Premessa. Il Comune di Desio (Mb) con il “Regolamento comunale per le Sale Giochi e l’Installazione di Apparecchi da Gioco”, approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 51 del 19 dicembre 2011, ha stabilito, all’articolo 12, che “le sale giochi dovranno attenersi agli orari ed alle eventuali altre prescrizioni contenute nelle ordinanze sindacali emanante ai sensi dell’art. 50, c. 7, D.lgs. 267/2000 (TUEL)”.

A ciò ha fatto seguito l’ordinanza n. 456 del 20.11.2018 (poi rettificata nell’ordinanza n. 478 del 7 dicembre 2018) emanata dal Sindaco del Comune di Desio che ha introdotto la “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro installati presso locali autorizzati in via esclusiva o prevalentemente all’esercizio dei giochi leciti (sale giochi) nonché di quelli installati negli esercizi autorizzati al gioco lecito in via subordinata e/o accessoria rispetto all’attività principale (esercizi di somministrazione alimenti e bevande, esercizi commerciali, circoli privati, etc.)”.

Il ricorso. Avverso tali previsioni ha presentato ricorso una società concessionaria per la raccolta delle giocate tramite gli apparecchi da divertimento e intrattenimento (nella fattispecie, apparecchi AWP e VLT) la quale ha dichiarato di avere contratti con esercenti per la gestione di AWP e VLT anche nel Comune di Desio (11 apparecchi).

Sul ricorso si è pronunciato, dichiarandolo inammissibile, il TAR Lombardia con la sentenza 235/2022 che qui si analizza.

L’inammissibilità del ricorso. Il Collegio accoglie l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse sollevata dalla difesa comunale e, pertanto, non analizza le doglianze di merito.

In particolare, il ricorso deve considerarsi inammissibile per due ordini di motivi:

  • In primo luogo, la società ricorrente “non ha dato alcuna dimostrazione, nonostante la specifica eccezione sul punto formulata dalla difesa dell’Amministrazione, di avere in essere contratti con esercenti situati nel territorio di Desio, incisi direttamente dalle ordinanze sindacali”;
  • In seconda battuta, ricordano i giudici, i “destinatari diretti delle ordinanze sindacali sono gli esercenti le attività commerciali insistenti sul territorio comunale” e non i concessionari, come invece nel caso specifico è la posizione ricoperta dalla ricorrente.

Per entrambi i profili è dunque carente l’interesse a ricorrere della società concessionaria.

Sottolinea il TAR, infatti, che “il processo amministrativo ha natura soggettiva, essendo rivolto alla tutela di posizioni giuridiche individuali”: nel caso di specie, invece, non risulta “alcuna evidenza di un legame contrattuale della ricorrente con gli esercizi insistenti sul territorio comunale e incisi dai provvedimenti impugnati” e pertanto “non è ravvisabile alcun interesse giuridicamente tutelabile in capo alla stessa, né alcun vantaggio retraibile dall’annullamento dei provvedimenti stessi”.

(a cura di Marco De Pasquale)