Il caso e la normativa. Il caso di cui il TAR per l’Umbria si è occupato nella sentenza 341/2021 (che qui si analizza) prende le mosse dal provvedimento del Comune di Perugia di cessazione dell’attività di raccolta scommesse notificato nel Maggio 2017 a un esercente già in possesso della licenza, rilasciatagli dalla Questura il 2 Febbraio dello stesso anno.

Tra il rilascio della licenza e il provvedimento di cessazione era intercorsa la modifica del Regolamento per i giochi leciti del Comune di Perugia, approvata con atto del Consiglio comunale n. 23 del 20 febbraio 2017, con cui in particolare venivano equiparate le sale gioco e le sale scommesse, con conseguente sottoposizione anche di queste ultime alla disciplina del distanziometro (nello specifico di 500 metri, secondo la legge regionale 21/2014, come modificata dalla legge regionale 7/2016, ed oggetto poi di ulteriori modifiche con la legge regionale n. 7 del 15 Giugno 2017, successiva al provvedimento in esame).

La censura del ricorrente. La sala scommesse che ha proposto il ricorso avanza le sue argomentazioni a partire dalla considerazione che l’articolo 6, commi 1 e 2, della legge regionale 21/2014, nella formulazione vigente al momento della notifica del provvedimento, si riferirebbe alle sole sale giochi in senso stretto e non anche alle sale di raccolta scommesse; e ciò verrebbe confermato anche dalla circostanza che è solo con la successiva legge regionale n. 7 del 15 giugno 2017 che il divieto viene espressamente esteso anche alle sale scommesse. Dunque, secondo il ricorrente, “l’estensione comunale alle sale scommesse costituirebbe (…) un atto esorbitante dai poteri civici ed una indebita applicazione retroattiva della recente disciplina regionale”.

La decisione del TAR. Il TAR respinge la censura della sala scommesse. Prescindendo dalle successive modifiche intercorse alla legge regionale, e quindi basandosi sul testo vigente al momento dell’emanazione del provvedimento, i giudici ritengono corretta l’equiparazione tra sale giochi e sale scommesse.

A questo esito concorre, innanzitutto, la considerazione, mutuata dalla sentenza 5327/2016 del Consiglio di Stato, secondo cui “in ambito nazionale, ed in particolare ai fini della tutela della salute (art. 32 Cost.), l’attività di gestione delle scommesse lecite, prevista dall’art. 88 del r.d. n. 773 del 1931, è parificata alle sale da gioco invece disciplinate dal precedente art. 86”.

Da questo principio, il Collegio ricava che “malgrado le espressioni letterali impiegate”, nell’ambito di un’interpretazione logica e sistematica “la legislazione attuativa della Regione Umbria (…) non può che essere riferita ad entrambe le attività”, quella delle sale gioco e quella delle sale scommesse, considerate entrambe “fonti (…) di rischi di diffusione della ludopatia”.

Per questo motivo, dunque, il ricorso della sala scommesse viene respinto e il regolamento comunale viene confermato nella sua formulazione. Lo stesso indirizzo viene poi confermato dal TAR per l’Umbria anche nella successiva sentenza 433/2021, che riprende le stesse argomentazioni.

La normativa attuale. La legge regionale 21/2014 dell’Umbria attualmente in vigore, con le modifiche introdotte dalla legge n. 7 del 15 Giugno 2017, è più esplicita sul punto emerso nel caso analizzato poiché cita espressamente all’articolo 6 le sale scommesse come attività a cui si applica il distanziometro.

Anche il Regolamento per i giochi leciti del Comune di Perugia è stato oggetto di modifiche nel corso degli anni: nella versione attualmente in vigore, il distanziometro è disciplinato all’articolo 10 del Regolamento stesso, che recepisce e specifica le indicazioni legislative regionali.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)