SULLE TRACCE DELLA STRAGE MAFIOSA DI VIA SCOBAR A PALERMO: FRANCESCA BOMMARITO RACCONTA IL SUO “ALBICOCCHE E SANGUE” SU #CONTAGIAMOCIDICULTURA

In questa nuova puntata di #CONTAGIAMOCIDICULTURA torniamo nella Palermo del 1983 per ricostruire le tappe di un diario-inchiesta lungo quarant’anni, che prova a capire le ragioni della strage mafiosa di via Scobar.

A scriverlo è Francesca Bommarito, psichiatra, psicoterapeuta e sorella dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Bommarito, ucciso dai sicari di Cosa Nostra il 13 giugno del 1983 insieme al capitano Mario D’Aleo e al carabiniere scelto Pietro Morici.

Il titolo del libro, “Albicocche e sangue – La strage mafiosa di via Scobar 22, Palermo: tre carabinieri uccisi, uno era mio fratello Giuseppe” (Iod edizioni, 2022), richiama la fotografia straziante di quell’esecuzione: sul terreno, tra le gambe insanguinate del capitano D’Aleo appena ucciso, erano sparse delle albicocche raccolte in campagna da Bommarito la mattina stessa dell’omicidio.

Il volume è un diario-inchiesta in cui Francesca Bommarito ricostruisce le circostanze del triplice omicidio partendo da un piccolo particolare contenuto in una relazione di servizio, spuntata fuori da atti dimenticati.

In un primo momento, spiega l’autrice, si disse che Giuseppe Bommarito fu ucciso per caso. A smentire questo dato furono le modalità di esecuzione: l’appuntato Bommarito venne freddato a colpi di lupara, un tipo d’arma che è anche una firma mafiosa. Fu dunque una punizione per aver rivelato di un incontro tra il capomafia di Monreale e l’ex sindaco. Un incontro che sarebbe dovuto restare segreto, ma che Bommarito rivelò nonostante gli fosse stato chiesto di tacere.

Questo libro – è scritto sulla quarta di copertina – contribuisce non solo a rendere onore alle vittime di quel vile agguato ma anche a inquadrarlo finalmente in un preciso disegno strategico della mafia corleonese e dei suoi vertici di allora, primi tra tutti Salvatore Riina e Bernardo Brusca. Giuseppe Bommarito aveva intuito l’importanza di Monreale nello scacchiere complessivo di “cosa nostra” e messo in luce le complicità di politici e pubblici amministratori con i mafiosi.

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