“I beni confiscati: da ricchezza criminale a risorsa di sviluppo per il territorio”: il resoconto del seminario promosso da Regione del Veneto e Avviso Pubblico

Si è svolto questa mattina, giovedì 2 dicembre, dalle ore 10 alle ore 13, in modalità online, il settimo appuntamento di formazione, del progetto “Mafie e Coronavirus, strumenti di prevenzione e contrasto”, promosso dalla Regione del Veneto insieme all’Associazione Avviso Pubblico.

Ad aprire l’incontro, dal titolo “I beni confiscati: da ricchezza criminale a risorsa di sviluppo per il territorio. Il ruolo degli Enti Locali” è stato l’intervento del Vicesindaco del Comune di Maranello (Mo), Mariaelena Mililli che ha raccontato l’esperienza in corso a Maranello rispetto ad un bene confiscato alla criminalità organizzata. Da un’indagine partita nel 2010 (indagine Point Break, connessa con il Processo Aemilia) si è arrivati nel giro di 4 anni alla confisca definitiva di una villa situata nel territorio comunale di Maranello. “Il Comune manifesta il proprio interesse all’ANBSC che destina il bene all’ente locale nel 2018, scartando (grazie all’impegno comunale) l’ipotesi della vendita – ha dichiarato la Mililli – Pur non mancando le difficoltà (la presenza di un’ipoteca, lo stato di generale deterioramento all’interno dell’immobile, molte irregolarità di costruzione e, soprattutto, la difficoltà a trovare imprese disponibili a lavorare alla ristrutturazione, temendo ritorsioni da parte dei mafiosi), il progetto è andato avanti e ormai è in corso di ultimazione: presto il bene confiscato diventerà una struttura per la ricettività turistica, gestita da donne in situazioni di fragilità. Un modo per unire legalità, lavoro e politiche di genere”.

A seguire il Prefetto Bruno Corda, Direttore dell’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati ha compiuto una panoramica a tutto campo rispetto al tema dei beni confiscati, sottolineando i passi in avanti compiuti dal 2010 (anno in cui è stata istituita l’Agenzia) ad oggi, insieme alle difficoltà che ancora permangono.

In primo luogo, ha ricordato il Direttore Corda, la normativa italiana ha una lunga tradizione in tema di aggressione ai patrimoni dei mafiosi come metodo fondamentale di lotta alla criminalità organizzata; non solo, la scelta nella direzione del riuso sociale dei beni confiscati costituisce una peculiarità quasi unica al mondo. “La destinazione di tali beni non è, naturalmente, esente da difficoltà. Bisogna tenere conto, ad esempio – ha ricordato il Prefetto Corda – che per quanto concerne i beni immobili spesso si riscontra uno stato di conservazione del bene particolarmente degradato (talvolta è lo stesso mafioso che prima di liberare l’immobile lo distrugge per renderlo inservibile), che non sempre questi sono appetibili per i Comuni, specialmente per quelli piccoli che incontrano maggiori difficoltà gestire e a reperire risorse. Per questi motivi è fondamentale porre l’accento sulla tempestività del riutilizzo (anche con forme di consegna provvisoria) e sulla promozione di consorzi tra Comuni per facilitare l’attività di destinazione.

Allo stesso tempo è necessario investire sul piano culturale per veicolare l’importanza (anche simbolica, oltre che sociale e territoriale) del riutilizzo, uscendo dalla logica della mera convenienza e coinvolgendo in un’ottica di rete tutti gli attori istituzionali (Comuni e Regioni, l’Agenzia) e del terzo settore per assistere le progettualità e implementare la diffusione delle informazioni utili”.

Il Professor Antonio Parbonetti, docente presso il Dipartimento di Scienze economiche ed aziendali (DSEA) all’Università di Padova, successivamente ha presentato l’attività di ricerca svolta in tema di aziende criminali. “Sul piano geografico, si tratta di un fenomeno che colpisce in modo significativo anche la regione Veneto mentre sul piano dei settori economici coinvolti si deve constatare come non vi siano zone franche” ha ricordato il professor Parbonetti. “Le organizzazioni criminali si sono evolute e, sempre più, operano in modo complesso e raffinato, con il coinvolgimento di professionisti inseriti all’interno delle strutture stesse dei clan (non si tratta quindi di una mera forma di collaborazione strumentale). Dentro le organizzazioni criminali figurano sempre più spesso veri e propri imprenditori, che si occupano di immettere le risorse criminali nell’economia legale, di spostare queste risorse tramite operazioni commerciali anche su altre attività redditizie e di investire (generalmente al centro e al sud) la ricchezza così prodotta”.

Dall’analisi di queste aziende criminali, il Professor Parbonetti ha illustrato che il 27% di queste sono annoverabili tra le società cd. cartiere, il 28% sono aziende di supporto, mentre il restante 45% sono aziende cd. star, ossia aziende che presentano buoni indicatori economici e che, a differenza delle prime due, dopo la confisca hanno medio-alte possibilità di sopravvivere.

Gli studi compiuti sui mercati in cui sono presenti aziende criminali hanno sempre mostrato come l’eliminazione di queste imprese sortisce effetti largamente positivi per gli altri attori sul mercato, (sul piano delle condizioni della concorrenza, dei costi complessivi, delle possibilità di investimento, ecc).

A chiudere l’incontro Remo Agnoletto della Segreteria Regionale di Libera Veneto che ha ricostruito l’esperienza compiuta nel Comune di Badia Polesine (Ro) rispetto ad un bene confiscato alla criminalità organizzata. “Il sequestro di questo bene risale agli anni 1993-95 (inchiesta Turchia Connection che vedeva coinvolti, nel traffico di droga, anche esponenti veneti), mentre per la confisca si deve aspettare il 2003 – dichiara Agnoletto – Dopo l’assegnazione dell’immobile al Comune di Badia Polesine, Libera si impegna nella ricerca di finanziamenti che conducono, nel 2012, al completamento dei lavori di ristrutturazione. La gestione, dopo un bando per la concessione, è andata all’Associazione Temporanea di Scopo (ATS) denominata Salvaterra che, sul bene, svolge molte attività (dalla produzione del miele della legalità al giardino della pace fino all’organizzazione dei campi di E!state Liberi e alla biblioteca dei diritti umani). La particolarità di Salvaterra ATS è che coinvolge sette diverse realtà tra associazioni e cooperative sociali che lavorano insieme con un ottimo livello di sinergia e in costante collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Badia Polesine (il Comune ha anche aderito ad Avviso Pubblico)”.

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