La normativa. Come noto, la legge regionale dell’Emilia-Romagna sul gioco ha introdotto una serie di misure di contrasto alla ludopatia, tra cui il distanziometro degli esercizi dove si esercita il gioco rispetto ad una serie di luoghi sensibili.

Il Comune di Bologna ha approvato, nel 2018, il Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito.

Il caso. Nel caso di specie, il Comune di Bologna, in applicazione della normativa regionale e del Regolamento comunale, ha notificato ad una sala giochi operante nel territorio comunale, un provvedimento con cui ne ha prospettato la chiusura, entro sei mesi, per violazione della distanza minima rispetto ad un luogo di culto.

L’esercente ha presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il Consiglio di Stato si è quindi pronunciato con il parere definitivo 550/2022 che qui si analizza.

Il regime di adozione del Regolamento. Il Consiglio di Stato respinge la censura che mirava a caducare il Regolamento sulla base dell’iter di adozione: sosteneva l’esercente che sarebbe stato necessario seguire il regime del doppio binario (adozione-approvazione). I giudici, infatti, confermando l’orientamento assolutamente maggioritario sul punto, spiegano che il distanziometro interviene nell’ambito della tutela della salute e non in quello della pianificazione urbanistica. Spiegano, cioè, che l’atto impugnato “non ha svolto alcuna funzione di gestione del territorio, ma si è limitato (…) a conformare, imponendogli una certa distanza, le attività di gioco e scommesse sul territorio comunale, in ossequio alle previsioni contenute nella legge Regionale”.

Sganciato dal campo delle previsioni in tema urbanistico, anche le norme in tema di partecipazione dei cittadini interessati vengono meno.

Sulla retroattività. Anche rispetto alla presunta retroattività del distanziometro i giudici non accolgono le censure di parte ricorrente. In primo luogo, il Consiglio di Stato esclude si possa parlare di retroattività in quanto non viene messa in discussione la liceità dell’attività fino a quel momento svolta.

Inoltre, lo stesso provvedimento di chiusura e di delocalizzazione è in realtà costruito in forma progressiva, concedendo termini per l’adeguamento, con l’intervento di più autorità e di più atti determinativi “in forma di piramide rovesciata”.

Sull’effetto espulsivo e la proporzionalità delle misure introdotte. I giudici sottolineano che il fenomeno della ludopatia a Bologna è molto diffuso, anche sulla scorta dei dati forniti al Comune dall’Osservatorio Epidemiologico Metropolitano Dipendenze Patologiche, in cui si evidenzia un aumento del numero di soggetti presi in carico tra il 2011 e il 2017. Ciò consente di ritenere ancor più fondati i provvedimenti limitativi impugnati.

Sul piano dell’effetto espulsivo, il Consiglio di Stato respinge le argomentazioni di parte ricorrente, sottolineando che “dalle cartografie allegate alla relazione trasmessa dal Comune in adempimento delle ordinanze istruttorie disposte dalla Sezione si evince, invero chiaramente, che, dopo l’estrazione della mappatura che evidenzia i luoghi sensibili, sono ancora disponibili aree comunali dove svolgere attività di raccolta di gioco e scommesse”.

(a cura di Marco De Pasquale)