Premessa. Il Comune di Sassari, con le ordinanze sindacali n. 19 del 28 aprile 2017 e n. 32 del 26 giugno 2017, ha stabilito le fasce orarie massime di funzionamento degli apparecchi da gioco, prevedendo in particolare che nelle sale gioco/scommesse tali apparecchi possano essere messi in funzione dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 18:00 alle ore 01:00, mentre negli esercizi cd. promiscui gli orari siano dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 18:00 alle ore 23:00.

Avverso tali ordinanze si era già espresso il TAR Sardegna con la sentenza 756/2018 che confermava i provvedimenti comunali. Hanno presentato appello avverso quest’ultima pronuncia i due operatori del gioco che avevano promosso il ricorso in primo grado: il Consiglio di Stato ha bocciato l’appello, con la sentenza 10581/2023 (che qui si analizza), confermando le ordinanze sindacali.

I poteri del Sindaco. Rileva il Consiglio di Stato, innanzitutto, che il Sindaco è dotati dei poteri di cui all’art. 50, comma 7, del TUEL in materia di orari degli esercizi, anche ai fini di tutela della salute e della quiete pubblica, e che è stata la stessa Corte costituzionale (sent. 220/2014) a ritenere che tali prerogative possano essere esercitate anche con finalità di contrasto del fenomeno del gioco d’azzardo patologico.

L’istruttoria. I giudici di Palazzo Spada smentiscono che possa parlarsi di deficit di istruttoria nell’ordinanza quando emerge che il numero di giocatori affetti da disturbo non è in assoluto elevato: quel che conta, infatti, secondo il CDS, è “la tendenza registrata nel periodo considerato, la quale, da sola, induce allarme negli enti pubblici preposti alla tutela della salute e giustifica l’adozione di misure restrittive”.

È in quest’ottica, pertanto, che la sentenza attribuisce rilievo non solo al dato relativo al numero di assistiti presi in carico dal servizio per le dipendenze della medesima ASL ma anche alla cd. “utenza potenziale”, ossia quel novero di soggetti colpiti dalla medesima dipendenza ma non trattati (con ricadute negative, sottolinea sempre il Collegio, anche sui loro familiari).

Secondo il Collegio, in particolare, “le ordinanze in questione rispondono ad una logica non di repressione della patologia attraverso l’individuazione e l’eliminazione della causa, bensì di mera precauzione e di contenimento del rischio di diffusione che un’offerta di gioco non regolamentata può determinare”. Deve essere considerata “notoria”, secondo i giudici, la circostanza che gli apparecchi da gioco “concorrano in misura incisiva ad accrescere il diffondersi e l’acuirsi delle ludopatie” (rectius: disturbi da gioco).

La differenza tra sale giochi/scommesse ed esercizi cd. promiscui. Gli appellanti hanno contestato anche l’asserita disparità di trattamento tra la disciplina oraria delle sale giochi/scommesse e quella degli esercizi cd. promiscui (es. bar, ristoranti, alberghi, sale giochi, rivendite di tabacchi, ricevitorie, ecc).

Secondo il Consiglio di Stato, tale “diversa regolamentazione oraria trova giustificazione nella diversità dell’offerta di gioco che nei locali ad uso promiscuo si affianca e si aggiunge a quella di altri beni e servizi, circostanza che, da un lato, riduce l’impatto economico della limitazione per l’esercente, e, dall’altro lato, rende più facile l’approccio al gioco per coloro che fanno ingresso nel locale per finalità diverse”.