COMUNE DI BOLOGNA: DISTANZIOMETRO ED ESERCIZI GIA’ IN ATTIVITA’

La normativa. La Regione Emilia-Romagna con la Legge regionale 5/2013 e con le delibere 831/2017 e 68/2019 è intervenuta per regolamentare il settore del gioco d’azzardo (si veda anche la scheda dedicata): in particolare, per quello che qui maggiormente interessa, ha introdotto l’obbligo di rispettare la distanza minima di 500 metri da alcuni luoghi sensibili e ha previsto dei periodi di proroga (sei mesi più ulteriori sei, a determinate condizioni, e comunque non oltre il 31.12.2019) per la delocalizzazione per i locali già in esercizio e autorizzati che si trovino ad una distanza inferiore.

A seguito di ciò il Comune di Bologna ha proceduto con la delibera del Consiglio comunale P.G. 57985/2018 ad approvare il “Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo” e a definire l’elenco e la mappa dei luoghi sensibili; conseguentemente, con varie ordinanze, ha intimato la chiusura o la delocalizzazione, entro 6 mesi, delle attività che non rispettavano la distanza.

I ricorsi. Di fronte al TAR per l’Emilia-Romagna (sede di Bologna) sono stati presentati una serie di ricorsi, sollevati tutti da soggetti che svolgevano l’attività di raccolta scommesse per lo stesso bookmaker, il quale è stato autorizzato dall’Agenzia Dogane e Monopoli dopo aver aderito alla sanatoria del 2014. Il TAR si è pronunciato con le sentenze 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60 del 2020 che qui si analizzano congiuntamente in quanto sostanzialmente uguali.

L’eccezione di rito sollevata dal Comune. Innanzitutto, il TAR si pronuncia rispetto all’eccezione di rito del Comune di Bologna, che riteneva il ricorso inammissibile per carenza di interesse e tardività, in quanto i ricorrenti avrebbero dovuto tempestivamente sollevare questione di legittimità costituzionale rispetto alla Legge regionale 5/2013 e impugnare la delibera 831/2017 entro sessanta giorni dalla conoscenza, anziché proporre censure direttamente contro le ordinanze di chiusura a loro rivolte (come invece è stato fatto).

I giudici ritengono non fondata questa eccezione: infatti, viene detto, quando “le norme non regolamentano la posizione del cittadino ma la condotta che l’Amministrazione deve seguire nell’esercizio della sua attività amministrativa, non c’è una lesione immediata per la sfera giuridica del cittadino e la facoltà di impugnazione maturerà solo con l’adozione di un atto applicativo”.

I punti di raccolta ex CTD e l’ambito di applicazione. I ricorrenti mettono in dubbio che i punti di raccolta del gioco ex CTD (i CTD sono, per completezza, le società di gestione del punto di raccolta delle scommesse e di trasmissione dati) siano ricompresi nella disciplina regionale, in quanto quest’ultima sarebbe relativa esclusivamente alle sale gioco e alle sale scommesse.

Il TAR boccia questa censura: il divieto previsto dalla Legge regionale, come chiarito anche dalla delibera 831/2017, si applica a tutti gli esercizi autorizzati ai sensi degli articoli 86 e 88 del TULPS e dunque anche ai punti di raccolta del gioco.

La retroattività della disciplina e l’asserita violazione del principio di affidamento. Uno dei punti centrali delle censure articolate dai ricorrenti è quello relativo alla contestazione del carattere retroattivo delle norme sulle distanze e alla violazione del principio di affidamento rispetto alle concessioni date in occasione della sanatoria del 2014 (cui il bookmaker di riferimento ha aderito), prorogate fino all’aggiudicazione delle nuove concessioni (e comunque non oltre il 31.12.2020).

In sostanza, con questa doglianza, i ricorrenti lamentano che l’imposizione di un obbligo di trasferimento (come ha fatto il Comune) dopo aver ottenuto una concessione fino al 31.12.2020 costituirebbe applicazione retroattiva della disposizione regionale e violerebbe il principio di affidamento degli operatori del settore.

Il TAR ricostruisce la questione in altri termini: ritiene, infatti, che l’aspetto relativo alla sanatoria debba essere sganciato dai requisiti che le sale sono tenute a rispettare secondo le prescrizioni di volta in volta introdotte dalla Regione. La sanatoria infatti interviene sui profili fiscali, mentre le prescrizioni della Regione, applicate dal Comune, attengono alla tutela della salute (la Regione è indubbiamente competente per intervenire in materia: si veda la sentenza della Corte costituzionale 300/2011).

