Il Governo riveda i tagli ai fondi per gli amministratori sotto tiro! Un contributo di Enzo Ciconte

(tratto dall’articolo pubblicato nel giornale il Domani, mercoledì 20 novembre 2024 su concessione dell’autore)

Cosa significa nella sfida quotidiana contro le mafie e a quali conseguenze porterebbe il previsto, pesante taglio al fondo per sostenere gli amministratori minacciati e aggrediti dalle organizzazioni criminali e quello per i comuni sciolti per mafia. La risposta è un monito per chiedere al Governo di ripensare a questo provvedimento.

Il dato sicuramente più inquietante è questo: il 20% dei comuni italiani è sotto tiro, con amministratori esposti agli attacchi, o agli incendi di case e automobili, o a colpi di arma da fuoco, o alle aggressioni verbali, alle minacce telefoniche i cui autori fanno parte di una criminalità variegata che tocca un numero elevato  di soggetti che vanno dai mafiosi, a quelli che pensano di farsi giustizia da soli, a quelli che si sentono penalizzati da una scelta amministrativa e che reagiscono minacciando o aggredendo l’amministratore pubblico ritenuto responsabile del presunto danno patito.

Il 20% è un numero enorme che è distribuito tra Nord e Sud, non in maniera uniforme. Il 2023 ha registrato, in alcune province, il maggior numero di casi di intimidazioni. Esse sono, nell’ordine, Cosenza, Napoli, Palermo, Torino Foggia, Reggio Calabria, Bari, Catania, Bologna. Le minacce sono in aumento del 27,6% in questo primo semestre del 2024. Lo dicono i dati del ministero dell’Interno e quelli raccolti da Avviso pubblico. Sono dati incontrovertibili, che parlano da soli e che nessuno mette in discussione.

E allora si rimane interdetti leggendo che nella legge più importante dello Stato, che è la legge di Bilancio di previsione per il 2025 e per il triennio 2025-2027, viene cancellato per l’80% il fondo destinato agli amministratori locali minacciati. Rimangono le briciole. Non c’è alcuna motivazione che giustifichi questo taglio che è incomprensibile e ingiusto oltre che controproducente. Ci sono due aspetti da segnalare.

Il primo è sicuramente finanziario perché togliere i fondi significa non ristorare i danni, non formare il personale, i cittadini, le migliaia di giovani coinvolti in progetti sui temi fondamentali quali la cittadinanza attiva, la trasparenza, la cultura della legalità. Senza i fondi, questo reticolo di esperienze e di opportunità andrà in frantumi generando un ulteriore distacco dallo Stato e dai suoi rappresentanti. 

Il secondo aspetto è simbolico, ed è altrettanto importante, se non di più del primo. Tagliare i fondi significa lanciare un messaggio devastante ai 5.400 amministratori che nel corso degli ultimi tredici anni sono finiti sotto tiro, per riprendere il titolo molto efficace del rapporto che annualmente compila Avviso pubblico. Non bisogna dimenticare che gli amministratori sotto tiro appartengono a tutti gli schieramenti politici, senza apprezzabili distinzioni.

Il messaggio è molto semplice: lo Stato si disinteressa di voi, vi abbandona al vostro destino; arrangiatevi. È questo che si vuole? Tutti sanno che oggi fare l’amministratore locale significa fare i conti con situazioni complesse, difficili, economicamente disastrate, che espongono anche al pericolo; e l’amministratore se non sente lo Stato dalla sua parte non sempre è disposto a combattere a mani nude e in perfetta solitudine. 

L’altro punto ancora più incomprensibile è l’azzeramento dei fondi per i comuni sciolti per mafia. L’esperienza fatta dal 1991 ad oggi ci dice che i comuni sciolti e passati per una gestione commissariale più o meno lunga, hanno dovuto affrontare situazioni molto complesse e delicate su più piani, a cominciare dalle finanze pubbliche dissestate.

Il fondo era stato creato avendo in mente questo quadro. Eliminarlo significa mandare un messaggio devastante: lo Stato si ritira da una trincea fondamentale, al contrario è necessario ripristinare la legalità e ricreare le condizioni per una pratica antimafia concreta e visibile ai cittadini.

In una situazione molto delicata come l’attuale, caratterizzate da mafie ancora forti e presenti sul territorio nonostante i successi ottenuti negli ultimi decenni, è un errore fondamentale azzerare i fondi. Con quale volto si presenta lo Stato in queste realtà?

C’è da tenere conto che i mafiosi hanno sempre compreso con grande sensibilità i segnali mandati dallo Stato. E adesso non è il caso di cambiare linea. Per questo confido che la discussione parlamentare possa apportare modifiche sostanziali. Ultima domanda: non è una contraddizione evidente andare alle commemorazioni di Falcone e Borsellino e poi togliere agli amministratori i fondi per proseguire la battaglia antimafia?

 

*scrittore, storico, membro del comitato scientifico di Avviso Pubblico

Condividi