PREMESSA. Il Ministro dell’Interno ha trasmesso alle Camere la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel II semestre del 2022, della quale si riportano i punti salienti. La DIA ha messo a disposizione anche un abstract.

In particolare, l’attenzione è focalizzata sulle connotazioni strutturali e sulle linee evolutive delle principali mafie italiane (‘ndrangheta, Cosa nostra, Camorra, mafie pugliesi e lucane) e straniere, sul tema degli appalti pubblici e Pnrr e sulle attività di prevenzione del riciclaggio.

‘NDRANGHETA. La situazione complessiva concernente la ‘ndrangheta non è mutata, secondo la Relazione, rispetto al primo semestre. Permane, in particolare, una struttura unitaria, con organismo di vertice (denominato “provincia” o “crimine”), articolata in tre mandamenti (centro, jonico, tirrenico), nel cui ambito si sviluppano le varie locali. È stato proprio il cd. Processo Crimine a confermare questa struttura. Ultimamente va segnalata anche l’affermazione, in certi casi, di figure femminile al vertice di qualche sodalizio, soprattutto in conseguenza di operazioni giudiziarie che colpiscono gli esponenti apicali.

Sul piano dei traffici illeciti, la ‘ndrangheta si conferma leader nel settore degli stupefacenti, anche grazie alla diffusa capacità di stringere rapporti funzionali con organizzazioni italiane (su tutte, cosa nostra e camorra) e straniere (in primis albanesi), con un riconosciuto ruolo di universale livello poiché affidabili sul piano criminale, solvibili su quello finanziario e capaci di gestire una complessa e affidabile catena logistica per il trasporto transoceanico, dai Paesi sudamericani verso l’Europa, dei carichi di droga. Emerge, negli ultimi anni, il coinvolgimento di aree dell’Africa occidentale. Accanto a questo, la Dia segnala il costante interesse per le attività di usura e racket, con l’elemento positivo, sottolineato dal Prefetto di Reggio Calabria, della maggiore tendenza alla denuncia di questi fatti delittuosi.

Sul piano della proiezione esterna, la Relazione conferma l’esistenza di 46 locali nel nord-Italia, così suddivise: 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. A ciò, aggiunge la Dia, si somma l’Emilia-Romagna, con una rilevata ragguardevole incisività delle cosche calabresi.

Non solo: sono segnalati anche inediti rapporti tra una cosca calabrese e un clan di Ostia e del litorale laziale, contatti attivati nel contesto del carcere.

Nei contesti di non tradizionale insediamento, la ‘ndrangheta infiltra i principali settori economici e produttivi adottando moduli operativi fondati sui tradizionali valori identitari con “proiezioni” locali che fanno sempre riferimento al cd. Crimine.

Fuori dalla penisola, la presenza ndranghetista riguarda molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania), il continente australiano e quello americano (Canada, USA, Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, Australia, Turchia ed Ecuador). In generale, le organizzazioni calabresi sanno approfittare delle disarmonie tra i diversi ordinamenti giuridici reinvestendo i capitali illecitamente accumulati nei Paesi in cui risulta assente o più difficile la collaborazione tra le Autorità Giudiziarie, mostrandosi particolarmente inclini al narcotraffico, alle attività estorsive e al riciclaggio

L’attenzione delle cosche calabresi per gli affari e il profitto si concretizza anche nella capacità di infiltrazione degli organi amministrativi e delle compagini elettorali degli Enti locali (controllo delle risorse pubbliche e dei fondi statali e comunitari, accrescimento del consenso sociale, ecc).

Tra le attività economiche di interesse della ndrangheta, la Relazione segnala la gestione dei lidi balneari (con condizionamento delle procedure d’assegnazione delle concessioni demaniali), il controllo e la gestione del patrimonio boschivo e della guardiania (tramite l’imposizione del pizzo anche sulla compravendita dei terreni), il settore edilizio e il comparto immobiliare(con l’emersione, in un caso trattato dalla Dia, di un’associazione per delinquere composta anche da imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare).

