Premessa. Il Comune di Maratea (Potenza), con l’ordinanza sindacale n. 42 del 26 marzo 2019 ha disciplinato gli orari di esercizio degli apparecchi da gioco, ovunque installati, presenti nel territorio comunale, prevedendo il loro funzionamento nelle fasce orarie: 10:00-13:00 e 17:00-22:00 (per un massimo, dunque, di otto ore al giorno).

Avverso tale ordinanza aveva presentato ricorso al TAR Basilicata un operatore del gioco: in primo grado (sentenza 45/2020) le doglianze erano state respinte. L’ordinanza è stata poi riconfermata anche in appello, con la sentenza CDS 2369/2024, che qui si analizza.

L’istruttoria. I giudici del Consiglio di Stato confermano la correttezza dell’istruttoria condotta dal Comune di Maratea. In primo grado, ricostruisce il Collegio di Palazzo Spada, il TAR si era fondato sull’indirizzo giurisprudenziale secondo cui “nell’attuale momento storico, la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza”.

Il Consiglio di Stato, confermandola, arricchisce espressamente questa posizione, notando che “l’ordinanza non era del tutto avulsa da concreti riferimenti, desunti dalla specifica realtà territoriale”. A tal proposito vengono ricordati, infatti, i riferimenti: al Piano Regionale sul Gioco d’Azzardo Patologico 2017 elaborato all’esito di indagini statistiche condotte attraverso il Sistema Informativo Regionale e con il coinvolgimento delle Aziende sanitarie di Potenza e di Matera; alla deliberazione 16 marzo 2018 n. 214 della Giunta Regionale (in cui si riportavano i dati relativi alla dipendenza del gioco d’azzardo, con la dimostrazione di un andamento in crescita del fenomeno, e si finanziavano le ASL di Potenza e Matera per l’elaborazione delle necessarie misure di contrasto della dipendenza); alle attività dell’Osservatorio Regionale sulla dipendenza da gioco d’azzardo; alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 110 del 19.3.2019 (in cui si dà conto dell’elevato grado di diffusione del gioco d’azzardo e della sproporzione tra la spesa per scommesse ed il reddito pro-capite).

Specifica il Consiglio di Stato che la circostanza che l’istruttoria sia in primis riferita a dati regionali non inficia, comunque, la legittimità dell’ordinanza, “posto che la stessa è coerente con le previsioni della l.r. 27 ottobre 2014 n. 30” (tra le previsioni, si cita l’art. 3 che prevede che la Regione si avvalga dell’Osservatorio Regionale sulla dipendenza da gioco d’azzardo): in questo senso, secondo la sentenza di appello la Regione Basilicata ha “evidentemente avvertito la necessità di armonizzazione delle iniziative in materia, sulla base di dati comuni, con interventi sinergici con i comuni”.

Il principio di proporzionalità. L’ordinanza sugli orari è corretta, secondo il CDS, anche sul versante del rispetto del principio di proporzionalità.

Sostengono i giudici, infatti, che la “scelta del Comune è nell’ipotesi di specie proporzionata, in primo luogo, poiché in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco”. Si specifica, infatti, che nel quadro dato con questo tipo di ordinanze si realizza “un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza”.

Peraltro, la fascia oraria concretamente stabilita nell’ordinanza e la possibilità di riorganizzarsi di conseguenza per gli esercenti non impone un sacrificio eccessivo per i privati rispetto allo scopo perseguito.

L’Intesa in Conferenza Unificata. Il Consiglio di Stato respinge, anche in questo caso, la doglianza relativa all’asserito discostamento dalle risultanze dell’Intesa in Conferenza Unificata del 2017. Essa, infatti, non essendo stata recepita con Decreto dal MEF, non esplica alcuna efficacia cogente per i Comuni sul punto dei limiti orari.

Il potere sanzionatorio. L’ultimo punto analizzato dal Consiglio di Stato concerne il potere sanzionatorio dei Comuni e, in particolare, l’ipotesi della sanzione accessoria della sospensione dell’attività autorizzata di sala giochi in caso di violazione delle limitazioni orarie per due volte in un anno solare, anche se si è già provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria.

Il Consiglio di Stato conferma la legittimità di tale disposizione, ricostruendo il contesto normativo: “con il passaggio dall’autorità di pubblica sicurezza ai Comuni delle funzioni di cui al Tulps (…) sono transitati nella competenza dei Comuni anche i poteri sanzionatori, utilizzabili in presenza di violazione delle discipline specifiche che attengono alla tutela degli interessi pubblici diversi da quello dell’ordine e della sicurezza pubblica. (…) Tra le misure sanzionatorie l’art. 10 del Tulps prevede proprio la revoca o la sospensione dell’autorizzazione nel caso di abuso della persona autorizzata; l’abuso consisterebbe anche nella violazione delle disposizioni dirette a garantire il corretto esercizio dell’attività autorizzata, nel caso di specie, proprio, l’orario di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago”.