Diritti, informazione, giustizia, abuso d’ufficio, lotta alle mafie. Sono stati questi alcuni dei temi affrontati questa mattina durante l’ottava edizione della cerimonia del Premio dedicato alla memoria di Pio La Torre, sindacalista ucciso da Cosa nostra a Palermo il 30 aprile 1982, assieme al suo collaboratore Rosario Di Salvo. Il Premio, promosso da Avviso Pubblico, Cgil nazionale e Federazione nazionale della Stampa italiana, valorizza sindacalisti, amministratori locali, dipendenti pubblici e giornalisti che si sono contraddistinti per la difesa della democrazia e per la diffusione di una cultura della legalità e della responsabilità.
La cerimonia di premiazione, presieduta dalla professoressa Stefania Pellegrini, si è svolta nella bellissima cornice della Sala Borsa del Comune di Bologna, nell’Auditorium Biagi. In apertura del riconoscimento il convegno “La legge è ancora uguale per tutti? – I diritti dei cittadini, l’autonomia della magistratura”.
Ad introdurre il dibattito, dopo i saluti istituzionali del sindaco della città Matteo Lepore, l’intervento del figlio di Pio La Torre, Franco La Torre. “Oggi ricordiamo un evento rilevante nella storia della democrazia italiana: l’approvazione della Legge Rognoni-La Torre. Per la prima volta, grazie ad essa, nel settembre del 1982 si introduce nel Codice penale il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, si autorizzano gli inquirenti a fare indagini patrimoniali e a guardare nei conti in banca di coloro che sono accusati di tali reati e si introducono le misure di prevenzione. Una strumentazione giuridica che è motivo di orgoglio, portata come esempio a livello internazionale», ha dichiarato Franco La Torre nel suo intervento di apertura.
«Mio padre arrivò alla formulazione di quella legge perché è nato nella periferia di Palermo, in una contrada, vivaio della mafia italo americana. Figlio di contadini, cresce e vive dove la mafia è pane quotidiano. La sua osservazione si fa studio ed impegno quando diventa sindacalista e politico. Da sempre dalla parte degli ultimi si trova a contrastare l’avversario che è il sistema politico mafioso corrotto. Lo descrive nella sintesi perfetta che redige insieme al giudice Cesare Terranova nella relazione di minoranza presentata alla Commissione Antimafia nel 1976, approvata all’unanimità e nuovamente pubblicata dalla Commissione presieduta da Rosy Bindi. Fecero nomi e cognomi di coloro che imponendo i loro interessi avevano leso completamente i diritti dei cittadini. Ancora oggi se vogliamo sconfiggere la mafia, non dobbiamo abbassare l’attenzione per affermare i nostri diritti», ha concluso Franco La Torre.
A seguire l’intervento di Rosy Bindi, presidente della giuria del Premio, che ha evidenziato come «Ricordare Pio La Torre in un tempo come questo ci obbliga a fare tre sottolineature. La prima che sicuramente Pio La Torre è stato un sindacalista che ha dedicato la sua vita alla difesa della dignità del lavoro e dei diritti dei lavoratori. La seconda è che è stato anche un grande combattente per la pace: vorrei ricordarlo pure in questa veste data la situazione del nostro paese, dell’Europa e del mondo. L’attualità della sua testimonianza serva oggi a tutti noi a confrontarci con il problema della guerra affinché le nostre coscienze non siano assuefatte ad una politica nazionale, europea e mondiale che dovrebbe lavorare per bandire la guerra. Se non fermiamo la guerra, la guerra fermerà l’umanità. Bisogna lavorare alla pace con gli strumenti della pace».
«Pio La Torre va ricordato infine per il suo straordinario impegno nella lotta contro la mafia per cui ha dato la vita. È stata appena citata la relazione di minoranza da lui redatta che come Commissione abbiamo voluto ripubblicare perché ci siamo perfettamente ritrovati in quell’analisi. In essa non c’era la descrizione dei mafiosi, ma l’esplicitazione raffinata della relazione che i mafiosi tengono con il mondo che li circonda da cui l’intuizione di Nando dalla Chiesa “la forza delle mafie è fuori dalla mafie”. Una relazione che oggi è ancora più forte: se la mafia può permettersi una misura minore di violenza è perché raggiungono ugualmente i loro obiettivi attraverso le collaborazioni che intessono. Questo ci interroga sulla legalità, sul rispetto della giustizia e dei diritti: riguarda la classe dirigente del nostro paese a tutti i livelli, non solo la politica, ma anche l’imprenditoria e tutti noi cittadini».
«Oggi è una giornata importante di un cammino condiviso anche con Franco La Torre: un percorso che per noi è un elemento di valore – ha dichiarato il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà – Credo che sia importante celebrare questa giornata e la figura di Pio La Torre, mettendo attorno come base di riflessione il tema dell’uguaglianza e il rispetto delle leggi, non come elemento vuoto di significato, bensì quale rimando chiaro alla Costituzione repubblicana e ai fondamenti del nostro paese. Pio La Torre li ha incarnati, ma dobbiamo centrare l’attenzione rispetto al tempo che stiamo vivendo. Oggi nel nostro paese, a differenza di 30/40 anni fa, le mafie sembrano non essere considerate un problema, noi invece le reputiamo una minaccia grave per la nostra democrazia, per la nostra sicurezza ed economia. Purtroppo, nonostante i dati che a livello europeo censiscono la presenza di circa 820 organizzazioni criminali, la rappresentazione diffusa è che si tratti di una questione marginale, rispetto alle altre urgenze che si impongono».
