La normativa e il caso. Il Comune di Campobasso, con l’ordinanza n. 6 del 12.01.2017, ha introdotto la disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco; con la successiva ordinanza n. 12 del 28.01.2017 la prima ordinanza limitativa degli orari è stata sospesa fino al 27.02.2017.

Avverso il contenuto della prima ordinanza e la scelta di limitare ad un solo mese la sospensione delle limitazioni orarie hanno presentato ricorso due società concessionarie di esercizio e gestione di apparecchi per giochi leciti. Il TAR per il Molise si è pronunciato con la sentenza 156/2017 che qui si analizza.

I poteri del Sindaco. Per prima cosa, i giudici ricostruiscono le prerogative sindacali in materia di limitazioni orarie.

A tal proposito il Collegio afferma che, in coerenza con la sua “funzione specifica di prevenzione e argine rispetto a situazioni di insalubrità, degrado o disagio urbano”, con “le leggi di settore sulle attività produttive e commerciali” e con il contenuto della legge regionale del Molise 20/2016, in capo al Sindaco è sicuramente attribuito un “potere contingibile e urgente di ordinanza per la tutela dell’igiene e della salute pubblica (art. 50 del T.u.e.l. – D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.) e persino della sicurezza urbana (art. 54 T.u.e.l.)”.

Per una ricostruzione della giurisprudenza relativa ai poteri sindacali in merito alla limitazione degli orari si rimanda a questa scheda dell’area riservata.

L’istruttoria. Accanto a queste prime considerazioni generali, aggiunge il TAR che, trattandosi di “provvedimento contingibile e urgente” è necessario che questo contenga quegli “elementi di fatto e motivazionali che giustifichino l’intervento ‘extra ordinem’ dell’autorità comunale”: in questo senso, dunque, serve “un’apposita istruttoria che provi, ad esempio, l’insufficienza delle misure preventive e terapeutiche poste in essere dalle strutture sanitarie pubbliche rispetto a fenomeni di co-dipendenza psicologica ovvero metta in luce altre fenomenologie di contesto”.

Se da un lato i giudici recepiscono l’orientamento della Corte costituzionale (sentenza 220/2014) che ha avallato l’utilizzo dello strumento di cui all’articolo 50, comma 7, del TUEL per introdurre i limiti orari, dall’altro viene ribadito che “i provvedimenti comunali di contrasto della ludopatia (benché ancorati a disposizioni di legge regionale), devono riguardare (…) non già la questione nella sua generica definizione sociale”, bensì “aspetti specifici della comunità locale amministrata”, quali ad esempio la necessità di prevenire in un arco di tempo limitato (trattandosi di provvedimenti provvisori e contingenti) la diffusione della ludopatia in fasce deboli della popolazione, o di contrastare l’evasione scolastica, o ancora di regolare il flusso di traffico.

Sembra non bastare, dunque, la semplice previsione regionale dello strumento della limitazione oraria: per intervenire in questo senso, il Comune deve comunque porre in essere un apparato motivazionale e istruttorio più approfondito da cui emergano le esigenze specifiche del territorio (si rimanda a questa scheda dell’area riservata per un approfondimento sulla giurisprudenza in tema di istruttoria: in particolare si segnala l’orientamento opposto del TAR Veneto, espresso ad esempio nella sentenza 417/2018, e seguito poi da altre pronunce di vari TAR).

Nel caso di specie, rileva il Collegio, tali esigenze vengono “semplicemente affermat[e] in via apodittica” senza che risulti un “riscontro nei dati che l’Amministrazione comunale può e deve acquisire, in via istruttoria”, non bastando a tale scopo “l’allegazione di dati parziali del S.e.r.t.-A.S.Re.M. sulla diffusione territoriale della ludopatia”.

Pertanto, i giudici accolgono il ricorso e annullano l’ordinanza n. 6 del 2017.

Residua comunque in capo al Comune la possibilità di esercitare nuovamente il potere, ma ciò viene vincolato “al compimento di una istruttoria che valuti adeguatamente le criticità di contesto del territorio comunale”.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)