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA SICILIANA. Anche con riferimento alla situazione criminale in Sicilia non si registrano particolari mutamenti. Cosa nostra, nonostante le attività di contrasto, continua a manifestare spiccate capacità di adattamentoe di rinnovamento per il raggiungimento dei propri scopi illeciti.

Riprendendo le parole del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Palermo, “proprio la cattura di Matteo Messina Denaro dimostra che cosa nostra esiste ancora e, superata la frattura fra corleonesi e perdenti, prosegue nei suoi traffici attraverso la strategia della sommersione che ha consentito al latitante più ricercato dell’organizzazione di farsi curare in una clinica di Palermo per un lungo periodo, come negli anni ottanta, allorché le reti di protezione e l’omertà, ben miscelate, consentivano ad altri mafiosi latitanti di girare indisturbati per le vie della città”.

L’organizzazione si fonda sull’affermazione e la crescita di nuovi esponenti che sfruttano gli spazi lasciati dalla prolungata assenza al vertice di una autorevole e riconosciuta leadership. In altri casi, sono invece gli anziani uomini d’onore, ritornati in libertà, a tentare di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di appartenenza.

In ogni caso, segnala la Relazione, emerge una capacità attrattiva di cosa nostra sulle giovani generazioni, coinvolgendo non solo la diretta discendenza delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, un bacino di utenza più ampio al fine di ampliare la necessaria manovalanza criminale, specialmente nelle zone periferiche o più degradate; ciò vale anche nel settore del traffico degli stupefacenti: la Relazione, segnala, ad esempio, che in alcuni quartieri di Catania il cd. spaccio al minuto sarebbe considerato alla stregua di una occupazione e, quindi, un’occasione di rapido guadagno per molte famiglie, non necessariamente mafiose, disposte anche a coinvolgere i figli minori.

Cosa nostra continua a perseguire una strategia di sommersione, con un minimo ricorso alla violenza e l’orientamento, invece, a perseguire un “sereno” arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere e a ricercare l’appoggio, qualificato, dei funzionari pubblici, dei rappresentanti delle Istituzioni locali e degli imprenditori.

Tra le attività principali, la Dia segnala il traffico di stupefacenti, con l’esistenza di un privilegiato canale di negoziazione soprattutto con le cosche calabresi, ma senza escludere la possibile riattivazione, nel tempo, dei vecchi flussi con i fornitori del continente americano e riacquisire lo storico ruolo di player internazionale nell’ambito del narcotraffico.

L’estorsione, ambito strategico per il sostentamento dei familiari dei detenuti e per l’espressione di una forma di controllo del territorio, avviene oggi anche in forme più subdole e meno evidenti: alle consegne di denaro, ad esempio, si sostituirebbero le assunzioni o le forniture di prodotti e servizi che, per gli operatori economici vessati, risulterebbero maggiormente graditi poiché “costo d’impresa, ben tollerato, o addirittura richiesto, in cambio di protezione”.

Tra i settori attenzionati, spiccano l’agro-pastorizia (anche per le possibilità di illecita acquisizione dei contributi comunitari concessi per lo sviluppo rurale dell’Isola) e il gioco d’azzardo, settore quest’ultimo che garantisce una singolare modalità di controllo del territorio, strumentale anche per il riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.

In Sicilia non è presente solo cosa nostra. Tra i sodalizi autoctoni più attivi, la Relazione dedica spazio alla stidda (che per certi versi riprende alcuni moduli organizzativi di cosa nostra); tra i clan stranieri, invece, è necessario prestare attenzione ai sodalizi di origine nigeriana basati sul cultismo (soprattutto per quel che concerne il traffico di stupefacenti, la prostituzione e la tratta di esseri umani) e quelli di provenienza tunisina (dediti soprattutto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina).

