Il caso di specie e la normativa. Il Comune di Gallipoli (Le), con la determinazione n. 1837 del 30 Settembre 2016, poi confermata dal provvedimento n. 9023 del 21 febbraio 2017, ha disposto la cessazione immediata della gestione di un punto scommesse (che aveva già ottenuto l’autorizzazione della Questura dopo aver aderito alla procedura di regolarizzazione fiscale per emersione di cui alla legge di stabilità per il 2015) per violazione delle distanze minime, previste dalla legge regionale pugliese 43/2013, da una pluralità di luoghi sensibili.

Avverso questi provvedimenti, il punto scommesse interessato ha sollevato ricorso dinanzi al TAR per la Puglia – sezione staccata di Lecce, che si è pronunciato con la sentenza 938/2018 che qui si analizza.

La questione di costituzionalità rispetto al distanziometro pugliese. Per prima cosa i giudici si concentrano sulla prospettazione, da parte del ricorrente, di una questione di legittimità costituzionale rispetto all’articolo 7, comma 2, della legge regionale pugliese 43/2013, dichiarandola manifestamente infondata: su questo punto, infatti, rileva la circostanza che la Corte costituzionale già si è espressa nella sentenza 108/2017.

La competenza del Comune nell’adozione di un provvedimento inibitorio. In secondo luogo, il TAR respinge la censura di incompetenza sollevata dal ricorrente, che sosteneva che l’adozione del provvedimento di cessazione rientrerebbe nelle prerogative esclusive dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, escludendo quindi la possibilità di intervento dei Comuni.

A tal proposito, i giudici richiamano l’articolo 7, comma 9, della legge regionale 43/2013, in cui si afferma che “l’accertamento delle violazioni e l’applicazione delle sanzioni amministrative di cui ai commi 2 (…) spettano al Comune territorialmente competente”: viene esclusa quindi la competenza in quest’ambito dell’ADM.

Sotto altro profilo, viene anche ribadito che non si sovrappongono tra loro le competenze di Comune e Questura, essendo chiaro che l’autorizzazione rilasciata da quest’ultima vale “ai soli fini di Pubblica Sicurezza”, facendo espressamente salve le altre misure introdotte a livello regionale e locale.

L’applicazione del distanziometro anche agli esercizi che hanno aderito alla sanatoria. Un’altra questione sollevata dal punto scommesse attiene alla necessità di escludere dall’applicazione delle norme sul distanziometro quegli esercizi che hanno aderito alla sanatoria di cui alla legge di stabilità per il 2015. Secondo il ricorrente, infatti, a questi esercizi dovrebbe applicarsi un regime derogatorio.

Il TAR è di un altro avviso: la legge delega in materia fiscale 23/2014 contiene, infatti, “la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale”, col superamento espresso di qualsiasi “problematica d[i] contrasto con il cd. decreto Balduzzi” (come espresso anche dal TAR Lombardia, sentenza 1761/2015 e dal TAR Toscana, sentenza 388/2016): pertanto la sanatoria rileva “unicamente ai fini fiscali” (TAR Lecce, sentenza 1336/2017).

Il provvedimento di cessazione e le sanzioni. Secondo il ricorrente, inoltre, il provvedimento impugnato di cessazione immediata sine die del centro scommesse non rientrerebbe tra le sanzioni previste dall’articolo 7 della legge regionale 43/2013 e violerebbe pertanto il principio di proporzionalità.

Anche in questo caso il TAR non accoglie la censura: “il requisito oggettivo e sostanziale della distanza minima dai cc.dd. ‘luoghi sensibili’ per l’esercizio dell’attività (…) è ‘connaturato’ all’ubicazione del punto vendita e la relativa carenza non può che comportare l’inibizione della relativa attività”. Il provvedimento adottato dal Comune va quindi qualificato come “vincolato e doveroso” qualora il rispetto delle distanze venga violato.

L’effetto espulsivo. L’ultimo motivo di ricorso sollevato dal punto scommesse attiene all’effetto espulsivo che il distanziometro determinerebbe nel territorio comunale di Gallipoli: secondo la perizia tecnica presentata dal ricorrente, infatti, nel 95% della superficie comunale sarebbe impossibile procedere con la ricollocazione dei locali. Ciò, a detta dell’esercente, renderebbe “improponibili e inattuabili” i parametri del Comune di Gallipoli: la normativa stessa, dunque, dovrebbe essere contemperata con altri principi costituzionali.

Il TAR respinge anche questa censura: il Comune di Gallipoli, secondo i giudici, altro non ha fatto se non procedere con l’applicazione della normativa regionale la quale, già di per sé, si fonda “su di un ragionevole bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti”. Anche a voler prendere in esame l’ipotesi di un’interpretazione costituzionalmente orientata del dato normativo, non si potrebbe comunque arrivare “fino alla disapplicazione dei precisi limiti chiaramente e direttamente imposti dalla norma regionale medesima”, dettata peraltro  su una materia, come quella della tutela della salute, di competenza concorrente tra Stato e regione; in questo senso, dunque, l’attività comunale di accertamento deve ritenersi vincolata.

Sotto altro profilo, il TAR comunque ribadisce (attingendo anche ad altra giurisprudenza, tra cui la sentenza del TAR Bolzano 301/2016) che la circostanza che un’attività, come quella del gioco, sia lecita non significa che debba anche essere immune da limitazioni quando entrano in gioco interessi di rango costituzionale, come del resto sostenuto anche dalla Corte di Giustizia UE (sentenza 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11; sentenza 19 luglio 2012, nelle cause riunite C-213/11, C-214/11 e C-217/11).

Sul piano più specifico dell’effetto espulsivo, infine, il TAR non considera dimostrata l’impossibilità della gestione di un punto di raccolta di scommesse nell’intero territorio comunale di Gallipoli, anche perché questa possibilità sembra essere influenzata pure dalle previsioni urbanistiche sulla destinazione d’uso degli immobili, le quali possono essere modificate su istanza di parte.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)