“Reati ambientali, dal traffico allo smaltimento illecito dei rifiuti”. Il resoconto del quinto seminario di formazione promosso dalla Regione del Veneto e da Avviso Pubblico

Si è svolto Mercoledì 24 novembre 2021, dalle ore 9 alle ore 11.30, il quinto seminario del progetto “Mafie e coronavirus, strumenti di prevenzione e contrasto”, nato dalla collaborazione tra Regione del Veneto e Avviso Pubblico.

Nell’incontro di oggi, dal titolo “I reati ambientali: focus sul traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti”, è stato affrontato il tema della trasformazione delle ecomafie, dal traffico allo smaltimento illecito dei rifiuti.

 Ad aprire il Seminario è stato l’intervento del Dott. Cosimo Mancini della Direzione Investigativa Antimafia: “In questi territori, nel Nord-Italia non si riscontrano, generalmente, le condotte tipiche delle zone di tradizionale insediamento mafioso, ma è presente la tendenza a inserirsi nei circuiti legali sfruttando anche forme di complicità dei colletti bianchi con il fine primario di riciclare denaro”.

Sul versante del traffico illecito dei rifiuti, il Dott. Mancini ha specificato che sono fondamentali sia gli strumenti di repressione (a cura delle forze di polizia e degli organi giudiziari) sia quelli di prevenzione, con il coinvolgimento di tutti gli operatori interessati. In questo quadro, un ruolo cruciale è quello che può svolgere la Polizia Locale, sia sul campo del controllo capillare del territorio, sia per la ricchezza del patrimonio informativo che ha a disposizione. È fondamentale condividere questo patrimonio con le altre forze investigative perché da ciò si possono ricavare una grande quantità di spunti di indagini preziosi. Alcuni versanti da approfondire sono, ad esempio: la SCIA (generalmente i relativi controlli avvengono a campione, ma la Polizia Locale, con le segnalazioni di ciò che accade nel territorio, può orientarli); la situazione nei capannoni abbandonati; il controllo approfondito dei camion che trasportano rifiuti. “La conoscenza capillare del territorio che ha la Polizia Locale e la condivisione di queste informazioni con le altre strutture investigative sono, dunque, elementi cruciali per vincere la partita”, ha concluso Mancini.

A seguire il Comandante Massimo Soggiu del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) dei Carabinieri di Treviso ha presentato, nel corso del suo intervento, alcune delle principali operazioni svolte nel corso degli ultimi anni nel territorio veneto, con un focus sull’evoluzione della presenza criminale nel settore dei rifiuti.

“I reparti del NOE, anzitutto, sono passati da un’attività che negli anni scorsi era di natura prevalentemente ispettiva e amministrativa a un’azione quasi esclusivamente investigativa. Le indagini relative alle attività illecite commesse nel ciclo dei rifiuti e ai reati ambientali in generale sono caratterizzate da un alto grado di complessità e comportano un impegno di durata non inferiore ai 6/8 mesi”, ha dichiarato il Comandante Soggio.

Tra i casi segnalati, il Comandante Soggiu ha presentato un’indagine svolta in provincia di Treviso nel 2017 relativa ai lavori di bonifica di una ex fonderia e un altro caso (del 2019) avviato dalla situazione nella bassa veronese (anche con degli incendi) e giunto a disvelare un sistema complesso con una molteplicità di soggetti criminali coinvolti. Gli attori che ricorrono in questo tipo di indagine sono essenzialmente tre: il produttore di rifiuti che vuole liberarsene abbattendo i costi che normalmente dovrebbe sostenere; un’impresa di trasporti, che si occupa dello spostamento dei rifiuti, con precise indicazioni atte a coprire l’illiceità del traffico; un responsabile di un impianto o discarica che si occupa di dare una formale (ma inesistente) copertura al traffico stesso.

Tra le evoluzioni da tenere sotto controllo, ha avvertito infine il Comandante Soggiu, c’è il fenomeno dei viaggi transfrontalieri dei rifiuti verso l’estero.

A chiudere l’incontro è stato il giornalista, scrittore ed esperto di ecomafie Antonio Pergolizzi che ha ricostruito le complesse dinamiche che caratterizzano il ciclo illecito dei rifiuti, da leggere sempre congiuntamente alle scelte pubbliche. “In primo luogo, il crimine ambientale va considerato come un crimine d’impresa, una declinazione violenta del processo di accumulazione del capitale già di per sé fondato sullo sfruttamento ambientale – ha dichiarato Pergolizzi –. La criminalità ambientale si muove nelle falle della regolazione: il quadro legislativo è farraginoso se si pensa, oltretutto, che la tutela penale dell’ambiente è stata riconosciuta in quanto tale solo nel 2015. In quest’ambito sono presenti dei veri e propri sistemi criminali, in cui le mafie sono certamente l’attore principale ma non l’unico: i clan sono in grado di sfruttare ogni canale e spazio lasciato libero, offrendo servizi alle imprese e riciclando ingenti quantità di denaro. Per combattere un tale sistema è, dunque, necessario un approccio di più ampio respiro, che non sia fondato solo sull’attività repressiva ma sia in grado di coniugare giustizia ambientale e strategia politica integrata (anche nella gestione dei rifiuti), proprio ciò che spesso risulta carente”.

Antonio Pergolizzi ha fatto riferimento alla complessità della situazione che caratterizza il settore del trattamento dei rifiuti (rifiuti urbani, rifiuti speciali, schemi di responsabilità estesa del produttore): un punto cruciale è quello di puntare sul ciclo integrato, verso la chiusura dei cicli, e definire forme di tracciabilità dei rifiuti, come avviene ad esempio nel veneziano (una buona prassi che, purtroppo, ad oggi è solo un’eccezione nel quadro generale).

Condividi