La normativa. Il Comune di Vallo della Lucania ha approvato, con la deliberazione del Consiglio comunale 4/2018, il Regolamento “Disciplina delle sale da gioco e dei giochi leciti”, col quale all’art. 20 sono state introdotte misure limitative degli orari in cui, nei locali aperti al pubblico, è possibile mantenere in funzione gli apparecchi da gioco: in particolare, ciò è consentito nella fascia oraria 14-22 di tutti i giorni compresi i festivi.

Si può notare che nella maggioranza dei casi l’intervento sugli orari di funzionamento degli apparecchi del gioco è affidato ad un’ordinanza del Sindaco (generalmente, ma non necessariamente, preceduta da un Regolamento del Consiglio comunale). Nel caso in esame, invece, il Regolamento da un lato prevede un orario di apertura delle sale gioco (14-22) aggiungendo però che è “fatta salva diversa determinazione del Sindaco nell’esercizio dei poteri previsti dalla legge” (questo articolo, il 18, non viene comunque impugnato); dall’altro, come si è visto, stabilisce le fasce orarie di funzionamento degli apparecchi in altri locali aperti al pubblico senza operare alcun rimando al potere del Sindaco in materia.

In ogni caso, la circostanza che si sta evidenziando non è stata sollevata dai ricorrenti, ma in una certa misura influisce sul percorso argomentativo di questo TAR (per il rapporto tra ordinanze sindacali e regolamenti comunali in materia di orari si rimanda per un confronto anche alla sentenza 274/2019 del TAR di Brescia).

Il ricorso. Avverso tale Regolamento (e in particolare l’art. 20), alcuni operatori a vario titolo nel settore del gioco hanno presentato ricorso al TAR per la Campania (sezione staccata di Salerno), che si è pronunciato con la sentenza 251/2020 che ora si analizza.

Il potere dei Comuni. Il TAR, per prima cosa, ha affrontato il tema della legittimità, sul piano dell’esercizio dei poteri, delle disposizioni comunali (benché, come accennato anche poc’anzi, questo elemento non rientri comunque tra i motivi di ricorso). In questo senso, viene innanzitutto richiamata la Legge regionale 16/2014, con la quale è stato affidato ai comuni il compito di adottare misure contro la ludopatia: è dunque a livello legislativo, si sottolinea, che è stata operata “la scelta discrezionale di tutelare la salute pubblica … mediante limitazioni anche temporali all’utilizzo degli apparecchi da gioco VLT”.

In ogni caso, con specifico riferimento al potere comunale in materia, il quadro viene ricostruito citando:

1) la sentenza del Consiglio di Stato 579/2016, in cui si evidenzia come l’esercizio del potere di pianificazione di un Comune non sia relativo soltanto al coordinamento delle potenzialità edificatorie dei suoli, ma preveda invece anche la possibilità di intervenire “in funzione dello sviluppo complessivo e armonico” del territorio, tenendo conto, tra le altre cose, delle esigenze di tutela della salute e della vita salubre degli abitanti;

2) la sentenza 220/2014 della Corte costituzionale che, nell’ammettere l’estensione dell’applicazione dell’art. 50, comma 7 del TUEL (relativo alle competenze dei sindaci) anche agli orari delle sale gioco, richiama la tutela della salute e del benessere dei cittadini, prerogative proprie dei Comuni (ai sensi degli articoli 3 e 5 del TUEL), e che dunque fondano legittimamente gli interventi in esame.

L’istruttoria. Una censura proposta dai ricorrenti è quella relativa al difetto di istruttoria, in quanto mancherebbe nel provvedimento “qualsiasi riscontro istruttorio in ordine al carattere emergenziale e diffusivo della ludopatia”.

Il TAR dapprima ricorda, sulla scorta di vari provvedimenti assunti a livello nazionale, regionale e comunitario (dalla raccomandazione 2014/478/UE al Decreto legge 158/2012 fino alle leggi regionali in materia, tra cui quella del Piemonte), che “la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza”.

Inoltre, il Collegio respinge la censura presentata citando:

1) il verbale della seduta del Consiglio comunale in cui è stato approvato il Regolamento: qui si è evidenziata la crescita dell’incidenza della ludopatia a livello locale;

2) la caratteristica “cifra oscura” del gioco d’azzardo patologico.

Il principio di proporzionalità e lo scopo. Il TAR affronta poi l’altra questione sollevata dai ricorrenti, ossia il lamentato difetto di proporzionalità della scelta di introdurre limitazioni orarie. Per sciogliere il nodo, i giudici innanzitutto chiariscono il concetto di proporzionalità, articolato rispetto a tre requisiti che le misure debbono rispettare: idoneità del mezzo, stretta necessità e adeguatezza. Il concetto di proporzionalità, va da sé, è apprezzabile in relazione allo scopo perseguito, che il TAR individua non nell’eliminazione di ogni forma di dipendenza patologica dal gioco, bensì nella prevenzione, riduzione e contrasto del rischio di dipendenza stessa (intervenendo in particolare su quello specifico versante della ludopatia, ossia l’aspetto ossessivo-compulsivo del gioco, che spinge i soggetti che ne sono affetti a concentrare ogni interesse sul gioco).

Sulla base di queste considerazioni e richiamando ancora una volta la sentenza 220/2014 della Corte costituzionale, il TAR non ha dubbi nel ritenere proporzionata la scelta del Comune di intervenire con limitazioni orarie sul fenomeno della ludopatia, trattandosi di misura “in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco” (posto che “un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza”).

La proporzionalità in concreto delle misure orarie previste. Premesso, dunque, che ridurre gli orari costituisce misura idonea a contrastare la ludopatia, le successive considerazioni nella sentenza sono orientate ad accertare la proporzionalità in concreto della scelta di limitare a sei ore (nella fascia 14-20) il funzionamento degli apparecchi e la sua incidenza sugli interessi del privato.

Il TAR conferma la scelta del Comune, poiché:

1) la fascia oraria scelta è idonea a distogliere l’attenzione dal gioco dei soggetti a rischio nella fase iniziale della giornata;

2) ai gestori delle attività rimane comunque consentito lo svolgimento di altre attività e anche per questo il loro sacrificio è il minore possibile rispetto all’interesse pubblico perseguito.

 

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)