C’è un’Italia che resiste in silenzio, e un’altra che ha il coraggio di parlare. Parte da questa premessa il nuovo viaggio di #Contagiamocidicultura insieme a Davide Mattiello e Marco M., autori di “Mi chiamo Marco e sono un testimone di giustizia” (Einaudi Ragazzi, 2025). Il volume – con la prefazione di Pippo Civati – racconta la storia vera di Marco M., un imprenditore di Siracusa che, di fronte alle richieste estorsive della criminalità organizzata, ha scelto di non piegarsi. Ha denunciato e da quel momento la sua vita non è stata più la stessa.
Insieme a lui, in questo racconto a due voci, c’è Davide Mattiello, già parlamentare e da anni impegnato nella promozione della legalità democratica. Il risultato è un libro che unisce la forza della testimonianza diretta con la riflessione civile e politica su cosa significa essere, oggi, un testimone di giustizia in Italia.
Marco non è un eroe. È un cittadino, un lavoratore, un padre. E proprio per questo la sua storia colpisce ancora di più. Denunciare la mafia, anche in contesti dove il silenzio è la regola, dovrebbe essere normale. Invece diventa un atto straordinario, con conseguenze spesso durissime: isolamento, difficoltà economiche, solitudine istituzionale.
“Marco ha preso la coraggiosa decisione di denunciare i suoi persecutori – si legge nella quarta di copertina – è diventato, così, un testimone di giustizia. E la sua vita è drasticamente cambiata: costretto ad abbandonare la sua terra, ora vive con la famiglia sotto un programma speciale di protezione, continuando a sostenere, con esemplare responsabilità, la decisione di non lasciar trionfare il male.
Il libro racconta la vera storia di Marco, che ha subito le pressioni mafiose, denunciando i suoi estorsori. «Quanto vale oggi la protezione della legalità, dello Stato, e quanto vale oggi la protezione del branco, del clan, della clientela. È un interrogativo che ci riguarda tutti. Soprattutto in questo tempo», dice Davide Mattiello.
Tutto questo è raccontato senza retorica. È un grido di dignità, una richiesta di ascolto, un invito alla responsabilità. Perché chi sceglie la legalità non può essere lasciato solo.
Attraverso le parole di Marco e l’analisi di Mattiello, emerge anche il ritratto di uno Stato che fatica a tutelare davvero i testimoni di giustizia, troppo spesso confusi con i collaboratori di giustizia o abbandonati dopo la denuncia. Il libro solleva così una questione cruciale: può esistere una vera lotta alla mafia senza un sistema efficace di protezione e sostegno per chi denuncia?
“Mi chiamo Marco e sono un testimone di giustizia” è una lettura necessaria. Per le scuole, per i cittadini, per chi lavora nelle istituzioni. È un atto di coraggio che interroga tutti noi: saremo capaci, come comunità, di camminare accanto a chi ha scelto di non tacere?