La normativa e il caso. Il Comune di Legnago (Vr), con l’ordinanza sindacale n. 76 del 9.3.2016, è intervenuto sui limiti orari del gioco d’azzardo, prevedendo che nel territorio comunale il gioco fosse consentito dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 17.00 alle ore 22.00.

Tale provvedimento è stato preceduto dall’approvazione del Regolamento per la disciplina delle attività di sale giochi e installazione di apparecchi da gioco, avvenuto con la deliberazione n. 32 del 4 aprile 2012.

Avverso tali provvedimenti ha presentato ricorso una società operante nel settore dei giochi.

Si è pronunciato il TAR Veneto con la sentenza 939/2022 che qui si analizza.

Il principio di proporzionalità e ragionevolezza. In primo luogo, l’esercente lamenta la violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza in merito a tre profili:

1) contraddizione delle limitazioni orarie con un contesto normativo caratterizzato da una espansione incontrollata dell’offerta in un’ottica di massimizzazione delle entrate erariali;

2) contraddizione rispetto alla mancata previsione di idonee misure di contrasto all’offerta ludica illegale e irregolare;

3) contraddizione rispetto alla mancata previsione di limitazioni nei confronti di ulteriori forme di gioco ritenute altrettanto pericolose per la salute (es. scommesse, bingo, giochi numerici a totalizzatore nazionale).

Il TAR respinge queste censure. Innanzitutto, sottolinea che scopo della disciplina in questione non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da altre tipologie di giochi leciti e anche on line), ma solo quello di prevenire, contrastare e ridurre il rischio di dipendenza patologica da gioco.

Inoltre ricorda come anche la stessa Corte costituzionale (sentenza 18 luglio 2014, n. 220) abbia riconosciuto nella riduzione degli orari delle sale da gioco una legittima misura di contrasto alla ludopatia e che, anzi, sulla base del principio di precauzione di derivazione comunitaria e delle esigenze di tutela della salute, sussista un vero e proprio obbligo per i Comuni a porre in essere interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco.

Nel merito dei tre profili di contraddizione sollevati, i giudici si pronunciano così:

1) espansione dell’offerta: a fronte della crescita dell’offerta di gioco e, conseguentemente, dell’aggravarsi del fenomeno della ludopatia, non c’è contraddizione con le misure di limitazione oraria, in quanto non si vede per quale ragione l’Amministrazione non dovrebbe esercitare i poteri ad essa attribuiti per fare fronte al dilagare del fenomeno;

2) giochi illegali: le attività illegali vanno contrastate ma ciò non comporta, secondo il TAR, l’illegittimità dell’azione dell’Amministrazione comunale diretta a regolamentare (limitandolo) l’esercizio del gioco lecito;

3) altri giochi non limitati: la decisione di limitare gli orari di alcuni giochi e non di altri non è, secondo il Collegio, in astratto irragionevole: in primo luogo perché non possono essere trattate allo stesso modo situazioni differenti, atteso che appare necessario considerare l’aspetto della ludopatia che produce il maggiore allarme sociale e intervenire sui giochi che presentano minori barriere a tutela dei soggetti più fragili. Ciò premesso, la differenziazione del trattamento in base alla natura dei giochi non solo non è irragionevole ma, secondo il TAR, risulta in realtà il metodo preferibile.

L’ampiezza delle competenze di Sindaco e Comune nella disciplina oraria. Il ricorrente lamenta, poi, la violazione dell’art. 20, comma 3, lett. b) della legge regionale n. 6/2015 (poi abrogato dall’art. 16, comma 1, della legge regionale n. 38/2019). In sintesi, sostiene l’esercente, il Comune non avrebbe considerato l’impatto delle misure adottate sul contesto, sulla sicurezza e sul decoro urbano, sulle connesse problematiche di viabilità, inquinamento acustico e/o quiete urbana in relazione al territorio comunale, come richiesto dalla disposizione richiamata.

Il TAR è di diverso avviso: innanzitutto la competenza ad intervenire discende dall’art. 50, comma 7, e dall’art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 267/2000 e si fonda sull’istruttoria compiuta dall’Ulss 21 di Legnago. Inoltre, specificano i giudici, la norma regionale richiamata non è stata violata proprio perché i limiti orari sono stati disposti in considerazione dell’impatto sulle crescenti problematiche connesse al proliferare degli apparecchi da gioco nel contesto del territorio urbano.

I giudici confermano, inoltre, la correttezza dei limiti previsti dall’ordinanza anche in relazione al dato letterale del Regolamento: il Consiglio comunale, infatti, aveva stabilito che il Sindaco avrebbe fissato, con apposita ordinanza, l’orario di utilizzo degli apparecchi da gioco “nella fascia compresa dalle ore 09.00 alle 24.00”. Secondo il TAR è corretto l’intervento del Sindaco che, con l’ordinanza, ha specificato le fasce orarie più restrittive.

L’istruttoria. Ultimo motivo di ricorso è, infine, quello relativo all’attività istruttoria compiuta dal Comune. L’esercente sostiene che i dati riportati nell’ordinanza siano insufficienti a fondare le limitazioni orarie.

Il TAR è di altro avviso: in primo luogo, confermando il proprio orientamento in materia, ribadisce che “nell’attuale momento storico la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza” (si veda tra le ultime, TAR Veneto n. 1053/2021). Inoltre, ricordano i giudici che i dati numerici relativi ai soggetti in terapia riflettono un’immagine comunque “sottostimata” della problematica, dal momento che il fenomeno della ludopatia tende a restare sommerso ed è connotato da una notevole cifra oscura.

Ad ogni modo, nel caso di specie “l’ordinanza impugnata appare adeguatamente motivata e fondata su una sufficiente attività istruttoria, atteso che, oltre alla rappresentazione della situazione sul territorio comunale e su quello limitrofo, sono stati specificati anche i rischi derivanti alla salute dei cittadini in conseguenza della diffusione della ludopatia, pur evidenziandosi la consapevolezza che con le limitazioni poste all’orario di funzionamento degli apparecchi non si sarebbe eliminato il fenomeno, ma solo creato le condizioni per disincentivare il loro utilizzo continuativo e a tempo pieno”.