Premessa. Un operatore del gioco, che si è visto rigettare l’istanza di apertura di una sala VLT nel Comune di La Spezia per violazione del distanziometro rispetto a una scuola di formazione, ha dapprima presentato ricorso al TAR Liguria (che l’ha respinto, con la sentenza 36/2022) e quindi appello al Consiglio di Stato che, confermando l’esito del primo grado, si è pronunciato con la sentenza 2639/2024, che qui si analizza. Al centro della vicenda giudiziaria, lo scambio di note tra la società e il Comune rispetto alla eventuale presenza di luoghi sensibili, che aveva portato al rigetto dell’istanza di apertura.

Il meccanismo del silenzio-assenso. Il Consiglio di Stato, confermando sul punto la sentenza di primo grado, afferma che per l’esercizio delle sale giochi non opera il meccanismo del silenzio-assenso. Viene specificato, infatti, che l’art. 2 del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (cd. “SCIA-2”), demanda alla tabella A allegata al decreto l’individuazione del regime amministrativo (comunicazione, SCIA, silenzio assenso o autorizzazione espressa) da applicarsi alle attività private oggetto di ricognizione.

In particolare, spiegano i giudici, “per alcune tipologie di attività [si applica] il regime ‘autorizzazione/silenzio assenso’ e per altre unicamente il regime ‘autorizzazione’: per queste ultime non opera, pertanto, il meccanismo del silenzio assenso, come per il caso dell’esercizio delle sale giochi con apparecchi VLT, indicato al n. 84 della sezione I della tabella A, per il quale è previsto soltanto il regime ‘autorizzazione’”.

Non rileva nemmeno, secondo il Collegio, l’eventuale erronea indicazione del regime applicabile riportata sui moduli rilasciati dal Comune. Ciò, infatti, comunque non intacca il fatto che non sia possibile, nel caso di locali da destinare per la prima volta all’attività di sala giochi, la formazione di un titolo autorizzatorio per silentium o a mezzo Scia. Inoltre, aggiunge il CDS, la normativa di cui all’art. 20 della l. 241/90 non trova comunque applicazione per atti e procedimenti riguardanti le materie della salute e della pubblica sicurezza (materie che la licenza ex art. 86 del TULPS interseca entrambe).

Conseguentemente, secondo i giudici, il TAR in primo grado ha fatto bene a rigettare l’istanza di indennità o risarcitoria domandata dalla società, perché essa non poteva e non può effettivamente invocare alcun incolpevole affidamento per aver omesso di acquisire la licenza del Comune prima di avviare la trasformazione o l’adeguamento dei locali.

La scuola di formazione come luogo sensibile. Nessun dubbio, inoltre, per quel che concerne la qualificazione della scuola di formazione nel novero degli “altri istituti frequentati principalmente da giovani”, luoghi sensibili ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge regionale 17/2012. Ciò consente, dunque, al Consiglio di Stato di confermare la pronuncia di primo grado.