Premessa. La Direzione Investigativa Antimafia ha trasmesso alle Camere la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA nel primo semestre del 2016 (leggi questa scheda; per la precedente relazione leggi quest’altra scheda). Di seguito sono sintetizzati i passaggi più significativi che riguardano il capitolo dedicato alla criminalità straniera che opera sul territorio italiano.
La tratta degli esseri umani. La DIA, come nelle precedenti Relazioni, dedica un capitolo anche all’analisi delle criminalità straniere che operano in Italia, le quali presentano caratteristiche e strutture proprie a seconda dell’area geografica di appartenenza. Queste organizzazioni, il cui centro decisionale opera nei Paesi di origine, insediano nel nostro Paese delle “cellule terminali” chiamate a gestire, spesso in coabitazione con le mafie italiane, traffici di stupefacenti, il mercato della contraffazione, la tratta degli esseri umani e la prostituzione.
Proprio in relazione alla tratta degli esseri umani, la DIA sottolinea come tali organizzazioni abbiano sviluppato un’ampia capacità di gestione e autonomia della filiera: reclutamento, abbandono programmato in mare per provocare l’intervento di supporto, fornitura di documenti falsi, arrivo alla destinazione finale per inserire gli immigrati nei mercati illegali preesistenti. La capacità di organizzazione è tale da essere in grado di pianificare gli allontanamenti dai centri di accoglienza per “dirottare” gli immigrati nelle zone del centro-nord.
Prostituzione, contraffazione, caporalato. Albanesi, rumeni e nigeriani continuano a mantenere un ruolo di primo piano nello sfruttamento della prostituzione in strada. I gruppi cinesi, perlopiù dediti al mercato della contraffazione (sia nella fase produttiva che in quella del commercio), sono anch’essi coinvolti nello sfruttamento, ma la prostituzione viene praticata prevalentemente in luoghi chiusi. Quella che viene definita come una vera e propria “riduzione in schiavitù” viene attuata anche nei confronti dei lavoratori stagionali al Sud, attraverso il fenomeno del caporalato nel settore agricolo. Una forza lavoro a basso costo che viene sfruttata anche in riferimento al settore edilizio e della cantieristica.
Con riferimento alla cosiddetta mafia nigeriana, molto attiva anche nella gestione degli stupefacenti, la DIA evidenzia la presenza sul territorio italiano di “confraternite”, vale a dire “vasti e ramificati network criminali internazionali organizzati sul modello dei clan, all’interno dei quali gli affiliati intimidiscono e sottomettono altri membri e soggetti esterni, praticando rituali voodoo, rapine e sequestri di persona”.
Le organizzazioni cinesi, come si evidenziava attive nel settore della contraffazione, starebbero allargando i propri orizzonti: “La propensione imprenditoriale ed espansionistica della comunità è spesso accompagnata da un concreto attivismo nel settore finanziario: recenti acquisizioni info-investigativo confermano l’operatività della ‘terza generazione’, cui appartengono liberi professionisti ed imprenditori di origine cinese, nati in Italia e rivelatisi in grado di architettare sofisticate operazioni finanziarie”.
Il rapporto con le mafie italiane. Questi gruppi criminali di origine straniera mantengono rapporti di collaborazione con le organizzazioni italiane, soprattutto per quanto concerne il mercato degli stupefacenti. In alcuni casi, come nel rapporto con gruppi albanesi, la collaborazione sfocia in una vera e propria struttura organizzata con alle spalle anni di esperienza. Una collaborazione che si estende anche alla fase successiva, vale a dire il reimpiego dei proventi illeciti.
(a cura di Claudio Forleo, giornalista)