Premessa. La Legge Provinciale 13/1992 della Provincia Autonoma di Bolzano, all’art. 5-bis, prevede il distanziometro di 300 metri delle sale da giochi e di attrazione rispetto a una serie di luoghi sensibili.

Con le sentenze 893/2024 e 894/2024 il Consiglio di Stato, confermando le pronunce 79/2023 e 238/2023 del TRGA Bolzano, ha respinto gli appelli degli operatori del gioco oggetto di revoca dell’autorizzazione per inosservanza del distanziometro che lamentavano, tra le altre cose, la violazione delle normative europee, il prodursi dell’effetto espulsivo per le attività di gioco e la illegittimità costituzionale della normativa di legge.

La asserita violazione della normativa europea. Sostengono gli appellanti che le disposizioni della normativa provinciale dovrebbero farsi rientrare nel novero delle cd. “regole tecniche” di cui alla Direttiva 98/34/CE (oggi trasposte nella Direttiva UE 2015/1535) e, in quanto tali, “avrebbero dovuto necessariamente essere sottoposte alla procedura di notifica preventiva e di “stand still” di cui agli artt. 8 e 9 della direttiva, per cui, in assenza di tale comunicazione preventiva, dovrebbero ritenersi inapplicabili”.

Il Consiglio di Stato smentisce tale interpretazione, a partire dall’elenco dei “servizi non contemplati” dalla direttiva tra cui rientrano anche i “giochi elettronici messi a disposizione di un giocatore presente in una sala giochi”, ossia il caso di specie (allegato I direttiva UE 2015/1535).

Del resto, specificano i giudici, anche la Corte di Giustizia Europea ha confermato la compatibilità delle limitazioni al gioco rispetto al diritto comunitario: “per giurisprudenza consolidata della Corte, le restrizioni alle attività di gioco d’azzardo possono essere giustificate da ragioni imperative di interesse generale, quali la tutela dei consumatori e la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco (sentenza Garkalns, cit., punto 39)”.

L’effetto espulsivo. Il Consiglio di Stato smentisce, inoltre, che l’applicazione del distanziometro produca un effetto espulsivo nel territorio comunale di Bolzano. Nel farlo i giudici richiamano la Ctu effettuata per la sentenza 1618/2019 con cui si escludeva una simile evenienza (Ctu utilizzabile anche in altri giudizi per giurisprudenza amministrativa costante). Non solo: l’Amministrazione comunale ha specificato che “l’area disponibile per la collocazione dei giochi in Bolzano, in applicazione della normativa di cui all’art. 5- bis della L.P. n. 13 del 1992, risulta pari al 26,79%, tanto che sarebbe stato sostanzialmente accertato, a mezzo della consulenza espletata, che il valore di distanza che determinerebbe l’interdizione assoluta sarebbe di 600 metri, ossia il doppio di quanto previsto dalla norma”.

Corretta, inoltre, risulterebbe per il Collegio la modalità di mappatura adottata, ossia quella della individuazione “per categorie generali” dei luoghi sensibili all’origine del distanziometro.

Le questioni di legittimità costituzionale e la proporzionalità dei provvedimenti assunti. Secondo gli appellanti, la normativa provinciale sarebbe costituzionalmente illegittima dal momento che interverrebbe su una materia (quella dell’ordine pubblico e della sicurezza) di esclusiva competenza statale. Con ampio excursus sui precedenti della Consulta il Consiglio di Stato ritiene la questione manifestamente infondata, considerando la disciplina attinente alla prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo e, dunque, alla tutela della salute e al governo del territorio.

È indimostrato, secondo i giudici, benché non in astratto irragionevole, l’argomento degli operatori secondo cui la marginalizzazione del gioco legale avrebbe conseguenze opposte a quelle perseguite dal legislatore, poiché secondo questa prospettiva i giocatori problematici e patologici sarebbero disposti anche a spostarsi di molto per poter accedere al gioco.

Per il Consiglio di Stato deve invece riconoscersi la compatibilità con l’art. 41 Cost. delle misure distanziali, dal momento che la libertà dell’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.