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CAMPANA. La camorra, secondo le ricostruzioni della Dia, continua a presentarsi come una pluralità di fenomeni delinquenziali, eterogenei e complessi, connotati da peculiarità evolutive indotte dai molteplici fattori storici, economici e sociali derivanti dai contesti territoriali di riferimento.

Convivono, cioè, associazioni mafiose storiche, con strutture consolidate e persistenti mire crimino-affaristiche protese oltre i tradizionali confini delle aree di origine, e formazioni delinquenziali minori, prevalentemente di tipo familistico, il cui principale fattore identitario è rappresentato dal territorio in cui tentano di affermare la propria leadership criminale, ricorrendo spesso anche ad azioni violente.

Tra i territori più interessati, spiccano le province di Napoli e Caserta in cui i cartelli e i sodalizi più strutturati, insieme alla gestione delle attività illecite, assumono il ruolo di vere e proprie imprese mafiose diventando così competitivi e fortemente attrattivi anche nei diversi settori dell’economia legale. Ciò avviene anche mediante pratiche collusive/corruttive, alterando significativamente le regole di mercato, anche in interi comparti produttivi.

Le formazioni minori, invece, in posizione spesso strumentale e servente alle organizzazioni più grandi, concentrano le loro azioni sui tradizionali affari illegali quali lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e l’usura che incidono in maggior misura sulla sociale percezione di insicurezza.

In questo quadro, la Relazione segnala come, soprattutto nell’area metropolitana, emergono le azioni delle cd. baby gang, che trovano terreno fertile soprattutto in contesti ambientali “degradati” e caratterizzati da un elevato tasso di dispersione scolastica.

Tra le relazioni esterne delle organizzazioni più strutturate, spiccano i rapporti con la Pubblica amministrazione, soprattutto finalizzati al condizionamento dei processi decisionali per l’affidamento degli appalti pubblici (ed eventualmente dei subappalti). In questo senso, la Relazione riporta che nel II semestre 2022, sono state avviate attività istruttorie dalle Commissioni Straordinarie prefettizie in ben 6 comuni, oltre a 40 interdittive antimafia.

Tra i settori più attenzionati rientrano soprattutto quelli ad alto profitto e con ridotto rischio giudiziario come il contrabbando di carburanti, il ricorso alla creazione di c.d. società “cartiere” (fittiziamente costituite per l’approvvigionamento di prodotti petroliferi senza l’applicazione dell’IVA), le frodi fiscali, le truffe assicurative, oltre al controllo delle aste fallimentari e delle procedure di esecuzione immobiliare. Va rilevato, inoltre, anche il grande interesse per la gestione delle case popolari, che unisce ingenti guadagni e controllo del territorio.

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PUGLIESE. La fotografia del contesto criminale pugliese conferma la suddivisione delle varie realtà in: mafie foggiane (a sua volta articolate in: società foggiana, mafia garganica, malavita cerignolana e mafia dell’Alto Tavoliere), camorra barese e sacra corona unita.

La relazione sottolinea il trend di crescita, con la coesistenza di profili legati alla tradizione delle c.d. mafie storiche (con particolare riferimento alla ‘ndrangheta e alla camorra cutoliana, da cui attingono, ad esempio, le mafie foggiane) ed altre elaborazioni criminali originali e autoctone, ispirate ad un pragmatismo-utilitaristico.

Si tratta, in generale, di un contesto caratterizzato da parcellizzazione dei gruppi e dinamismo, con la compresenza di forme di controllo militare del territorio e di interessi economici: la linea evolutiva tracciata dalla Relazione è proprio quella della trasformazione in vera e propria mafia degli affari.

I percorsi di infiltrazione mafiosa nei circuiti economico-imprenditoriali traggono origine, spiega la Dia, dal considerevole afflusso di capitali illeciti derivanti dal traffico, anche internazionale, di stupefacenti e dagli ingenti profitti discendenti dalla recrudescenza del fenomeno estorsivo. Trovano, quindi, forme di reimpiego e reinvestimento in una vasta serie di attività.

