La normativa. L’articolo 6, comma 8 bis, della legge regionale 5/2013 dell’Emilia-Romagna afferma che “è vietato consentire ai minori l’utilizzo di apparecchi e congegni meccanici ed elettromeccanici, attivabili con moneta, con gettone ovvero con altri strumenti elettronici di pagamento che distribuiscono tagliandi direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita (ticket redemption)”.

Con la deliberazione 401/2019, la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato le “modalità attuative del divieto di consentire l’utilizzo dei Ticket redemption ai minori d’età”. Con questo atto, la Giunta ha posto a carico dei gestori alcuni obblighi: in particolare, questi sono tenuti ad affiggere nei locali e su ogni apparecchio l’avviso contenente il divieto di utilizzo per i minori d’età e devono accertarsi dell’età del cliente all’acquisto del gettone e al ritiro dell’eventuale premio vinto.

Avverso tali previsioni ha sollevato ricorso un consorzio di imprese che producono o commerciano giochi leciti. Il TAR per l’Emilia-Romagna si è pronunciato con la sentenza 639/2021 che qui si analizza.

La Delibera di Giunta e la Legge regionale. Per prima cosa, il ricorrente sostiene che la delibera di Giunta sarebbe da considerare in contrasto con il disposto della legge regionale.

Il TAR non condivide questa prospettazione: la legge regionale 5/2013, che reca le norme per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate, “del tutto legittimamente”, secondo il TAR, “prevede limitazioni e obblighi all’attività imprenditoriale degli esercenti le sale giochi ed altre attività consimili”; la disciplina attuativa della Delibera di Giunta, con gli obblighi previsti a carico degli esercenti, risulta in questo senso “del tutto coerente ed in linea con la normativa regionale”.

Il principio di proporzionalità e l’istruttoria. Secondo il TAR, la disciplina introdotta nel 2019 supera anche il vaglio dello scrutinio di proporzionalità e ragionevolezza: il sacrificio imposto all’esercente, infatti, consistendo in semplici attività di esposizione di cartelli e di accertamento dell’età, viene qualificato come “minimo” e “in alcun modo (…) lesiv[o] del diritto di libero esercizio dell’attività imprenditoriale”.

Anche sul piano della carenza di istruttoria, il TAR respinge le prospettazioni del ricorrente: per prima cosa, il fenomeno della diffusione della ludopatia tra i giovani (e quindi anche tra i minori) viene dai giudici ricostruito “in termini di oggettiva gravità ed espansione”.

Accanto a ciò, il TAR ribadisce che, indipendentemente dal tipo di esercizio commerciale in cui gli apparecchi in esame si trovano collocati, e al di là della qualificazione o meno in termini di gioco d’azzardo degli apparecchi con ticket redemption, è proprio il meccanismo di distribuzione di tali tagliandi (ossia a seguito dell’accumulo di un certo numero di questi) a risultare pericoloso sul piano della ludopatia; è ciò che il legislatore ha considerato introducendo forme di limitazione sin dal 2013.

Del resto, in ogni caso, la delibera regionale si è limitata a dare attuazione a quanto previsto nella normativa regionale, trattandosi di attività vincolata: l’indagine istruttoria in ordine alla riconducibilità dei ticket redemption nell’ambito del rischio di ludopatia deve considerarsi svolta a monte a livello legislativo.

Le questioni di legittimità costituzionale. Infine, il ricorrente solleva dei dubbi di legittimità costituzionale tra le previsioni legislative ed alcuni articoli della Costituzione.

Con riguardo, nello specifico, al principio di eguaglianza sostanziale (articolo 3 Cost.) e al principio di libera iniziativa economica (articolo 41 Cost.), i giudici ribadiscono ulteriormente che la normativa regionale in alcun modo contiene “alcuna ingiustificata o sproporzionata limitazione dell’attività economica svolta dagli operatori che utilizzano apparecchi da gioco che distribuiscono ticket redemption”, anche perché, si ricorda, non è prevista la chiusura degli esercizi in esame.

Da ultimo, anche sul piano della competenza regionale ad intervenire, i giudici respingono la censura del ricorrente: le previsioni contenute nella legge regionale sono da ritenersi rientranti nelle competenze attribuite alle Regioni nella materia di contrasto alla ludopatia, quale specifica espressione delle più generali attribuzioni in materia di tutela della salute affidate a tali enti territoriali dall’art. 117, comma 3, Cost. (sul punto viene citata anche la sentenza 108/2017 della Corte costituzionale).

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)