Premessa. Una sala giochi ubicata a Ravenna ha impugnato la deliberazione della Giunta regionale dell’Emilia Romagna 831/2017, adottata in attuazione all’art. 6 comma 2-bis della legge regionale 5/2013, che ha vietato sia le nuove aperture di locali dedicati al gioco sia la conduzione di sale dedicate già funzionanti alla data della sua entrata in vigore, distanti a meno di 500 metri dai cd. “luoghi sensibili” e la deliberazione consiliare 37/2018, con la quale il Comune di Ravenna ha approvato, in esecuzione della deliberazione regionale 831/2017, la mappatura dei luoghi sensibili.

Il TAR per l’Emilia-Romagna si è pronunciato con la sentenza 1028/2022, che qui si analizza, con cui ha confermato la legittimità del distanziometro nel Comune di Ravenna respingendo le censure dell’esercente.

La non retroattività del distanziometro. Per prima cosa i giudici confermano l’orientamento, ormai consolidato, che esclude la retroattività del distanziometro. Spiega il TAR, richiamando altre pronunce che l’esistenza di un’autorizzazione pregressa non giustifica una deroga permanente all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute, altrimenti ciò comporterebbe una “distorsione della concorrenza maggiore di quella che potrebbe essere imputata alle distanze minime” senza, peraltro, consentire la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla normativa di riferimento che ha introdotto il criterio delle distanze.

Si tratta, invece, di provvedimento che “si limita a regolare per il futuro lo svolgimento dell’attività autorizzata, senza inibirla tout court né in via di diritto né in via di fatto” (TAR Emilia-Romagna 934/2022) anche in ragione della previsione di un periodo transitorio, giudicato dal TAR opportuno e necessario, idoneo a tutelare gli investimenti effettuati dagli operatori economici già in esercizio al momento dell’entrata in vigore della norma.

La tutela della salute. Il distanziometro attiene alla materia della tutela della salute e non contiene disposizioni di pianificazione territoriale, bensì norme puntuali sulle distanze che gli esercizi di gioco devono rispettare da determinati luoghi definiti come sensibili quanto al rischio della diffusione di ludopatie.

Non è quindi configurabile, secondo i giudici, la violazione del cd. “doppio binario” (TAR Emilia-Romagna 258/2021; TAR Emilia-Romagna 935/2022).

L’effetto espulsivo. I giudici negano, inoltre, che si sia determinato un effetto espulsivo per le attività del gioco nel territorio comunale in conseguenza dell’applicazione del distanziometro.

Il TAR aderisce all’orientamento secondo cui sia necessario, “al fine di stabilire la concreta possibilità di delocalizzazione (…) prendere a riferimento il solo ambito territoriale infra comunale, dovendo esso contemplare l’esistenza di aree idonee commercialmente fattibili e dovendosi escludere quelle “in zone rurali o scarsamente abitate e penalizzate dal punto di vista dell’attività commerciale o comunque incompatibili con l’esercizio delle attività di che trattasi (per l’assenza di parcheggi, ragioni di viabilità ecc.)”.

Si deve dunque “accertare in punto di fatto la concreta disponibilità unicamente nel territorio comunale di Ravenna di aree “commercialmente fattibili” in cui l’insediamento delle attività di raccolta di scommesse lecite è consentita dalla pianificazione urbanistica”. Sottolinea il TAR che è onere di parte ricorrente (l’esercente) allegare “elementi di prova diretti a contestare l’effetto espulsivo non essendo l’amministrazione comunale gravata in sede di mappatura dal dovere di indicare le aree alternative idonee in cui delocalizzare”.

Nel caso di specie il Collegio rileva “l’esistenza di aree potenzialmente idonee, non essendo affiorati elementi suscettibili di dimostrare l’impossibilità di insediarvi propri esercizi”; d’altro canto, l’eventuale “circostanza della difficoltà di reperimento di locali commerciali liberi appare irrilevante, trattandosi di conseguenza non imputabile alla misura restrittiva in contestazione e dunque di una barriera all’ingresso discendente dalla normativa regionale, ma piuttosto di impedimento meramente fattuale dipendente dallo stato di fatto dei luoghi”.

La multisala come luogo sensibile. Infine, non permangono dubbi, secondo il TAR, in ordine alla configurabilità delle multisala come luoghi sensibili. Secondo il Collegio, “una sala cinematografica [è] un luogo notoriamente frequentato da giovani ed anziani e dunque per definizione “sensibile” secondo l’esaminata normativa regionale che vi ricomprende i luoghi di aggregazione giovanile (così come, ad esempio, le parrocchie, quali luoghi di culto che rientrano espressamente tra i luoghi sensibili in quanto esposti al rischio ludopatia)”.