Se la camorra barese, con spiccato senso degli affari, privilegia settori remunerativi come il contrabbando di TLE e il settore del gioco d’azzardo e delle scommesse online (accanto alle più tipiche attività di spaccio, di estorsione e di usura, utili anche per consolidare il controllo del territorio), la mafia foggiana tende ad approfondire la sua capacità di penetrazione nel tessuto imprenditoriale e all’interno degli Enti locali (come dimostrano i numeri dei Comuni sciolti per mafia).

La struttura, come accennato combina la presenza di una rigida struttura familistica, uno spiccato radicamento territoriale, una vocazione affaristica e modelli federativi con strategie che coinvolgono territori limitrofi (anche di altre regioni).

La Relazione traccia le linee di presenza mafiosa anche in altri territori della regione, dal Salento alla provincia di Taranto e a quella di Brindisi.

Infine, le relazioni oltreconfine si rivolgono prevalentemente al traffico di stupefacenti e al cosiddetto pendolarismo criminale finalizzato alla commissione di reati predatori. Segnali di queste presenze sono stati colti in Lazio, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Molise. Non mancano contatti con territori esteri e, in particolare, con l’Albania per l’approvvigionamento di carichi di stupefacenti via mare.

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA LUCANA. La situazione criminale della Basilicata si distingue, anzitutto, tra zona costiera ed entroterra. Nella prima (soprattutto la fascia jonica), persisterebbero i sodalizi calabresi e pugliesi mentre nella provincia di Potenza agirebbero anche gruppi legati alla camorra e alla ‘ndrangheta. È una regione, dunque, che risente particolarmente dei contesti mafiosi limitrofi.

I modelli organizzativi si fondano sulla struttura familistica e a clan, in un territorio caratterizzato da un sistema mafioso endemico e complessivamente stabile, tenuto conto della frammentarietà delle organizzazioni e dell’assenza di un vertice condiviso.

Sul piano delle attività condotte, spicca anzitutto il traffico di stupefacenti: un fenomeno che, in Basilicata, si presenta ad assetto variabile, con differenti geometrie, mutevoli equilibri e con emergenti soggetti apicali che, sfruttando il carisma criminale evocato dalla loro contiguità o appartenenza ad organizzazioni criminali già egemoni nel territorio, si impongono con modalità prevaricanti e con “metodo mafioso” per monopolizzare il peculiare mercato illecito.

L’ampia vocazione turistica di alcune zone della regione, inoltre, espone il territorio a fenomeni di recrudescenza criminale, quale fonte attrattiva per gli interessi illeciti della criminalità autoctona e di quella organizzata insediata nelle regioni limitrofe.

Continua, inoltre, a persistere il fenomeno del caporalato, nelle zone agricole di Basilicata e Puglia. Tra gli strumenti messi in campo per fronteggiare il fenomeno si segnala il Tavolo di contrasto al caporalato e la Task force interforze.

LE CRIMINALITÀ ORGANIZZATE STRANIERE. Un’analisi compiuta del contesto criminale della penisola deve tenere conto, oltre che delle organizzazioni di tradizionale insediamento, anche di quei gruppi criminali, di origine straniera, che costituiscono una presenza ormai stabile e consolidata nel territorio.

La Relazione traccia, per ciascuna di esse, le caratteristiche fondamentali, individuando anche le forme di coesistenza con le organizzazioni già presenti, che avviene secondo moduli in certi casi consolidati, in altri inediti.

Il quadro della situazione si pone, secondo la Dia, in termini di continuità rispetto alla cornice di riferimento risultante dalle precedenti semestrali. In alcuni casi, le pronunce giudiziarie hanno riconosciuto i caratteri tipici dell’agire mafioso tanto nella struttura quanto nell’operatività criminale di taluni sodalizi.