Pertanto, l’eventuale affidamento generato dalla concessione (così prorogata) non riguarderebbe gli altri profili di competenza della Regione né si potrebbe pensare che, in forza di ragioni di convenienza economica dei gestori, la delocalizzazione possa essere da questi elusa fino al termine delle concessioni (prorogate, come si è detto).

Inoltre, la delibera regionale 68/2019 assegna dei termini per procedere alla delocalizzazione delle attività che, a detta del TAR, sono tali da “assicura[re] un periodo transitorio, idoneo a riconvertire gli investimenti”.

L’effetto espulsivo che sarebbe generato dal distanziometro. L’altro tema centrale della sentenza riguarda il lamentato effetto espulsivo che concretamente il distanziometro genererebbe per il settore del gioco nel Comune di Bologna. A detta dei ricorrenti, che in questo senso depositano anche una relazione tecnica, di fatto lo spostamento sarebbe impossibile dato l’alto numero di luoghi sensibili.

Il TAR, nel respingere questa censura, ricostruisce ampiamente le vicende connesse alla sanatoria. In particolare, si ricorda che inizialmente molti bookmaker avevano, per vari motivi, scelto di non partecipare alle gare dello Stato per le concessioni per l’attività di scommesse, preferendo invece effettuare l’attività di raccolta scommesse all’estero tramite i CTD. A ciò è seguito un braccio di ferro tra i bookmaker e lo Stato che ha portato all’adozione della sanatoria (cui anche il bookmaker in questione ha aderito) che, di fatto, si è risolta in una “sostanziale liberalizzazione” del settore (dicono i giudici: “l’effetto concreto è stato quello di avere molti più esercizi in cui è possibile fare scommesse rispetto a quanto era previsto in origine con un numero limitato di concessioni”).

Se il quadro è questo, risulta chiaro, secondo il TAR, come emerga la necessità di porre delle limitazioni a tutela della salute, il che non può che passare dalla “tendenziale riduzione dei punti” gioco (obiettivo presente anche nell’Intesa in Conferenza Unificata che il ricorrente per altri motivi cita nelle sue memorie).

In ogni caso, nei giudizi in esame, dicono i Collegi, i ricorrenti avrebbero dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale, prospettando un’eccessiva tutela della salute a scapito della libertà di iniziativa economica privata: ciò non è avvenuto, e comunque quando la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul punto (es. 108/2017; 27/2019) lo ha fatto respingendo questo tipo di argomentazioni.

La pianificazione a livello nazionale della ricollocazione dei punti gioco. Un altro punto sollevato è quello relativo all’asserita violazione dell’art. 7, comma 10 del Decreto Balduzzi che indicava un percorso per arrivare ad una pianificazione della progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica attraverso un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze previa Intesa in sede di Conferenza Unificata e di concerto con il Ministero della Salute. Come noto, il percorso è rimasto a metà, con l’Intesa siglata ma non adottata (e pertanto non rilevante): il TAR in ogni caso afferma che la Legge regionale 5/2013 va nella stessa direzione indicata dall’art. 7, comma 10 del Decreto Balduzzi.

 

IL DISTANZIOMETRO NEL COMUNE DI FORMIGINE (Modena)

La normativa e il caso. Il Comune di Formigine ha introdotto, con la delibera 155/2017 (in applicazione della delibera regionale 831/2017) la mappatura dei luoghi sensibili, attuando il cosiddetto distanziometro. Nel 2019 con la determina dirigenziale 128/2019 è stato definito l’elenco degli esercizi cui applicare il divieto di gioco e in conseguenza di ciò è stata emanata un’ordinanza di chiusura di una sala giochi, che l’ha poi impugnata dinanzi al TAR; quest’ultimo si è pronunciato con la sentenza 61/2020.

Il bilanciamento degli interessi. I giudici hanno respinto le varie censure confermando la scelta del Comune; in particolare, facendo riferimento alla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia UE, sentenze del 22/01/2015 e del 30/06/2011), a quella della Corte costituzionale (sentenza 108/2017) e del Consiglio di Stato (sentenza 578/2016), è stata ribadita la prevalenza del diritto alla salute sull’iniziativa economica privata la quale, comunque, rimane in ogni caso tutelata “essendo prevista la possibilità di delocalizzazione degli esercizi”.

