che qui si analizza.

L’applicazione del distanziometro tra LP 9/2000 e LP 13/2015. La sala giochi oggetto del provvedimento è stata oggetto di un subentro nel 2017, quando la legge provinciale del 2015 era, dunque, già in vigore da due anni. Parte ricorrente ha utilizzato questo elemento, e il dettato normativo dell’art. 13-bis, comma 3, della legge provinciale 9/2000 (“il limite o il divieto stabilito dal comune si applica ai nuovi apparecchi da gioco; non sono soggetti al divieto gli apparecchi da gioco già collocati negli esercizi pubblici prima della data stabilita dal comune”) per sostenere l’inapplicabilità del distanziometro al proprio esercizio.

Il TRGA fa chiarezza sul complesso normativo: al di là del dettato normativo della legge 9/2000, a cui il Comune di Mezzolombardo ha dato attuazione con deliberazioni del 2012 e 2013, va rilevato che:

1) il ricorrente è subentrato al precedente titolare nel 2017 quando già era entrata in vigore la LP 13/2015 che ha direttamente vietato la collocazione degli apparecchi da gioco a meno di 300 metri dai luoghi sensibili (e dunque non residua alcuna violazione del principio di affidamento per l’esercente);

2) l’art. 14, comma 2 della LP 13/2015 ha stabilito che nei Comuni che avevano adottato provvedimenti ai sensi dell’articolo 13-bis della previgente LP 9/2000 (come il Comune di Mezzolombardo), tali provvedimenti avrebbero continuato a trovare applicazione “fermo restando…l’obbligo di rimozione previsto dal comma 1 dell’art. 14” della LP 13/2015 (ossia il termine di sette anni).

La modalità di calcolo della distanza degli apparecchi da gioco dai luoghi sensibili. Nel caso di specie è stato utilizzato il criterio del raggio in linea d’aria in tutte le direzioni tra l’accesso/ingresso principale dell’esercizio e il luogo sensibile.

Il TRGA avalla questa scelta, anche alla luce della circolare del Servizio Industria, artigianato, commercio e cooperazione della Provincia con cui si è specificato che, “al fine di assicurare l’applicazione di un criterio uniforme su tutto il territorio provinciale per la misurazione della distanza, si ritiene corretto l’utilizzo del criterio del raggio”.

In ogni caso, specifica il Collegio, assume decisivo ed assorbente rilievo, anche ai fini dell’asserito contrasto con l’art. 1, comma 2 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, il fatto che, all’atto pratico, la misurazione delle relative distanze mediante il percorso pedonale, anziché con il criterio del raggio, non comporta significative variazioni.

La tutela della salute. Prima di affrontare il tema, centrale nel giudizio in esame, del contestato effetto espulsivo che il distanziometro provinciale genererebbe nel territorio comunale, i giudici argomentano rispetto alla correttezza e all’utilità dello strumento.

Si dice, infatti, che “il gioco cosiddetto “legale”, se da un lato costituisce un’importante occasione di guadagno per imprese come quella del ricorrente generando inoltre ragguardevoli entrate per l’Erario, dall’altro esso grava tuttavia sulla collettività con elevati costi sociali”.

L’obiettivo degli strumenti di limitazione del gioco è, in primo luogo, di prevenzione in relazione alla prospettiva di impedire l’insorgere della dipendenza da gioco, soprattutto con riferimento alle persone più vulnerabili. A fronte di questo, Regioni e Province Autonome hanno fatto ricorso, correttamente secondo la Corte costituzionale, alla competenza concorrente in materia di tutela della salute. A tal proposito, la giurisprudenza ha anche ricordato come il principio dell’iniziativa economica privata di cui all’articolo 41 della Costituzione deve ritenersi recessivo rispetto a quello dell’articolo 32, laddove sia messa in pericolo la salute psico-fisica dei cittadini.

L’effetto espulsivo. Nel caso di specie, per indagare il contestato effetto espulsivo, il Collegio ha disposto una verificazione tecnica.

Gli esiti di tale verificazione consentono ai giudici di escludere la sussistenza in concreto dell’effetto espulsivo. Emerge, infatti, che le aree potenzialmente ospitali le funzioni del gioco d’azzardo lecito rappresentano il 30% del Territorio urbanizzato e circa il 4,8% dell’intero Territorio comunale. Anche sottraendo in via prudenziale il 50% del territorio nella presunzione della presenza di caratteristiche insediative e di urbanizzazione che rendono improbabile la localizzazione delle funzioni del gioco d’azzardo (aree resistenti), residua una superficie pari al 15% del territorio comunale urbanizzato, idonea all’insediamento delle attività di gioco lecito (aree ospitali) e pari al 2,4% dell’intero territorio comunale.

Dunque, secondo il Collegio, dopo questa dettagliata ricostruzione emerge che l’introduzione di una distanza minima legale di 300 m dai luoghi sensibili comporta, nei fatti, un effetto di marginalizzazione ma non di preclusione dell’attività di gioco, verso aree più che periferiche riservate alle attività produttiva, commerciale e mista.

Ciò, si badi, secondo il Collegio, forse non favorisce i giocatori patologici (i quali secondo alcuni studi scientifici citati dal ricorrente non verrebbero dissuasi dalla necessità di percorrere grandi distanze per accedere al gioco e che, anzi, proprio dalla marginalizzazione dell’offerta di gioco nelle periferie trarrebbero addirittura un rinforzo alla propria malattia) ma certamente, dicono i giudici, “tutela le persone più vulnerabili, rimuovendo in tal modo le occasioni di gioco e, in definitiva, il rischio di dipendenza dal medesimo” (in linea con la ratio della LP 13/2015).

Da tali considerazioni, e dal positivo confronto con altra giurisprudenza sul distanziometro (es. CDS e TAR Bologna), discende, logicamente, l’infondatezza delle censure di legittimità costituzionale sollevate da parte ricorrente.

Il distanziometro, secondo il TRGA, “risulta adottato nell’ambito della discrezionalità del legislatore, ed esso non solo è adeguato, ma è pure particolarmente connotato da ragionevolezza e proporzionalità rispetto ai prefissati obiettivi di prevenzione della ludopatia che, ai sensi dell’art. 32 Cost., attengono alla fondamentale esigenza della tutela della salute (…) e del risparmio (art. 47 Cost.)”.

La validità del distanziometro, inoltre, non è nemmeno intaccata dall’eventuale difficoltà rispetto alla concreta insediabilità delle aree cd. ospitali (es. difficoltà di individuare un locale idoneo, ecc), trattandosi di difficoltà fattuale che sconta quale attività commerciale.