Le organizzazioni criminali albanesi concentrano i loro interessi intorno al traffico di stupefacenti e di armi illegali. Presentano un’organizzazione interna caratterizzata da una consolidata componente solidale e familistica e da un alto grado di organizzazione e specializzazione. Ciò produce allarme non solo nel nostro paese, ma anche nel contesto internazionale.

La criminalità organizzata di origine nigeriana replica, in Italia e in Europa, un modello già consolidato e costituito dalla involuzione criminale delle confraternite universitarie (i cults), con diffusione omogena nel Paese. Le attività criminali dei vari gruppi sono molte e diversificate: sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, immigrazione illegale, spaccio di stupefacenti, frodi informatiche e riciclaggio. Nel corso degli anni si sono dotati di una struttura multilivello capace di assicurare un controllo capillare del territorio, con le caratteristiche dell’omertà, dell’assoggettamento delle vittime e di un rigido vincolo associativo. La Dia, a tal proposito, propone un parallelismo con la struttura tipica della ndrangheta.

La criminalità cinese presenta una struttura gerarchica, chiusa, fondata su relazioni familiari e solidaristiche, spesso impenetrabile alle contaminazioni o collaborazioni esterne (ciò che la rende particolarmente insidiosa anche sul piano della repressione giudiziaria). A differenza degli altri gruppi di origine straniera, dunque, sono più rari gli accordi con le altre organizzazioni criminali, a partire da quelle autoctone. Tra le attività di interesse, la Relazione segnala lo sfruttamento della prostituzione, i reati finanziari, le attività illecite di money transfer, la detenzione e lo spaccio di metanfetamina, eseguiti pressoché in regime di monopolio da pusher orientali, le estorsioni e le rapine (quasi esclusivamente in danno di propri connazionali).

La criminalità romena si presenta con due distinte forme: alcuni gruppi poco strutturati, orientati alla commissione di reati predatori (con amplificazione del senso di insicurezza); altri sodalizi, più complessi ed articolati, più simili alle organizzazioni mafiose autoctone (intermediazione illecita, sfruttamento della manodopera, traffico di droga).

Gli altri gruppi citati nella Relazione sono attivi prevalentemente nel traffico di stupefacenti e nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per la criminalità organizzata di origine sudamericana, che opera soprattutto nel nord-Italia e nel Lazio, si deve rilevare la collaborazione con altre consorterie straniere o italiane nella gestione dei traffici di droga proveniente dall’America latina. Per i gruppi cd. balcanici la Relazione sottolinea la propensione per i reati contro il patrimonio, il traffico di stupefacenti e di armi, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione. Per le organizzazioni provenienti dal Medio Oriente e dal Sud-est asiatico, la Dia evidenzia forme di cooperazione con la criminalità dell’area balcanica, nonché con quella turca e greca.

GLI APPALTI PUBBLICI. Nel secondo semestre 2022 la Dia ha concluso 684 monitoraggi nei confronti di altrettante imprese e, rispetto alla fase di esecuzione dell’appalto, 41 ispezioni ai cantieri (con il contestuale controllo di 1.149 persone fisiche, 270 imprese e 762 mezzi d’opera), come mostrano le tabelle contenute nella Relazione.

La Relazione segnala che nell’ambito dell’accesso ai cantieri è stato sottoscritto ed è diventato operativo un Protocollo con il Friuli-Venezia Giulia, denominato Intesa per legalità, con lo sviluppo e la realizzazione di un sistema informatico in grado di rispondere alle esigenze di efficacia e celerità nella gestione e nel controllo degli appalti in tutte le loro fasi, compresi gli accessi ispettivi ai cantieri disposti dalle Prefetture competenti ed eseguiti dai Gruppi Provinciali interforze.

L’altro importante strumento rispetto al settore degli appalti pubblici è quello della verifica della documentazione antimafia. In tale ambito, il complesso normativo si riferisce, in particolare, alla comunicazione antimafia e all’informazione antimafia. L’insieme della documentazione antimafia prodotta confluisce nella Banca Dati Nazionale unica della Documentazione Antimafia (BDNA), e deve essere acquisita prima della stipula, dell’approvazione o dell’autorizzazione di contratti o subcontratti legati a lavori, servizi, forniture.

