Premessa. La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha diffuso la propria Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo luglio 2015 – giugno 2016. Di seguito viene sintetizzato il capitolo dedicato al narcotraffico.

La leadership criminale. Il narcotraffico resta l’attività irrinunciabile di ogni organizzazione criminale che opera in Italia, per due motivi: gli utili – quasi il 90% del suo fatturato complessivo, dato che non ha eguali in nessun comparto economico – oltre a rappresentare il più rilevante fra tutte le attività gestite, sono in grado anche di finanziare nuove attività lecite o illecite. Non è un caso infatti che ad una leadership nel settore del traffico degli stupefacenti corrisponda una “più ampia e complessiva leadership criminale”. È stato così per la Cosa nostra degli anni Settanta e Ottanta, lo è nelle ultime due decadi per la ‘ndrangheta. I legami, solidissimi, con i cartelli colombiani (produttori) e messicani (esportatori) consente all’organizzazione criminale calabrese di intessere nuove relazioni, anche con altre mafie straniere, oltre che garantire un gettito rilevantissimo di entrate.

Il mercato internazionale e italiano. Le stime dell’UNODC (United Nations Office of Drugs and Crime) sono molto chiare in tal senso. A livello globale il giro d’affari supera i 560 miliardi di euro. In Italia il mercato si aggira sui 30 miliardi di euro – il 2% del PIL nazionale. È chiaro in che modo gestire tale mercato consenta una posizione di predominanza sulle altre organizzazioni criminali.

I consumatori: il 10% della popolazione europea. I consumatori secondo il World Drug Report del 2016 redatto da UNODC sono 247 milioni di persone in tutto il mondo, circa 40 milioni in più rispetto a dieci anni fa.  Il 3,3% della popolazione mondiale, un dato che sale al 5.2% se consideriamo la popolazione concretamente destinataria dell’offerta di droga, ovvero quella compresa fra 15 ed il 64 anni di età. Di quei 247 milioni, ben 32 sono cittadini dell’Unione Europea – il 10% della popolazione fra il 15 ed i 64 anni di età. Percentuale doppia che nel resto del mondo. In Europa si assiste ad un sostanzioso aumento del consumo di cannabis e cocaina e ad un vero e proprio picco in quello dell’ecstasy, rimanendo stabili gli altri consumi di droghe.

I sequestri in Italia. Nel periodo di riferimento della Relazione, la DNA specifica che sono stati sequestrati 612 chilogrammi di eroina, 4388 chili di cocaina (su un totale di 60.000 in Europa), 71.431 chili di cannabis (hashish, marijuana e piante), 21.499 dosi di amfetaminici e 13 chili di LSD. Rispetto ai dati dell’anno passato, calano i sequestri di eroina, aumentano sensibilmente quelli di cocaina e cannabis e si registra un’impennata tra le droghe sintetiche. Dati in linea con i consumi censiti.

Correlazione tra diffusione della corruzione e rilevanza del narcotraffico. Sempre l’UNODC ritiene provata una relazione diretta tra la rilevanza assunta in un Paese dal narcotraffico e la diffusione della corruzione. “Esiste un rapporto diretto fra il rafforzamento delle grandi organizzazioni criminali che trafficano in stupefacenti e la penetrazione di queste nella politica e nella amministrazione pubblica, sia locale che nazionale – scrive la DNA – Sul punto, viene proprio fatto l’esempio della situazione italiana in cui, si evidenzia, che le grandi organizzazioni mafiose (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Mafie pugliesi= mantengono intatte la loro capacità di condizionamento “alto” e “basso” delle istituzioni pubbliche, proprio in quanto dispongono di risorse rilevanti provenienti dal traffico di stupefacenti”.

Il danno all’economia reale. Il danno che il traffico degli stupefacenti comporta nell’economia reale è enorme. Essendo un comparto ad utilità altissima, come si diceva prima il 90% del fatturato, si ritiene che un 10% di questo venga nuovamente investito nel narcotraffico, mentre il restante è immesso nell’economia reale, attraverso reimpiego degli utili illeciti e riciclaggio. Se tale liquidità viene immessa in aziende mafiose o vicine ad esse, si sviluppa una concorrenza sleale nei confronti di chi deve reperire risorse dai normali canali finanziari.

Un patrimonio di 400 miliardi di euro accumulati in 20 anni. “Sul piano nazionale – scrive la DNA – considerando il suddetto fatturato di circa 30 miliardi di euro annui, detratti progressivamente, un 10% di costi, un 10% di investimenti in altre attività criminali e un 10% dovuto all’attività repressiva dello Stato, le nostre organizzazioni narcotrafficanti reinvestono circa 20 miliardi di euro in attività finanziarie ed economiche diverse dal loro specifico settore. Possiamo quindi calcolare che negli ultimi 20 anni, la filiera dei narcotrafficanti attraverso attività di riciclaggio, ha consolidato un patrimonio, oramai “ripulito”, del valore complessivo di circa 400 miliardi di euro”.

Democrazia criminale: il monito della DNA.  Il danno causato dal narcotraffico è a 360 gradi: sanitario, sociale, economico e politico. “Rimanendo invariato l’attuale trend ci porterà a mercati nei quali, progressivamente, i beni ed i servizi che acquisteremo ed il lavoro che avremo, ci saranno, in larga parte, forniti dalla emanazione di associazioni criminali. Dunque, il rischio è che la nostra democrazia liberale si trasformi in democrazia criminale, nella quale, le persone oneste che vogliono mettersi sul mercato ed iniziare una qualsiasi attività economica parteciperanno ad una gara truccata. Nella quale molti dei concorrenti potranno lavorare in perdita, disponendo di liquidità gratuita e quasi illimitata”.

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)