Premessa. La Direzione Investigativa Antimafia ha trasmesso alle Camere la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA nel primo semestre del 2017 (gennaio-giugno) (Doc. LXXIV, n. 10), ai sensi dell’articolo 109 del decreto legislativo n.159 del 2011. Di seguito sono sintetizzati i passaggi più significativi del documento (per le precedenti Relazioni clicca qui e qua).

‘NDRANGHETA

Un progressivo sbilanciamento verso il Centro-Nord. Le attività investigative condotte nel periodo in considerazione riaffermano il carattere unitario dell’organizzazione, soprattutto delle cosche originarie della provincia di Reggio Calabria. Questi clan, operativi su gran parte del territorio nazionale, denotano “spiccate connotazioni affaristiche, imprenditoriali ed istituzionali, in grado di proiettare gli effetti delle proprie decisioni su tutto il Paese. È evidente il progressivo sbilanciamento verso le regioni del centro-nord e la capacità di riciclare e reimpiegare i capitali illeciti, con il traffico internazionale di stupefacenti che rimane la primaria fonte di finanziamento”.

Alcune indagini, come l’operazione “Buena Ventura”, confermano l’esistenza di una grande capacità organizzativa, in grado di utilizzare rotte “imprevedibili” per il narcotraffico. Le ‘ndrine utilizzano il porto di Gioia Tauro e si avvalgono di società operanti nel settore della importazione di prodotti ortofrutticoli, ma operano anche per via area, mediante l’utilizzo di corrieri da destinare a scali del centro-nord Italia. Viene confermato l’utilizzo delle estorsioni, sia come fonte di introito che come mezzo per controllare il territorio. Se ne trae evidenza anche dalla recente inchiesta che ha coinvolto la cosca Giampà nella provincia di Catanzaro.

Forniture di energia e gioco d’azzardo. Ma accanto forme di accumulazione tipicamente delinquenziali, le cosche continuano ad affiancarne di ulteriori, connesse all’infiltrazione dell’economia sana. “Una recente analisi condotta sulla provincia di Crotone ha individuato tra i settori economici più infiltrati quelli delle costruzioni, dei trasporti e magazzinaggio, dei servizi per l’impresa, della fornitura di energia elettrica – anche da fonti rinnovabili – nonché quelli delle sale gioco e scommesse, per i quali si è registrato, negli ultimi anni, un aumento del 500% delle imprese del settore, cinque volte la crescita nazionale”.

L’interesse verso il settore giochi è una peculiarità della cosca Grande Aracri, originaria di Cutro ma coinvolta in altre inchieste giudiziarie sulle infiltrazioni nel Nord Italia. L’operazione “‘Ndragames”, diretta dalla Procura di Potenza, ha fatto emergere il controllo ‘ndranghetista in Basilicata su una serie di attività di noleggio, servizi e manutenzione di macchine per l’esercizio dell’attività di gioco illegale, perpetrato mediante il collegamento, attraverso piattaforme informatiche – anche transnazionali – a siti specializzati non autorizzati.

Appalti ed effetti sulla Pubblica Amministrazione. “La capacità di condizionare l’assegnazione delle commesse pubbliche – sottolinea la DIA – rimane una costante nella strategia delle cosche, tanto in Calabria quanto fuori regione. E questo, con inevitabili effetti sul buon andamento della pubblica amministrazione”. È stato accertato l’inquinamento di almeno 27 gare d’appalto da parte di un gruppo imprenditoriale che fa riferimento alla potente cosca dei Piromalli. Si conferma un grande interesse verso gli appalti della Salerno – Reggio Calabria. Tra le persone sottoposte a fermo, vi sono anche dipendenti di uffici tecnici di alcuni comuni della Piana di Gioia Tauro, uno dei quali era “considerato la testa di ponte della cosca all’interno del Comune per aver pilotato gli appalti, favorendo diverse società edili collegate alla locale famiglia mafiosa”. Nel maggio 2017 è stato sciolto il Comune di Gioia Tauro. Nello stesso periodo è stata sciolta l’amministrazione di Laureana di Borrello: uno degli amministratori è stato riconosciuto come referente politico delle ‘ndrine.