In quest’ambito, afferente al campo della prevenzione antimafia, la DIA garantisce il proprio contributo per il monitoraggio delle commesse e degli appalti assicurando l’istruttoria delle richieste di verifiche antimafia inoltrate dalle Prefetture per vagliare l’assetto delle imprese interessate e la loro possibile infiltrazione mafiosa, con l’obiettivo di non rallentare la tempistica dell’esecuzione delle opere.

La Relazione riporta, in grafico e in tabella, l’insieme dei provvedimenti interdittivi emessi nel II semestre 2022 (con un confronto con gli stessi dati riferiti al primo semestre 2022).

IL PNRR. Tutte le considerazioni appena svolte, in tema di appalti pubblici, valgono a maggior ragione anche in relazione ai fondi del PNRR, come noto oggetto di interesse per le organizzazioni mafiose. Specifica la Dia nella Relazione che il “Dipartimento per l’amministrazione generale, per le Politiche del personale dell’amministrazione civile e per le Risorse strumentali e finanziarie” del Ministero dell’Interno ha aggiornato il sistema informatico della BDNA con l’inserimento di nuove voci dedicate al PNRR: la condivisione e, quindi, il tracciamento delle informazioni ivi contenute consente, tra l’altro, di monitorare l’adozione di eventuali provvedimenti emessi dall’Autorità prefettizia nei confronti di operatori economici coinvolti nell’attuazione degli interventi sul conto dei quali siano emersi elementi di rischio infiltrativo.

La Dia rende noto, inoltre, di aver sottoscritto un protocollo d’intesa con il Ministero della Cultura per rafforzare le attività di prevenzione ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nell’utilizzo dei fondi destinati agli investimenti pubblici con particolare riferimento al PNRR.

LA PREVENZIONE DEL RICICLAGGIO. Coerentemente con i consistenti interessi economici delle organizzazioni mafiose, la DIA svolge un ruolo di primo piano nell’analisi e nell’approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette (s.o.s.) al fine di prevenire l’utilizzo del sistema economico-finanziario a scopo di riciclaggio.

Nel corso del II semestre 2022 le SOS complessivamente analizzate risultano 80.249, oltre il 15% in più rispetto al II semestre 2021 e circa il 33% rispetto al corrispondente periodo nel 2020.

In relazione alle 80.249 SOS analizzate, i corrispondenti soggetti segnalati sono risultati 836.536 (dei quali 518.805 persone fisiche) sul conto dei quali sono stati effettuati tutti gli ulteriori riscontri informativi agli atti della DIA.

Per i profili d’interesse della DIA hanno assunto rilievo 45.715 SOS, 33.804 delle quali con riscontri positivi mentre le restanti n. 11.911 SOS sono risultate collegate, direttamente dalla UIF alle precedenti, in presenza di significative ricorrenze (soggetti tra loro collegati, soggetti coinvolti nella stessa indagine, operatività collegata o medesime modalità operative, medesimo/i soggetto/i, informazioni integrative, segnalazioni approfondite nella medesima relazione tecnica).

Nell’ambito del flusso documentale in esame, con riferimento alle segnalazioni ricondotte dai segnalanti a fenomenologie di più attuale interesse operativo, si collocano, specifica la Dia, 999 SOS legate al Covid e 80 SOS riferibili a presunte “anomalie connesse con l’attuazione del PNRR”.

Tra i soggetti obbligati, primeggiano anche in questo semestre le segnalazioni provenienti dagli intermediari bancari e finanziari (quasi l’82% del totale).

La ripartizione delle complessive 1.042.761 operazioni evidenzia, in controtendenza rispetto al precedente semestre, una paritetica distribuzione nelle aree del Sud Italia/Isole e del Nord, in entrambe con una percentuale superiore al 35%.

