Il 19 luglio 1992, una terribile esplosione squarciò il silenzio di una domenica pomeriggio a Palermo, in Via D’Amelio. La mafia siciliana aveva colpito ancora, uccidendo il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi – la prima agente donna assegnata al servizio scorte – e poi ancora Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Quella bomba dilaniò i loro corpi e contemporaneamente sparpagliò in aria pezzi fondamentali di verità. Frammenti di una storia che ancora fatica a venire a galla.
Ricordare quel giorno e le sue vittime non è solo un atto di rispetto verso chi ha sacrificato la propria vita per la giustizia, ma è soprattutto un dovere civico e morale. Ricordare significa continuare a indagare per rimettere insieme i pezzi di quella verità che da molti anni è rimasta sparpagliata e instradata verso narrazioni di comodo. Indagini manipolate, prove false e testimonianze distorte hanno impedito per anni di arrivare alla verità, causando un ulteriore dolore ai familiari delle vittime, mettendo a rischio la credibilità delle istituzioni.
I tentativi di depistaggio non riguardano solo un passato che appare ormai remoto; rappresentano, invece, un pericolo attuale per la nostra democrazia. Quando lo Stato non riesce a garantire verità e giustizia, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni viene meno. La mancanza di trasparenza e la manipolazione delle indagini alimentano il senso di impunità e indeboliscono il tessuto democratico. È fondamentale, quindi, continuare a chiedere verità e giustizia per la strage di Via D’Amelio, affinché episodi simili non si ripetano e la democrazia possa consolidarsi su basi solide e trasparenti.
Le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio nel 32° anniversario della Strage di Via D’Amelio, ribadiscono l’importanza della memoria e dell’unità nella lotta contro tutte le forme di criminalità organizzata. «La tremenda strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, ha costituito l’apice della strategia terroristica condotta dalla mafia. Con atti spietati di guerra, si voleva piegare lo Stato e sottomettere la società. Le Istituzioni e i cittadini lo hanno impedito. Gli assassini a capo dell’organizzazione criminale sono stati assicurati alla giustizia, il sacrificio di chi ha difeso la legalità e la libertà è divenuto simbolo di probità e di riscatto. Ora il testimone è nelle mani di ciascuno di noi».
La memoria come strumento di educazione
Ricordare Borsellino e gli agenti della sua scorta significa ribadire i valori della legalità e della giustizia, opponendosi a ogni forma di sopraffazione e violenza. La memoria assume così un valore educativo fondamentale. È un’occasione per le nuove generazioni di conoscere la storia della lotta alle mafie e di comprendere il sacrificio di chi ha combattuto per un’Italia libera dalla criminalità organizzata. Le scuole, le istituzioni e la società civile hanno il compito di mantenere viva la memoria di queste vittime, attraverso incontri, testimonianze e progetti didattici.
Per questo, raccontare quella storia – costruita anche attraverso la partecipazione di cittadini, studenti e rappresentanti delle istituzioni – vuol dire trasmettere un messaggio di speranza e di impegno. La figura di Paolo Borsellino rappresenta un modello di integrità e dedizione che può ispirare chiunque si impegni per il bene comune. È fondamentale, quindi, continuare a chiedere verità e giustizia per la strage di Via D’Amelio, affinché episodi simili non si ripetano e la democrazia possa consolidarsi su basi solide e trasparenti.
Partecipare vuol dire combattere le logiche mafiose
Subito dopo le stragi di Capaci – con l’eccidio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro – e Via D’Amelio, la lotta alle mafie ha assunto un nuovo impulso. Cittadini e istituzioni sembravano aver ritrovato dopo molto tempo quella fiducia reciproca necessaria. A trentadue anni da allora dobbiamo fare tesoro dell’indignazione e della rabbia di allora, declinandola nell’oggi e offrendo nuove opportunità di partecipazione.
Questa dev’essere l’occasione per rinnovare un impegno a lottare ogni giorno per la giustizia, la verità e la legalità, contrastando le mafie e difendendo i valori democratici. È una battaglia che deve continuare con determinazione, coinvolgendo tutte le forze sane della società. Da un lato le istituzioni in prima linea, garantendo trasparenza, responsabilità e determinazione. Dall’altro la società civile e la responsabilità individuale. Solo così potremo onorare davvero la memoria delle vittime e costruire una società più giusta e solidale.