La strategia espansionistica delle ‘ndrine e le “collaborazioni” con altre mafie. “Le motivazioni che hanno portato, nel mese di marzo, in Liguria, allo scioglimento del Comune di Lavagna (GE) sono la testimonianza di una identità criminale sempre uguale, che si ripete e si perpetua. È stata, infatti, ampiamente richiamata l’esistenza di un gruppo criminale collegato ad una potente cosca calabrese, i cui componenti erano dediti prevalentemente ad acquisire appalti pubblici nel settore della raccolta, stoccaggio e trasporto dei rifiuti, nonché a reimpiegare il denaro di provenienza illecita in operazioni ed in investimenti immobiliari, intestati a prestanome. Anche in questo caso non è mancato il sostegno elettorale da parte della consorteria. Una modalità d’azione fuori dall’area di origine che non disdegna – laddove funzionale alla realizzazione di più ampi profitti – forme di compartecipazione criminale delle ‘ndrine con altri gruppi di criminalità organizzata, in primis con cosa nostra, con la camorra, ma anche con la criminalità organizzata pugliese; al pari, non risultano trascurabili le sinergie criminali con i sodalizi di matrice straniera”.

COSA NOSTRA

La successione di Riina e la “mafia 2.0”. Nell’analisi semestrale della DIA viene confermato il protrarsi di una fase di riorganizzazione interna, tra conflitti e nuove alleanze. Cosa nostra trapanese continua ad esercitare il proprio potere “in sintonia” con le cosche che operano in provincia di Palermo e Agrigento. La morte di Riina da una parte e la latitanza di Messina Denaro dall’altra, influenza le dinamiche interne alla Cupola. Sul secondo la DIA acquisisce “segnali interessanti rispetto ad una lenta ma progressiva minore pervasività operativa della sua leadership. Si prospetta la formale apertura di una nuova epoca – quella della mafia 2.0. – sempre più al passo con i tempi, che confermerà definitivamente la strategia della sommersione. Conseguentemente non dovrebbero profilarsi guerre di mafia per sancire la successione di Riina”.

Il momento delle scelte: una nuova cabina di regia. L’utilizzo di metodi collusivi e corruttivi ha superato le azioni di natura violenta, prediligendo la buona riuscita degli affari di Cosa nostra. “Proprio in questa logica, potrebbe farsi spazio l’ipotesi di un accordo tra i capi più influenti, rivolto alla ricostituzione di una sorta di cabina di regia, simile ma diversa dalla Commissione provinciale (che non risulta essersi più riunita dopo l’arresto dei capi storici), intesa quale organismo unitario di vertice, con un prevedibile ritorno in scena dei palermitani”. La DIA mette in evidenza la scarsa propensione al comando degli ultimi reggenti delle cosche, spesso costretti a rivolgersi ai vecchi “uomini d’onore”, chiamati a garantire il rispetto delle regole interne su cui si fonda Cosa nostra.

“Una mafia silente e mercatistica”. Al tempo stesso gli investigatori non sottovalutano l’intatta capacità di offendere dell’organizzazione, capace di conservare un ramificato controllo del territorio. “Pur continuando a perseguire una metodologia operativa di basso profilo e mimetizzazione, rimane una struttura dotata di vitalità e di una notevole potenzialità offensiva, oltre che ancora diffusamente ramificata sul territorio, dove continua ad esercitare ingerenze sugli apparati politico-amministrativi locali. Ci si riferisce, in particolare, allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Borgetto (PA) in conseguenza delle evidenze giudiziarie emerse a seguito dell’operazione “Kelevra” (del maggio 2016), che aveva disvelato le ingerenze di Cosa nostra negli appalti pubblici”.

