STORIA DI UN CARCERE APERTO: SERENA UCCELLO PRESENTA “SENZA SBARRE” SU CONTAGIAMOCI DI CULTURA

Questa settimana con #CONTAGIAMOCIDICULTURA proviamo a guardare al di là delle sbarre che dividono il dentro e il fuori del sistema carcerario, per capire se e come un sistema detentivo può puntare al reinserimento e non essere solo punitivo. Ecco la nuova pillola della rubrica di Avviso Pubblico nata per conoscere, analizzare e approfondire il sottobosco criminale, per prevenire e contrastare le infiltrazioni mafiose e i fenomeni corruttivi, per tentare di impedire che mafiosi e corrotti possano ancora continuare a danneggiarci.

Stavolta presentiamo “Senza sbarre. Storia di un carcere aperto” (Einaudi, 2022) di Cosima Buccoliero e Serena Uccello. Due autrici con storie personali e formazione diversa. La prima è stata direttrice del carcere di Milano Bollate ed è direttrice della casa circondariale Lorusso-Cotugno di Torino. La seconda è giornalista de Il Sole24Ore e autrice di diversi libri e romanzi che raccontano la vita di donne e uomini che hanno a che fare con il mondo della criminalità organizzata.

«”Senza sbarre” è un libro che vuole provare a gettare uno sguardo oltre un mondo di cui abbiamo una conoscenza solo parziale, mutuata dalla fiction, dalla cronaca, dalla tv e dal cinema», spiega Serena Uccello. Ma il carcere è un mondo che brulica di vitalità, un microcosmo con le sue regole e un sistema di relazioni non sempre facili, di cui però nel bene e nel male si nutre. Nel libro anche le vicende dell’istituto penitenziario di Milano Bollate, divenuto un esempio per la qualità dei progetti avanzati di reinserimento dei detenuti.

Accoglienza e umanità sono quindi parole chiave per capire non solo il libro, ma per comprendere che il carcere può e deve essere un’opportunità di rinascita e reintegrazione sociale, secondo gli stessi principi costituzionali. «Chi si riappropria di se stesso è anche in grado di far spazio alla consapevolezza del reato che ha compiuto e quindi in qualche modo di provare a restituire un po’ di quello che ha tolto», conclude Serena Uceello. Non è un caso, infatti, che la recidiva nel carcere di Bollate, dove tutto questo è possibile, sia di circa il diciassette per cento contro una media nazionale del settantatrè per cento.

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