Il distanziometro. Inoltre, il TAR ha aggiunto che il Comune ha proceduto correttamente, essendosi “limitato ad eseguire le disposizioni comunitarie, nazionali e regionali” in materia, fermo restando che comunque il Comune è “competente in materia di mappatura dei luoghi sensibili e di delocalizzazione degli esercizi” (su questo punto vengono richiamate le sentenze del Consiglio di Stato 6714/2018 e 579/2016).

 

COMUNE DI ANZOLA DELL’EMILIA (Bologna):
IL DISTANZIOMETRO RISPETTO AD UN LUOGO DI CULTO

Il caso. La sala giochi che ha presentato ricorso dinanzi al TAR è stata oggetto di un’ordinanza di chiusura, emessa dal Comune di Anzola dell’Emilia, in quanto la sua ubicazione non rispettava la distanza di 500 metri da un luogo sensibile (inserito nell’elenco appositamente predisposto con la deliberazione 81/2017 del Consiglio comunale), ossia la Chiesa Apostolica della Comunità di Anzola dell’Emilia. Il TAR per l’Emilia-Romagna si è pronunciato con la sentenza 670/2019.

I luoghi di culto come siti sensibili. Il TAR, innanzitutto, analizza la censura del ricorrente che mirava ad escludere i luoghi da culto dall’elenco dei siti sensibili sulla base della considerazione che essi sono accessibili da chiunque lo voglia e pertanto non sono frequentati o destinati solo a soggetti fragili o vulnerabili.

Questa argomentazione viene bocciata: infatti l’art. 6, comma 2 bis della Legge regionale 5/2013 è chiara nel ricomprendere nel novero dei luoghi sensibili anche quelli di culto.

Il problema della presenza illegittima del luogo di culto nell’immobile. Il TAR accoglie, invece, la seconda censura presentata dalla sala giochi, relativa alla contestazione della legittimità della presenza nell’immobile, avente destinazione commerciale, di un luogo di culto.

In effetti, la qualificazione della Chiesa Apostolica che nella sua memoria difensiva dà il Comune è quella di associazione di promozione sociale (titolo che le consentirebbe di svolgere la sua attività in quell’immobile); tale qualificazione viene però giudicata dal TAR non corretta poiché non si sono dimostrate le condizioni che la legge richiede in tal senso (in sostanza, la presentazione di un atto pubblico).

Dinanzi a questo quadro, il TAR argomenta che, se da un lato “il limite di 500 metri appare pienamente legittimo ed ormai adottato da molte regioni avendo superato anche il vaglio di costituzionalità” (sentenza 108/2017 della Corte costituzionale), dall’altro si deve però osservare che “un limite così pregnante all’iniziativa economica di un imprenditore, che svolge un’attività autorizzata e pienamente lecita anche se ritenuta foriera di pericoli sanitari quanto al possibile aggravamento del fenomeno della ludopatia, presuppone che il luogo da tutelare abbia titolo per trovarsi nell’immobile”.

In sostanza, se il luogo sensibile si trova illegittimamente in determinati locali, ciò “non può costituire motivo per inibire l’attività” del gioco.

COMUNE DI CASALECCHIO DI RENO (Bologna):
LE LIMITAZIONI ORARIE INTRODOTTE SONO CORRETTE

La normativa e il ricorso. Il Comune di Casalecchio di Reno, con l’ordinanza 99/2016, ha introdotto delle limitazioni orarie per l’esercizio del gioco d’azzardo (in particolare, 10-13 e 17-22). Una sala giochi ha presentato ricorso al TAR per l’Emilia-Romagna che si è pronunciato con la sentenza 465/2020.

La competenza del Sindaco. Anzitutto i giudici affrontano la censura relativa all’asserita incompetenza del Sindaco: viene ribadito, anzitutto, che il fondamento del potere in questione risiede nell’art. 50, comma 7 del TUEL, ricordando che l’esigenza perseguita è quella della tutela della salute e il benessere psichico e socio-economico della popolazione (evidenziando, inoltre, che al Sindaco spettano anche i poteri di ordinanza a tutela della salute anche in caso di emergenze sanitarie, sempre ai sensi dell’art. 50 del TUEL). Si nega, quindi, qualunque confusione con le questioni di ordine pubblico e sicurezza, di competenza esclusiva dello Stato.

