Premessa. Si è svolta il 15 dicembre 2021, in diretta streaming sul canale YouTube della Regione Toscana, la presentazione della Quinta Relazione scientifica relativa alla ricerca sui fenomeni di corruzione e di criminalità organizzata in Toscana.

Il Rapporto pubblica i risultati di una ricerca, realizzata dalla Scuola Normale Superiore di Pisa in accordo con la Regione Toscana, finalizzata a fornire alle amministrazioni pubbliche e alla società civile strumenti informativi sull’evoluzione dei fenomeni corruttivi e di criminalità organizzata in Toscana per l’anno 2020, le loro dinamiche di riproduzione e sviluppo criminale alla luce della crisi sanitaria.

Il rapporto è articolato in due macro-sezioni. La prima sezione aggiorna le precedenti analisi sui fenomeni di criminalità organizzata fornendo un approfondimento sui processi di espansione e riproduzione nei mercati legali e non della regione. La seconda sezione presenta, invece, i principali andamenti relativi alla corruzione politica e amministrativa in Toscana.

Nel rapporto vengono analizzati tre principali focus tematici: un’indagine sulle forme di sfruttamento lavorativo e caporalato, uno studio sulle infiltrazioni criminali nel sistema portuale della Toscana e un’analisi ad ampio spettro sui beni confiscati in Toscana.

 

Criminalità organizzata. Nel 2020 non sono ancora emerse evidenze di un radicamento organizzativo delle mafie sul territorio regionale, a differenza invece, come sappiamo di altre regioni del centro-nord.

Questo però, non significa che la regione sia immune dalla presenza della criminalità organizzata, ma che esiste una “variante” toscana dei fenomeni mafiosi che si manifesta in diverse modalità e per questo è anche più difficile da localizzare e investigare.

In base all’analisi dei principali eventi riconducibili alla criminalità organizzata di origine nazionale, la presenza di organizzazioni di matrice camorristica risulta la più diffusa ed eterogenea per strategie di business criminale (38%); i gruppi ’ndranghetisti (29%) confermano invece la loro capacità nel promuovere attività illecite su larga scala, dal traffico di stupefacenti al condizionamento dell’economia legale. Per quanto riguarda le organizzazioni di origine siciliana (21%) rivelano il perdurare di relazioni tra gruppi ancora operativi nell’isola e soggetti da tempo trasferitisi sul territorio toscano.

Sono inoltre sempre più organizzate le associazioni criminali transnazionali, soprattutto nel traffico di stupefacenti, seguito da favoreggiamento della migrazione clandestina e caporalato. In particolare, le organizzazioni criminali straniere, come quelle albanesi hanno acquisito una posizione privilegiata nel mercato toscano degli stupefacenti.

Nel 2020 la Toscana è stata la seconda regione in Italia per quantitativo di cocaina sequestrata (kg 3495) con un incremento del 199% rispetto al 2019. Nel 2020, il porto di Livorno ha fatto registrare il picco più alto dei sequestri rispetto agli ultimi dieci anni.

Sul territorio toscano le organizzazioni criminali sono particolarmente interessate agli investimenti nel settore privato, il quale si trova più vulnerabile per via dell’incremento di domanda di capitali e di compravendite di attività economiche in difficoltà finanziarie dovute all’emergenza sanitaria.

Secondo i dati U.I.F. di Banca d’Italia, la provincia di Prato conferma il primato nazionale per numero pro-capite di segnalazioni sospette. Rispetto al mercato dei contratti pubblici e delle concessioni/autorizzazioni, la Toscana è la terza regione del Centro Nord Italia per numero di provvedimenti interdittivi emessi dalle prefetture nel corso del 2020, confermando la vulnerabilità sia dei lavori che dei servizi.

 

Sistema portuale e traffici illeciti. Tra gli scali toscani il più rilevante è sicuramente quello di Livorno, non solo nelle dinamiche geopolitiche nazionali e regionali, ma anche come prima esperienza di “porto libero” in Europa.

Il porto di Livorno è un porto multi-purpose, dove possono confluire, dunque, ogni tipo di merce e diverse tipologie di navi. Questo lo rende uno scalo particolarmente attrattivo, in cui sia la dimensione commerciale, sia quella crocieristica trovano un importante punto di riferimento.

I risultati di alcune ricerche indicano come i porti possano essere dei veri generatori e attrattori del crimine all’interno dei quali le attività criminali si riproducono circolarmente autoalimentandosi, questo soprattutto grazie ai grandi spazi e alle possibilità offerte dal posto stesso.