«I dati ci consegnano una realtà che si preferisce non vedere – ha continuato Montà –. Nel 2024 sono già stati sciolti 8 comuni, sono 300 dal 1991, 80 sciolti più volte. Sono numeri che descrivono la dimensione della relazione tra mafie e politica e che evidenziano l’evoluzione del fenomeno mafioso. Se appare diminuito l’aspetto della violenza mafiosa, questi scioglimenti dimostrano invece come le mafie nel nostro paese fanno affari, prendono pezzi di economia, tolgono aziende, conquistandole attraverso la capacità di usufruire di grandi capitali e con la possibilità di utilizzare strumenti dell’economia legale per infiltrarsi e occupare sempre più spazi, usando solo in seconda battuta, la violenza. Derubricare il tema delle mafie solo all’aspetto repressivo e alla dimensione violenta, che permane, rischia quindi di allontanarci dal fenomeno, soprattutto al Centro Nord. In questo paese che fatica a vedere e a capire, credo sia giusto riprendere uno dei messaggi di Pio La Torre “ora tocca a noi”. Nel “tocca a noi” dobbiamo riflettere su quali siano le basi che rappresentano impegni concreti. Abbiamo bisogno che nei processi di revisione legislativa si abbia come unico riferimento la Costituzione e non si offrano assist ai criminali. Abolire il reato di abuso di ufficio come intervenire su altre norme di prevenzione e contrasto, facendo prevalere una logica opposta al senso civico, non solo ci allontana dall’Europa e dal resto del mondo, ma rischia di aprire spazi drammatici e garantire maggiori tutele a criminali e mafiosi», ha concluso il Presidente di Avviso Pubblico.
La segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante si è soffermata invece sulle difficoltà che stanno attraversando la categoria e il sistema dell’informazione. «L’articolo 21 della Costituzione non tutela i giornalisti, ma i cittadini e il loro diritto ad essere informati su ciò che avviene, in modo da potersi formare un pensiero critico. Se i giornalisti non sono messi nelle condizioni di poter svolgere nella maniera migliore il loro lavoro, questo diritto dei cittadini risulta compromesso». Costante ha parlato di «diritti negati» anche ai giornalisti, come «il diritto ad una retribuzione tale da garantire al lavoratore una vita libera dai condizionamenti materiali. I giornalisti– ha rilevato – sono diventati una categoria di lavoratori precari, con pochi diritti e molti doveri, spesso sfruttati. Vale per i lavoratori autonomi come per i lavoratori dipendenti, che stanno perdendo diritti conquistati negli ultimi 40 anni».
A chiudere il dibattito l’intervento del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini. «La lotta contro le mafie e l’affermazione di una società più giusta ha bisogno di una attività giornaliera e costante di tutti. Per sconfiggere veramente le mafie, da una parte dobbiamo affermare i diritti delle persone che non devono essere ricattabili, dall’altra una cultura che si espliciti nel modo di partecipare alla società, fondato sull’impegno e su valori condivisi. La sconfitta delle mafie così come l’affermazione della democrazia può partire solo da un’azione collettiva che parta anche dalla scelta di ricordare e avere come punto di riferimento la figura di Pio La Torre e di coloro che hanno dato anche la loro vita per contrastare i valori, la cultura e le relazioni mafiose. È una storia che ci dimostra quanto sia necessaria una forma di militanza: pensare all’impegno e al lavoro che ognuno di noi fa, non solo come un mezzo per arrivare ad avere uno stipendio a fine mese, ma anche uno strumento per collaborare a incidere e a cambiare la società con cui siamo chiamati a fare i conti. Le mafie, come veniva ricordato, sono forti non quando sono forti al loro interno, ma quando sono forti fuori e riescono a determinare un modo di pensare, degli stili di vita e dei valori che sono esattamente l’opposto di quelli che vogliamo affermare».
Il convegno si è concluso con la cerimonia di premiazione.
Per la categoria amministratori pubblici vince il premio Michele Bisceglia, sindaco di Mattinata (FG); menzioni speciali a Giovanni Gargano, sindaco di Castelfranco Emilia (MO) e a Marzio Ceselin, dirigente del Comune di Venezia.
Per la categoria giornalisti vince il premio Cristiano Cadoni, cronista del Mattino di Padova. Menzione speciale alla redattrice del Secolo XIX Gilda Ferrari.
Per la categoria sindacalisti vince il premio Pashmeen Kaur della Flai Cgil di Pordenone; menzioni speciali ad Alessio Maganuco, sindacalista della CGIL di Cremona e Giuseppe Celeste, presidente della cooperativa Sigonella Inn.
Un riconoscimento speciale da parte di tutti i promotori del premio è stato infine dato alla memoria di Satnam Singh, deceduto il 17 giugno 2024, a seguito di un grave incidente sul lavoro. A ritirare il premio è stata Laura Hardeep Kaur, segretaria generale della Flai Cgil di Latina e Frosinone, che ha fatto conoscere al mondo la vicenda del lavoratore indiano.
Qui è possibile rivedere la diretta del convegno: