Premessa. La Direzione Investigativa Antimafia ha trasmesso alle Camere la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA nel primo semestre del 2016 (leggi questa scheda; per la precedente relazione leggi quest’altra scheda). Di seguito sono sintetizzati i passaggi più significativi del capitolo dedicato alla ‘ndrangheta, la criminalità organizzata calabrese.
L’unitarietà e il verticismo della ‘ndrangheta. La sentenza pronunciata dalla Cassazione il 17 giugno 2016 sull’inchiesta “Crimine” ha definitivamente sancito il concetto di unitarietà della ‘ndrangheta, “un tutt’uno solidamente legato, con un organismo decisionale di vertice ed una base territoriale”. Un vertice riconoscibile nell’organismo definito “Crimine” o “Provincia”, che copre idealmente l’intero territorio della provincia di Reggio Calabria. Struttura che si divide nei tre mandamenti (tirrenico, centrale e ionico) a cui è destinato il controllo della Piana di Gioia Tauro, della città di Reggio Calabria e della “Montagna” (la costa ionica). “Le propaggini della ‘ndrangheta reggina, pur godendo di una “autonomia” sotto il profilo delle decisioni di tipo tattico, nel caso di decisioni di portata strategica debbano comunque riferire alla casa madre in Calabria”.
Bivalenza e versatilità dell’organizzazione. Viene confermata la bivalenza della ‘ndrangheta: da un lato un carattere arcaico, cementato nelle prassi, nei giuramenti e nelle regole che rappresentano la base e la forza di un sistema che si perpetua. Dall’altro un carattere versatile, capace di adattarsi a nuovi contesti, di mutare forma, di cogliere ogni occasione di profitto.
La DIA pone tra gli esempi che fotografano le caratteristiche ‘ndranghetiste lo scioglimento dell’amministrazione comunale di Brescello, in provincia di Reggio Emilia: “Appare emblematico il passaggio della Commissione di accesso, nella parte in cui denuncia che ‘l’atteggiamento iniziale di probabile inconsapevolezza dell’ambiente politico locale si è tradotto col tempo in acquiescenza”. La versatilità della ‘ndrangheta viene fuori nella capacità di stringere relazioni con “soggetti corrotti degli apparati istituzionali” e “professionisti piegati alle logiche mafiose”. La capacità di unire alle nuove generazioni ‘ndranghetiste, figli e nipoti dei vecchi boss, perfettamente inseriti nel tessuto economico e sociale del Nord, i professionisti locali “attratti consapevolmente alla ‘ndrangheta”.
La strategia ‘ndranghetista. “Una strategia – scrive la DIA – che si esprime con la stessa forza e con le stesse logiche anche sul piano internazionale, dove le importanti investigazioni concluse nel semestre testimoniamo come la ‘ndrangheta sia in grado di spaziare indifferentemente dalle sofisticate operazioni finanziarie finalizzate al riciclaggio e al reimpiego di capitali, al tenere contatti con le organizzazioni colombiane per la gestione dei grandi traffico di stupefacenti, in questo potendo contare su una rete strutturata di affiliati distribuiti sui principali hub portuali internazionali”.
Le principali ‘ndrine. A Reggio Calabria (mandamento centrale) si conferma la presenza di un direttorio mafioso sovraordinato alle altre famiglie, rappresentato dalle figure apicali delle storiche consorterie dei De Stefano, Condello, Libri e Tegano.
Il mandamento tirrenico (piana di Gioia Tauro) è profondamente segnato dalla presenza dei Piromalli, a cui si affiancano le cosche Molè e Oppedisano, tutte ‘ndrine che operano sul porto di Gioia Tauro, uno dei principali accessi europei per la cocaina proveniente dal Sudamerica.
Il mandamento ionico conferma la “dimensione transnazionale dei traffici di stupefacenti facenti capo alla ‘ndrangheta e la capacità di questa di condizionare l’operato di pubblici funzionari e di infiltrare le attività economiche anche attraverso pressanti pratiche usurarie”
Le altre province. La provincia di Catanzaro è influenzata dall’attività dei Grande Aracri di Cutro, sovraordinata ai gruppi storici dei Gaglianesi e degli Zingari. Sul versante jonico della zona di Soverato “persiste quasi incontrastata” la locale dei Gallace di Guardavalle, supportata dalle ‘ndrine dei Gallelli, Procopio e Mongiardo.
Nella provincia di Vibo Valentia domina la scena la ‘ndrina dei Mancuso, nota per la capacità di penetrazione negli apparati politico – amministrativi e nel settore economico attraverso notevoli investimenti finanziari, in una zona ad alta densità turistica.
La zona di Crotone vede la presenza dei già citati Grande Aracri, capaci di estendere la propria influenza in Calabria (anche nel basso cosentino) e fuori dalla regione (Emilia-Romagna, Lombardia e Lazio). Restano operative le storiche consorterie di Isola Capo Rizzuto (Arena, Nicoscia), Cirò Marina (Farao-Marincola) e Strongoli (Giglio).