Cosa nostra appare oggi capace di muoversi in due direzioni: quella geo-referenziata, tramite il controllo del territorio nelle aree storicamente asservite al potere mafioso; quella affaristica, capace di operare in ambienti economico-finanziari. In particolare le cosche si sono “specializzate nella fornitura di beni e servizi anche a favore delle imprese, in funzione della domanda del territorio, con proiezioni verso altri mercati illegali secondari, a più basso impatto criminale. Una nuova organizzazione, come accennato sopra, in grado di privilegiare un modus operandi corruttivo, basato sulle reciproche convenienze, nell’ottica di mostrarsi “silente e mercatistica”. Tra i settori maggiormente infiltrati vi sono il trasporto marittimo, il trasporto dei rifiuti, la filiera agroalimentare, mentre si registra un crescente interesse verso le commesse di affidamento per la manutenzione delle strade, del verde pubblico, dell’edilizia scolastica. “L’attività estorsiva perpetrata in danno degli operatori economici locali – imprenditori, commercianti, artigiani e liberi professionisti – non mostra flessioni, garantendo forte liquidità e controllo del territorio”.

LE “CAMORRE”

Conflittualità e assenza di leadership autorevoli. Non presentando aspetti di natura unitaria, va declinata al plurale la presenza di più strutture criminali, più o meno organizzate, operative sul territorio campano ma in grado di estendere i loro affari al di fuori dei confini regionali. Da una parte vi sono dinamiche violente e incontrollate, dall’altra profonde infiltrazioni perpetrate da parte di “storici clan napoletani e dell’area casertana, nel tessuto economico e imprenditoriale, locale e ultraregionale”.

Si registrano profonde instabilità causate da scontri, anche di natura violenta, per il controllo delle strutture di comando. Gli arresti e/o le collaborazioni di giustizia, l’assenza di leadership autorevoli, vengono indicate dalla DIA come le principali cause della natura mutevole delle strutture criminali.

Piccoli eserciti e giovani criminali. “La disomogeneità strutturale che caratterizza l’attuale sistema criminale – sottolinea la DIA – avrebbe determinato, come conseguenza ulteriore, la fluidità delle alleanze, incidendo sulla stabilità dei rapporti tra i vari gruppi camorristici…Ciò ha originato le scissioni o la nascita di nuove aggregazioni di giovanissimi, sottoposti a criminali altrettanto giovani, animati da ambizioni di potere. La conseguenza è stata il materializzarsi di tanti piccoli eserciti, sovente formati da ragazzi sbandati, senza una vera e propria identità storico-criminale che, da anonimi delinquenti, si sono impadroniti del territorio attraverso una quotidiana violenza più che mai esibita, utilizzata quale strumento di affermazione e assoggettamento ma, anche di sfida verso gli avversari. In questo contesto di fibrillazione criminale, il dato caratterizzante è fornito dall’età dei singoli partecipi, sempre più bassa, non disgiunta dalla commissione di atti di inaudita ferocia, anche dovuta a una percezione di impunità, tanto da indurli a un esordio criminale addirittura da adolescenti…La presenza di un numero elevato di sodalizi che si contendono anche piccoli territori, spesso singole piazze di spaccio, provoca antagonismi che sfociano in scontri sanguinosi. Le zone ove è palpabile il persistente stato di fibrillazione tra i vari gruppi sono i quartieri del centro storico di Napoli e le sue periferie”.

Le strutture più articolate. Accanto a questi eserciti di giovanissimi sbandati, vi sono comunque delle organizzazioni più strutturate, presenti nelle province di Napoli e Caserta, che controllano alcuni quartieri del capoluogo campano e rifiutano esibizioni violente per non disturbare gli affari, perseguendo una classica strategia di mimetizzazione che favorisce le infiltrazioni anche in altri contesti regionali. “Si tratta di sodalizi di pluriennale tradizione camorristica che, nel panorama delinquenziale di matrice mafiosa, restano tra le organizzazioni criminali più strutturate e potenti della Campania, caratterizzate da una consolidata capacità economica ed imprenditoriale di altissimo livello, nonostante il regime detentivo cui sono sottoposti alcuni degli storici reggenti”.

Le infiltrazioni nel settore appalti e nel sistema delle forniture del servizio sanitario regionale – perpetrate attraverso il sistema collusivo-corruttivo – si presentano tra gli affari più lucrosi.

Gli affari criminali. Dal lato dell’illegalità le strutture criminali campane operano soprattutto nel traffico di sostanze stupefacenti, nel contrabbando di sigarette, nello smaltimento e la gestione illecita dei rifiuti, nella commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, nella gestione di giochi e scommesse, nella falsificazione di banconote e documenti, nelle speculazioni edilizie, nel riciclaggio di proventi illeciti, nell’usura e nell’estorsione.

