Premessa. La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha presentato a giugno 2017 la Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo luglio 2015 – giugno 2016. Di seguito viene sintetizzato il capitolo dedicato all’azione della criminalità in campo ambientale.

La convergenza di interessi. Le linee di tendenza della criminalità ambientale in tema di traffico di rifiuti, evidenziate nelle precedenti Relazioni, vengono confermate nell’edizione 2017 sulla base delle più recenti inchieste giudiziarie, che hanno investito anche gruppi imprenditoriali di rilevantissima dimensione, interessati a smaltire in modo illegale rifiuti pericolosi al fine di risparmiare sui costi di smaltimento; trovando complicità in importanti aziende operanti nel riciclaggio dei rifiuti, in grado di “occultare” le attività illecite nell’ambito dell’attività ordinaria legale.

La nuova criminalità ambientale. Tale criminalità viene definita in grado di vestire “i panni di quella stessa legalità cui arreca pregiudizio” e “autoreferenziale”, grazie alla capacità di rendersi autosufficiente dalle organizzazioni mafiose (che sono troppo “sotto i riflettori”), con l’eccezione della necessità di utilizzare il loro apporto per “facilitare” i rapporti con i pubblici poteri attraverso l’uso della corruzione al fine di aggirare e vanificare i controlli pubblici su autorizzazioni e smaltimento.

Se negli anni Ottanta e Novanta, quelli del boom degli interessi mafiosi nel settore rifiuti, chi operava illegalmente doveva necessariamente rivolgersi alle associazioni mafiose, in particolar modo alla Camorra, per disporre di luoghi ove smaltire illegalmente, oggi tali aziende, di grosse dimensioni, sono in condizione “di disporre di discariche legali ove operare illegalmente, avendo nel frattempo utilizzato gli strumenti offerti dai circuiti finanziari per fare fronte, acquisendo la disponibilità di tutto ciò che occorre, ad ogni esigenza connessa alla gestione del ciclo predetto”.

Tale criminalità opera seguendo la regola non scritta “il rifiuto meno lo tocchi e più guadagni”. Vale a dire che il margine di guadagno sarà maggiore se il trattamento del rifiuto – ovvero i costi di smaltimento – sarà minimo. “Il sistema della gestione dei rifiuti in campo nazionale si è sempre basato e continua a basarsi sulla commistione di attività legali ed illegali. Che si sono integrate ad un punto tale da determinarsi una vera e propria crisi di funzionalità del sistema stesso ogni qualvolta un qualunque amministratore della cosa pubblica intende riportare l’intera gestione stessa sotto l’egida della legalità”: l’”inceppamento” delle procedure viene così utilizzato per tornare (o tentare di tornare9, al “vecchio” sistema.

Il coordinamento delle indagini. Il trend dei reati in materia ambientale è purtroppo in continua espansione, come evidenziato dai dati sui procedimenti in corso, con un aumento significativo delle iscrizioni di reati al Nord, in connessione con la riduzione del tradizionale trasferimento dei rifiuti verso le regioni meridionali. La Relazione sottolinea l’estrema importanza di garantire la massima uniformità ed il coordinamento delle inchieste giudiziarie sui reati ambientali con riferimento anche alle nuove fattispecie introdotte dalla legge sugli ecoreati, pena la perdita di efficacia dell’azione repressiva: interpretazioni differenziate della normativa vigente non possono che facilitare l’azione di imprenditori scorretti, ad esempio per individuare il territorio dove poter svolgere con minori rischi l’attività di smaltimento illecito dei rifiuti.

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)