Nella provincia di Cosenza “il panorama criminale appare sostanzialmente immutato rispetto ai semestri precedenti, restando caratterizzato dall’operatività del gruppo Rango-Zingari, sorto dalla fusione tra i superstiti della cosca Bella e il gruppo degli Zingari cosentini. Avrebbe stretto un patto con le compagini dei Perna-Cicero e Lanzino – Ruà”.
La ‘ndrangheta sul territorio nazionale. Le linee di tendenza tracciate nelle precedenti relazioni vengono confermate in Piemonte, dove alcune consorterie hanno replicato sui territori della Val di Susa, Val d’Ossola e Basso Piemonte le strutture già esistenti in Calabria, mantenendo un’autonomia gestionale. Analoga considerazione viene fatta dalla DIA sulla presenza ‘ndranghetista in Liguria, regione in cui le cosche hanno interessi prettamente economici, mantenendo legami con l’imprenditoria e la politica locale.
Il territorio della Lombardia si conferma quello “maggiormente segnato o alle proiezioni ultraregionali della ‘ndrangheta – scrive la DIA – avendo fatto registrare la più alta concentrazione di locali, che gli esiti giudiziari degli ultimi anni collocano a Bollate, Cormano, Milano, Pavia, Corsico, Mariano Comense, Seregno-Giussano, Desio, Rho, Pioltello, Legnano, Erba, Bresso, Limbiate, Canzo e Solaro, Fino Mornasco, Cermenate e Calolziocorte, tutte facenti capo ad un organismo di coordi namento in stabile rapporto con la Calabria, denominato la Lombardia, diretta promanazione del Crimine di Reggio Calabria”.
Nel Nord-Est la ‘ndrangheta mostra segni di operatività in Veneto (a Padova, nell’est veronese e nel basso vicentino) tramite il traffico di stupefacenti e infiltrazioni nei settori del turismo, della ristorazione e dell’edilizia. Il Friuli, regione a forte vocazione industriale, viene considerato a rischio “in un momento economico particolarmente delicato” con possibili tentativi di infiltrazione da parte di ambienti criminali “attraverso il ricorso ad una silente contaminazione del sistema produttivo”.
E’ nota anche alle cronache la radicata presenza ‘ndranghetista in Emilia-Romagna, capace di condizionarne tessuti economici, produttivi e sociali, anche attraverso i forti legami stretti con alcuni apparati amministrativi. Numerose le ‘ndrine operanti sul territorio: i Grande Aracri tra Bologna, Reggio Emilia, Parma e Piacenza; i Pesce, i Bellocco, i Mancuso, i Condello, gli Acri a Bologna; gli Arena a Modena; i Dragone a Reggio Emilia; i Vrenna e i Mazzaffero sulla costa romagnola.
“La Toscana – scrive la DIA – sebbene in forma meno strutturata rispetto ad altre aree del centro-nord, continua a far a registrare presenze di soggetti collegati alle cosche crotonesi, reggine e della provincia di Cosenza che, a fattor comune, sarebbero entrate in relazione con la realtà economica locale per riciclare denaro o per sostituirsi progressivamente nella conduzione delle attività commerciali”.
In Umbria e Abruzzo vengono segnalate alcune operazioni di sequestro di beni a soggetti collegati a ‘ndrine del crotonese e del reggino. Nel Lazio la strategia si conferma in linea con quella perseguita da altre mafie storiche che operano nella regione: presenza nei mercati immobiliari, commerciale e finanziario, riciclaggio dei proventi illeciti. Forte e radicata la presenza di cosche calabresi a Roma, nel Sud pontino e in provincia di Viterbo.
La mafia calabrese all’estero. La ‘ndrangheta è da tempo un’organizzazione criminale globalizzata, presente in tutti i continenti in cui esporta il proprio “modello di successo” sperimentato sul territorio nazionale. La DIA scrive di “propaggini strutturate” presenti in molti paesi europei (Germania, Svizzera, Spagna, Francia, Olanda), in Australia, nel continente nordamericano (Canada e Stati Uniti), in Messico e Costa Rica, e nel Sud America (Colombia, Argentina, Brasile).
In questi territori la ‘ndrangheta gode di basi logistiche e strutture operative utili per la gestione del traffico di stupefacenti. Alcuni paesi europei vengono invece utilizzati per riciclare i proventi illeciti (Malta, Svizzera) o come rifugio per i latitanti (Belgio e Olanda).
“In Australia sono state registrate presenze di soggetti criminali italo-australiani di terza o quarta generazione, che avrebbero costituito organizzazioni speculari alle cosche calabresi. In alcuni casi, tali gruppi sono risultati in collegamento con le omologhe strutture italiane, per l’esecuzione coordinata di attività di portata transnazionale, come il traffico di stupefacenti o il riciclaggio di capitali. Queste strutture australiane sarebbero, a loro volta, ulteriormente collegate con altre frange di diversa estrazione criminale attive sia in Europa, in Cina che Sud America, per l’approvvigionamento, nell’ordine, di droghe sintetiche, precursori e cocaina”.
(a cura di Claudio Forleo, giornalista)