CRIMINALITA’ PUGLIESE

Gruppi senza strategie ma predisposti alla violenza. Il contesto pugliese continua a presentare aspetti molto fluidi, rappresentati dall’esistenza di una pluralità di gruppi diversi, spesso organizzati su base familiare. La DIA sottolinea per molti di essi un’assenza di strategia a lungo termine e una forte vocazione alla violenza. Nella provincia di Bari si registra una particolare fibrillazione di giovani leve criminali e non vi è dubbio sulla loro natura mafiosa, emersa da evidenze investigative che hanno certificato dei riti di affiliazione. “La provincia di Barletta-Andria-Trani è, invece, caratterizzata dalla presenza di gruppi malavitosi che, sfruttando un forte legame con il territorio, esprimono una propria autonomia operativa nonostante le decise influenze criminali derivanti dai gruppi di Cerignola (FG), assieme ai quali si associano, sovente, per la gestione delle attività illecite” quali estorsioni, ricettazione, riciclaggio e traffico di stupefacenti.

Il contesto di Foggia. La situazione della provincia di Foggia è quella che crea maggiore allarme sociale; sottolinea la DIA che “andranno fatti più investimenti in termini di personale da impiegare nel dispositivo di contrasto. L’assenza di un organo verticistico condiviso che possa dettare una strategia unitaria determina uno stato di costante fibrillazione all’interno delle singole aree, cui concorrono diversi fattori, tra cui, anche in questo caso, l’abbondanza di giovani leve. Rilevano, altresì, la massiccia presenza di armi e il radicato vincolo dei sodalizi con il territorio, che favoriscono un contesto ambientale omertoso e violento, dove continuano a registrarsi efferati omicidi. La provincia resta, infatti, una delle poche realtà segnate dalle consorterie mafiose a non aver fatto registrare la presenza di collaboratori di giustizia e quella con il maggior numero di omicidi non scoperti. Su Cerignola insistono delle radicate formazioni criminali, la cui solidità è percepibile, oltre che dal consistente numero di affiliati, anche dalla meticolosa organizzazione delle attività illecite, in diversi casi perpetrate fuori regione”.

MAFIE STRANIERE

 Una maggiore autonomia rispetto al passato. Si rafforzano le considerazioni già espresse in passato dalla DIA e dalla DNA, ovvero di una crescente collaborazione tra le mafie tradizionali e le organizzazioni criminali straniere che operano sul nostro territorio con modalità mafiose. Non solo: se nelle regioni d’origine delle mafie tradizionali operano “previo assenso” delle mafie nostrane, in altre regioni presentano una maggiore autonomia che “sfocia anche in forme di collaborazione quasi paritetica. A ciò si aggiunga la capacità dei sodalizi stranieri di interagire con le organizzazioni di riferimento nei Paesi d’origine”.

Gli affari. Le mafie straniere operano dal traffico di stupefacenti a quello di armi, rifiuti e merci contraffatte, fino alla tratta di persone da avviare al lavoro nero e alla prostituzione. “Gruppi di criminali stranieri risultano, inoltre, frequentemente coinvolti, assieme ad italiani, in indagini riguardanti la falsificazione di carte d’identità e passaporti e di documentazione contabile e amministrativa”. In merito al traffico di stupefacenti la DIA sottolinea come nelle aree urbane del Centro-Nord, le mafie straniere si sono appropriate di quote di mercato, arrivando a gestire l’intera filiera, dall’importazione, allo stoccaggio ed alla commercializzazione, “con la creazione di network che coinvolgono trasversalmente gruppi di diverse nazionalità, ivi compresi gli italiani”.

APPALTI PUBBLICI

Il settore rappresenta una delle principali fonti di introito delle organizzazioni criminali, sia come fonte di reinvestimento di proventi illeciti che attraverso il metodo estorsivo nei confronti degli imprenditori impegnati nella realizzazione delle opere. Molto spesso l’inserimento nel circuito legale attraverso l’assegnazione a consorterie mafiose di opere pubbliche è favorita dalla connivenza di dirigenti e funzionari, tra le cause principali dello scioglimento per infiltrazioni mafiose delle amministrazioni locali.

