La normativa. L’articolo 7, comma 1, della legge regionale della Puglia 43/2013 afferma che “l’esercizio delle sale da gioco e l’installazione di apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (…) nonché ogni altra offerta di gioco con vincita di denaro sono soggetti al regime autorizzatorio previsto dalle norme vigenti”, specificando ulteriormente, nel successivo comma 2, che “l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni, in un raggio inferiore a 250 metri, misurati per la distanza pedonale più breve” da una serie di luoghi sensibili puntualmente elencati; peraltro, nella vicenda che qui si analizza, la distanza minima in vigore era ancora di 500 metri, in quanto il caso è antecedente alla novella introdotta con la legge regionale pugliese 21/2019.

Il caso. La sentenza 370/2019 del TAR per la Puglia (che qui si analizza) prende le mosse dal ricorso presentato dal titolare di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande e di tabaccheria che ha impugnato il rigetto, da parte dell’Ufficio SUAP del Comune di Lucera, della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) avente ad oggetto l’ampliamento dell’attività in locali attigui con conseguente installazione di nove nuovi apparecchi da gioco.

Il provvedimento del Comune è motivato dalla circostanza che il locale in questione è situato a una distanza inferiore di 500 metri da un luogo sensibile (un Istituto scolastico): per questo, unitamente al rigetto della SCIA, è stato ordinato il pagamento della sanzione amministrativa e l’esercizio è stato inibito dall’utilizzo degli apparecchi.

La tipologia di esercizio commerciale. Per prima cosa, il TAR di Bari si sofferma sulla tipologia di esercizio commerciale che nel caso specifico è stato oggetto del provvedimento.

Dicono i giudici, a tal proposito, che dalla lettura dell’articolo 7 della legge regionale pugliese 43/2013 emerge che questa disposizione si applica “non solo in presenza di un esercizio commerciale avente come oggetto esclusivo un’attività di sala giochi, ma ogniqualvolta, a prescindere dalla natura dell’attività esercitata, si intendano installare apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, TULPS”, cosicché non rileva che “l’attività già svolta dal ricorrente consista nella somministrazione di alimenti e bevande con annessa tabaccheria”.

Lo strumento della SCIA. Un altro elemento importante consiste nella circostanza che il ricorrente ha utilizzato lo strumento della SCIA per procedere con l’installazione degli apparecchi da gioco; nel ricorso egli ha contestato la violazione da parte del Comune del termine di 60 giorni previsto dall’articolo 19, comma 3, della legge 241/1990 per l’emanazione, da parte dell’amministrazione, del provvedimento di divieto dell’attività oggetto di SCIA.

Il TAR ricostruisce in altri termini il punto controverso: i giudici sostengono, infatti, che la SCIA non sia lo strumento corretto da utilizzare in casi come questi, dal momento che la legge regionale è chiara nel riferirsi a un “regime autorizzatorio”, il che esclude, pertanto, che nel caso specifico il provvedimento dell’amministrazione possa essere sostituito una semplice comunicazione.

In ogni caso, anche a voler far salva la possibilità di utilizzare legittimamente la SCIA, l’articolo 19, comma 3, della legge 241/1990 contempla l’ipotesi di un diniego di SCIA successivo al termine di 60 giorni se ricorrono particolari esigenze di natura pubblica, come nel caso di specie sarebbe il “pericolo di un danno per la salute (pubblica)” relativo al gioco d’azzardo patologico.

Per questi motivi, inoltre, il TAR rigetta anche le considerazioni del ricorrente che sosteneva fosse stato violato il suo legittimo affidamento nella SCIA: nelle condizioni normative date, infatti, secondo i giudici, l’esercente non poteva riporre alcun ragionevole affidamento “nella stabilità della SCIA predisposta, a fronte di una conclamata causa di divieto prevista dall’ordinamento”.

Il distanziometro regionale. Il TAR di Bari rigetta dunque il ricorso affermando anche che, al netto delle considerazioni sull’utilizzo dello strumento della SCIA, il ricorrente “non avrebbe potuto ottenere alcuna autorizzazione, atteso l’insuperabile divieto sancito dal comma 2 dell’art. 7 di installare videogiochi di cui all’art. 110 TULPS (…) in prossimità di istituti scolastici”: il dettato normativo regionale, infatti, è chiaro al punto da non lasciare in capo all’amministrazione comunale alcun tipo di discrezionalità rispetto al provvedimento da adottare.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)