Nel 2020 all’interno del porto di Livorno sono state movimentate 31.781.949 tonnellate di merci, dato che lo colloca al quarto posto nella classifica complessiva italiana. Nelle sue relazioni annuali la D.N.A. ha riconosciuto la centralità del porto di Livorno nel sistema del traffici illeciti nazionali, collocandolo al terzo posto della classifica nazionale dei porti monitorati dalla Direzione.

Il numero di operazioni antidroga avvenute nella provincia di Livorno negli ultimi sette anni è in progressivo aumento. I traffici illegali vanno dal traffico di prodotti contraffatti, al contrabbando di prodotti, di sigarette, al traffico di rifiuti. Traffici portati a termine grazie al coinvolgimento nell’attività criminale di attori operanti all’interno dei porti.

 

Gravi forme di sfruttamento e caporalato. La Toscana, con 209 persone oggetto di grave sfruttamento lavorativo nel 2020, è la seconda regione in Italia per numero di vittime identificate nelle attività ispettive sui luoghi di lavoro.

La maggioranza di casi di sfruttamento lavorativo in Toscana nel periodo luglio 2020/giugno 2021 coinvolge lavoratori stranieri occupati nelle province di Prato, Firenze e Pistoia in imprese manifatturiere del distretto del tessile, dell’abbigliamento, dell’agricoltura, delle costruzioni e del commercio.

Più che di lavoro nero, si parla di lavoro grigio, quindi di: sotto-inquadramento, sotto-dichiarazione delle ore lavorate, elusione contributiva. Vi è una forte presenza di caporalato e sfruttamento lavorativo soprattutto nei confronti delle fasce più precarie e vulnerabili della popolazione migrante, in particolare nella comunità egiziana.

Ad agosto 2021 la Regione Toscana ha aggiornato il Protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento in agricoltura, sottoscritto nel 2016. Il nuovo “Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura per l’annualità 2021” aggiorna il precedente piano, fornendo indicazioni di prevenzione e di contrasto più incisive e puntuali. Nelle premesse del documento, vengono richiamati i fattori di rischio legati allo sfruttamento lavorativo e all’intermediazione illegale in agricoltura, in particolare rispetto alla violazione del diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro, all’aumento della vulnerabilità dei lavoratori stranieri e alla possibilità che i circuiti di sfruttamento possano facilitare l’infiltrazione di gruppi criminali.

Vi è anche una nuova tipologia di intervento sullo sfruttamento lavorativo, rappresentata da quattro progetti che prevedono azioni di contrasto al caporalato e allo sfruttamento nel settore agricolo. In Toscana si parla di Demetra, Diagrammi Nord, Urban Social Act e Sipla, che coinvolgono reti composite, formate da associazioni datoriali del settore agricolo, sindacati, università, enti del terzo settore, sistema antitratta. Attraverso l’attività di specifici sportelli e unità mobili, i programmi attuano azioni volte alla consulenza, all’emersione e alla tutela delle vittime di sfruttamento e di caporalato e in alcuni casi azioni di ricerca-intervento e di clinica legale. A seconda del progetto, sono inoltre previste attività formative e di reinserimento sociale destinate ai lavoratori vulnerabili e/o interventi di sensibilizzazione e di sostegno all’agricoltura sociale.

La messa a regime di questi progetti può costituire un’opportunità di rafforzamento delle attività di contrasto alla filiera dello sfruttamento.

 

I beni confiscati in Toscana. Il sequestro e la confisca dei beni riconducibili ad organizzazioni criminali di stampo mafioso, e ad altre attività illecite dall’elevata pericolosità sociale, rappresenta uno dei principali strumenti della strategia di prevenzione e contrasto antimafia implementata in Italia dagli anni Ottanta e nei decenni successivi. Il riutilizzo sociale di questi beni, a sua volta, contribuisce a rendere questa politica, non solo innovativa a livello internazionale, ma integrata perché identifica un preciso percorso di rigenerazione etica, economica e pubblica di beni.

In Toscana, come in altre regioni italiane, la criminalità organizzata ha da sempre dimostrato elevate capacità di occultamento delle proprietà attività illecite, in particolare di quelle a sfondo economico-patrimoniale. Il riferimento va ai delitti di riciclaggio e di reimpiego di capitali di provenienza illecita, ma anche al condizionamento del mercato degli appalti pubblici.