Appoggiarsi a grandi aziende e unirsi a consorzi. “L’esperienza investigativa – scrive la DIA – ha dimostrato come una delle modalità utilizzate dall’impresa mafiosa per aggiudicarsi gli appalti, superando l’ostacolo dei requisiti fissati dal bando per la partecipazione alla gara, si basi sullo sfruttamento della tecnica di appoggiarsi su aziende più grandi, in grado di far fronte, per capacità organizzativa e tecnico-realizzativa, anche ai lavori più complessi, dai quali risulterebbe altrimenti esclusa. Tra le altre modalità d’infiltrazione praticate attraverso l’utilizzo di forme societarie giuridicamente lecite, è emersa quella dell’affidamento dei lavori da parte dei consorzi alle imprese consorziate, secondo la prassi della scomposizione della commessa in vari sub-contratti, allo scopo di eludere l’obbligo della preventiva autorizzazione”

Il ruolo della DIA nel sistema di prevenzione. La Direzione Investigativa Antimafia sottolinea il proprio ruolo di centralità servente, evidenziata dalla Direttiva del Ministero dell’Interno, emanata il 28 dicembre 2016, “finalizzata a disciplinare i controlli amministrativi antimafia sugli appalti pubblici e privati ribadendo il ruolo baricentrico della Direzione Investigativa Antimafia nello svolgimento delle attività di raccolta degli elementi informativi funzionali al rilascio dell’informazione antimafia e all’iscrizione nell’anagrafe degli esecutori per l’affidamento e l’esecuzione di contratti privati con contribuzione pubblica”.

Le attività di controllo. Nel corso del 1° semestre del 2017 sono stati svolti monitoraggi nel confronto di 668 imprese, così suddivise geograficamente

  • Sud Italia 440
  • Nord Italia 162
  • Centro Italia 66

Parallelamente, sono stati eseguiti accertamenti nei confronti di 7.577 persone fisiche, a vario titolo collegate a queste imprese.

RICICLAGGIO E SEGNALAZIONI DI OPERAZIONI SOSPETTE

Tra gli impegni prioritari della Direzione Investigativa Antimafia rientra l’attività di prevenzione circa l’utilizzo del sistema economico-finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi illeciti. Nel semestre di riferimento la DIA ha analizzato 47.574 segnalazioni di operazioni sospette e registrato 46.877 pervenute dall’U.I.F. Tale analisi ha comportato l’esame di 188.622 soggetti segnalati o collegati, di cui 133.439 persone fisiche e 55.183 persone giuridiche. Fra i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio, gli enti creditizi sono risultati quelli che hanno effettuato il maggior numero di segnalazioni (36.541), seguite dai professionisti (2.079), dagli intermediari finanziari (3.326), dagli istituti di pagamento (2.062) e dagli istituti di moneta elettronica (1.159).

Le 47.574 segnalazioni analizzate hanno determinato il complessivo esame di 221.546 operazioni finanziarie sospette, di cui: 41.510 deflusso disponibilità per rimessa fondi, 30.667 bonifici a favore di ordini e conti, 19.936 prelevamenti con moduli di sportello, 19.422 bonifici in partenza, 18.295 versamenti contanti e/o titoli, 16.084 bonifici esteri, 9.203 disponibilità per rimessa fondi, 8.450 versamenti assegni, 5.428 emissioni di assegni circolari e titoli similari/vaglia, 4.855 prelevamenti contanti inferiori a 15.000 euro, 4.134 versamento contante, 4.067 pagamento per utilizzo carte di credito/POS, 3.979 addebiti per estinzioni assegni.

Il maggior numero di segnalazioni si è registrato, confermando il medesimo trend evidenziatosi nel semestre precedente, nelle regioni settentrionali (105.956), con a seguire le regioni meridionali (51.201) e centrali (45.758), per finire con quelle insulari (14.204). Sono 2.541 le segnalazioni che hanno generato sviluppi investigativi, preventivi e/o giudiziari.

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)