L’Intesa. Il quadro delle competenze del Sindaco, così ricostruito, non è poi intaccato dall’Intesa in sede di Conferenza Unificata su cui il TAR afferma che: 1) è “un istituto preordinato a garantire la leale collaborazione istituzionale”; 2) “non ha efficacia vincolante se non recepita” con decreto; 3) in ogni caso, anche aderendo alla tesi del carattere cogente, definita “del tutto minoritaria”, nel caso in specie non si applicherebbe poiché questa è successiva all’ordinanza sindacale.

La situazione nei Comuni limitrofi. Non merita poi accoglimento, a detta del TAR, l’argomentazione del ricorrente che ritiene inutili queste misure in quanto sarebbero vanificate dalla circostanza che i Comuni limitrofi non prevedono le medesime limitazioni orarie. Portare alle estreme conseguenze un simile discorso condurrebbe a “illogicamente penalizzare l’autonomia costituzionalmente garantita di ogni ente locale”.

Il principio di proporzionalità. Infine, i giudici affermano che la previsione di fasce orarie per il gioco che prevedano otto ore di apertura “è rispettos[a] in concreto del principio di proporzionalità”, in quanto il questo limite risulta “indispensabile per proteggere gli interessi pubblici” e “necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo”.

 

COMUNE DI ARGELATO (Bologna):
LE LIMITAZIONI ORARIE INTRODOTTE PER SLOT E VLT SONO CORRETTE

Il caso. Il Comune di Argelato ha introdotto, con l’ordinanza 11 del 2015, limitazioni d’orario per l’utilizzo di slot machines e videolottery, ammesse dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22. Una sala gioco, che si è vista imporre la chiusura nelle altre fasce orarie, ha presentato ricorso al TAR che ha quindi emesso la sentenza 242/2019 (dopo un doppio giudizio cautelare, dinanzi al medesimo TAR e al Consiglio di Stato, che si erano concluse con il rigetto delle istanze cautelari presentate dalla società ricorrente).

L’istruttoria. Tra i motivi di ricorso c’è, innanzitutto, l’asserita insufficienza dell’istruttoria. Il TAR respinge questa censura sottolineando che, al di là del fatto che il fenomeno della ludopatia sia da considerarsi un fatto notorio, la presenza di dati relativi sia al territorio nazionale e regionale che a quello dell’Unione dei Comuni Reno-Galliera e del Distretto di Comuni Pianura Est (di cui il Comune di Argelato è parte) permette di ritenere documentato il fenomeno della ludopatia.

La scelta di intervenire solo sulle slot machines e videolottery. Il TAR reputa, inoltre, correttamente motivata la scelta del Comune di introdurre le limitazioni orarie solo con riferimento a slot e videolottery: tale decisione, si ricorda, trova specifica base normativa nell’art. 1 della Legge regionale 5/2013 e si fonda sulla diffusione quasi capillare di tali apparecchi nelle sale gioco e nella loro maggiore pericolosità per la salute delle persone. Richiamando la sentenza 164/2015 del medesimo TAR, il Collegio si esprime nel senso che la presenza di diverse condizioni di accesso per le altre modalità di gioco “rende non arbitrario che … si intervenga” per queste “con strumenti di contrasto di altra natura, senza al contempo precludere che le sale giochi o equiparate restino sottoposte a limitazioni loro proprie”.

La proporzionalità delle limitazioni orarie. Infine, per quel che concerne l’asserita non proporzionalità delle limitazioni orarie rispetto all’attività d’impresa, il TAR richiama l’ordinanza cautelare 2614/2016 del Consiglio di Stato (relativo a questo caso) che ha ritenuto non oltre modo compressi gli orari di apertura (rimanendo aperte le sale per “ben otto ore per tutti i giorni, compresi i festivi”) e sottolinea, comunque, come la limitazione del gioco nelle fasce orarie prescelte (quelle meno soggette ai controlli della comunità) sia idonea a tutelare proprio i soggetti più deboli quali “i minori di età e gli adulti che abbisognano apposite specifiche cure sanitarie e/o socio assistenziali”.

 

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)