Esiste quindi anche in toscana una sorta di economia criminale circolare dove forme di criminalità differenti, non per forza di matrice mafiosa, costruiscono relazioni di scambio simbiotiche nel comune interesse di riciclare ed occultare i capitali illeciti prodotti dalle loro attività di origine.

Sebbene non si possa giungere ad una conclusione definitiva sull’effettivo stato criminale della regione, attraverso questa ricerca, nel corso degli anni si può notare chiaramente un evoluzione del fenomeno criminale mafioso nella regione.

L’analisi dei provvedimenti di sequestro e confisca dei beni in gestione o destinate da parte dell’ANBSC rappresenta la principale fonte di informazione statistica disponibile sugli investimenti della criminalità organizzata nell’economia locale.

In base alla banca-dati dell’ANBSC, in Toscana il numero totale dei beni confiscati (fonte ANBSC) è di 541 beni totali presenti, con un incremento rispetto all’anno precedente del 11%. Di questi, 377 (70% del totale) sono in gestione. 167 sono i beni che risultano destinati sul territorio regionale, mentre resta ancora ampio di numero di beni destinabili perché giunti a confisca definitiva, i quali dal 2019 sono in costante aumento, fenomeno che provoca il rallentamento di destinazione, data l’attesa media di destinazione di 7 anni dalla confisca del bene stesso. Su base provinciale, Arezzo e Pistoia sono le prime in Toscana per numero di beni sotto confisca. I beni immobili rappresentano l’88% del totale, il restante è costituito da aziende. Entrambi in aumento rispetto all’anno precedente. Su 63 beni classificati come aziende, circa il 25% è costituito da aziende nel settore del commercio ingrosso-dettaglio, seguito da alberghi e ristoranti (21%) e da quello immobiliare e servizi alle aziende (17%).

 

Fenomeni corruttivi. Nel 2020, come nei precedenti rapporti, si registra in Toscana, uno spostamento del baricentro invisibile dell’autorità di organizzazione, gestione e governo degli scambi occulti più orientato verso dirigenti e funzionari pubblici, e verso una gamma di attori privati: imprenditori, mediatori, faccendieri, professionisti, gruppi criminali.

Con il sopracitato spostamento del baricentro verso il privato, si accende un segnale di allarme sulla vulnerabilità delle società pubbliche e partecipate a fenomeni di potenziale abuso di potere. Anche nel 2020 si ha la conferma del coinvolgimento di figure professionali delle reti della corruzione, in particolare quelle di tipo sistemico. Nel 2020 gli imprenditori dominano la scena quali attori privati, presenti in 11 casi, in aumento sia in termini assoluti che percentuali. I soggetti con responsabilità politica che fino ai rapporti precedenti erano presenze marginali, nel 2020 sono presenti in ben 6 dei 16 casi considerati. I restanti 11 casi coinvolgono funzionari e dipendenti pubblici.

In più del 60% degli eventi di corruzione nel quinquennio si registra un tipo di corruzione che si fonda su scambi occulti ripetuti nel tempo. La più frequente è quella consuetudinaria, con 31 casi, con scambi reiterati nel tempo, seguita da quella sistemica in 15 eventi, con la ripetizione di scambi e aumento graduale dei partecipanti. In 23 casi la vicenda sembra invece basarsi su un incontro occasionale tra pochi soggetti disposti ad entrare in una relazione di scambio, secondo il modello di corruzione occasionale.

Si rileva un decremento dei casi di corruzione nel settore delle nomine, ma nell’attività contrattuale si registra l’area più sensibile al rischio corruzione ovvero il settore degli appalti. Negli ultimi cinque anni si registrano ben 27 eventi di corruzione nell’ambito degli appalti: 16 appalti per lavori, 6 appalti per forniture, 5 appalti per servizi.

Nella gestione della pandemia da covid-19 sono particolarmente vulnerabili le attività che si occupano di approvvigionamenti necessari e acquisti straordinari per sostenere e fronteggiare le lacune del sistema sanitario. Secondo i dati raccolti nell’ambito del progetto C.E.C.O la pandemia ha anche provocato una diminuzione nel numero di lanci stampa trattanti eventi di corruzione. Dal punto di vista della distribuzione territoriale degli episodi di corruzione, ben 26 casi hanno come sede Firenze. Il livello provinciale sembra essere quello maggiormente coinvolto rispetto a quello comunale e interprovinciale. Anche nel 2020 i settori maggiormente interessati dai reati contro la pubblica amministrazione sono stati gli appalti (circa il 55% dei casi). Oltre a questi vi è un aumento di eventi emersi nel governo del territorio (11,5%).

a cura di Noemi Roszak