CONCLUSIONI. Il secondo semestre 2022, nella lettura che ne dà la Dia, appare in continuità con i precedenti, e risulta in particolare caratterizzato da un limitato ricorso alla violenza o ad atti eclatanti anteposti, dagli stessi sodalizi mafiosi, ad una silente penetrazione del tessuto economico imprenditoriale, implementando le capacità relazionali, anche verso gli Enti locali e la PA, e le tecniche corruttive.

Le organizzazioni mafiose, accanto alle “classiche” attività criminali quali il narcotraffico, le estorsioni, lo sfruttamento della prostituzione e del lavoro clandestino, concentrano una parte consistente dei loro interessi in quegli ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti (vd. alcuni reati “satellite” come il traffico di rifiuti, le fatturazioni per operazioni inesistenti, le truffe, le false compensazioni di crediti tributari e l’evasione dei contributi previdenziali ed assistenziali).

Riprendendo le parole del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo Lia Sava, quella che odierna è una “mafia liquida capace di passare attraverso i differenti stati della fisica. A volte è allo stato gassoso e la respiriamo in certi contesti ambigui, dove è difficile toccarla ma se ne avverte l’olezzo della compiacenza e dell’ammiccamento. A volte è solida, fredda come il ghiaccio, taglia e ferisce, perché al bisogno è capace di uccidere ancora. Nel suo stato naturale è fluida, si insinua in ogni spazio lasciato libero dallo Stato e dall’etica ed abbiamo motivo di ritenere che questo spazio abbia dimensioni significative”. Non solo: ciò che non deve mai far abbassare la guardia è la conferma della capacità mafiosa “di agire avvalendosi di straordinarie capacità di adattamento, ma anche di conoscenza della modernità e delle sue tecnologie”. Questo vale oggi, ad esempio, sul terreno delle piattaforme criptate e del dark web: è una frontiera a cui le Forze investigative stanno dedicando grande attenzione.

Accanto a questo, va rimarcata la considerazione, ribadita nella Relazione, che la mafia “non è solo un insieme di organizzazioni criminali: è anche cultura”. In questo senso, dunque, la lotta contro la mafia è anche la lotta, secondo la Dia, per rendere liberi i cittadini dal bisogno di “protezione” per poter soddisfare i bisogni primari, nonché dal timore di dover sottostare a pressioni ed intimidazioni.

Sul piano dell’andamento della delittuosità, si rileva nel secondo semestre 2022 un lieve rialzo a livello nazionale della fattispecie “associazione di tipo mafioso” e un deciso decremento della associazione per delinquere semplice. La crescita dell’associazione mafiosa riguarda le regioni del sud (da 32 del secondo semestre 2021 a 37 del secondo semestre 2022), mentre il calo della associazione per delinquere “semplice” concerne tutte le aree del Paese.

Anche per i reati che esprimono la tipica azione imprenditoriale delle mafie e la loro penetrazione nel tessuto economico e finanziario si registra una generale diminuzione, più o meno accentuata in tutto il territorio nazionale, specialmente per quel che riguarda i reati di riciclaggio e impiego di denaro (da 682 a 445).

La Relazione sottolinea, in ogni caso, che si tratta di fattispecie rilevate all’esito di attività investigative complesse e di ampio respiro, spesso concluse in periodi temporali che valicano ampiamente il semestre e che sottendono anche un non quantificabile numero oscuro di condotte non rese note o rilevabili.

Sul piano, infine, dei reati relativi alle più comuni modalità di raccolta di liquidità da parte delle organizzazioni criminali, esse appaiono tutte in generale diminuzione, ad eccezione della ricettazione il cui dato in leggero aumento si concentra al Nord e al Centro del Paese. Invece, il dato relativo alle estorsioni, rilevato in crescita al Centro, potrebbe rappresentare una maggiore propensione alla denuncia del fenomeno da parte delle vittime.