Incandidabilità degli amministratori locali per motivi di mafia: una tavola rotonda per discuterne

Giovedì 20 marzo presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, si terrà l’iniziativa dal titolo “Infiltrazioni mafiose nei comuni e incandidabilità degli amministratori locali”, una tavola rotonda che rientra nelle attività del progetto di ricerca “Il commissariamento della politica. Come l’amministrazione straordinaria cambia la democrazia” condotto dall’Università della Calabria, di Salerno, di Napoli “Federico II”, di Firenze, coordinato da Vittorio Mete.

Contenuto nel programma della “Settimana della sociologia”, il dibattito ha il patrocinio di Avviso Pubblico, del Dipartimento di scienze formative, psicologiche e della comunicazione che ospita l’iniziativa, e della società scientifica SISMA (Società scientifica italiana degli studi su mafie e antimafia) e gode del sostegno della rivista “Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali.”

un contributo di Vittorio Mete*

Fin dalla sua introduzione, nell’ormai lontano 1991, la legge che prevede la possibilità di sciogliere le amministrazioni locali per (presunte) infiltrazioni mafiose è stata costantemente bersagliata da critiche. La norma – sostengono i detrattori – è inutile, visto che non risolve il problema delle ingerenze mafiose nel governo locale. Sarebbe perfino dannosa perché non si limita a colpire amministratori locali, spesso non indagati né condannati, ma getta una cattiva luce su un’intera comunità, lasciandole addosso l’infamante marchio della mafiosità.

La prova provata della incapacità della legge di incidere sulla realtà sarebbe costituita dai sindaci (e dai consiglieri e assessori) mandati a casa a seguito di uno scioglimento e rieletti dopo la parentesi commissariale. Si badi bene: la rielezione di costoro non è un’ipotesi di scuola; succede più spesso di quanto non si creda.

Dal 1991, su 328 sindaci che sono stati destituiti dalla carica a seguito di uno scioglimento del consiglio comunale per motivi di mafia, ben 26 (l’8%) sono stati successivamente rieletti. Esattamente altri 26 si sono ricandidati e sono stati eletti alla carica di consigliere, mentre uno è stato nominato assessore. Solo in 4, tra quelli che si sono candidati, non sono stati eletti nemmeno come consigliere.

Possibili soluzioni ad un problema nazionale per la democrazia

In effetti, se un sindaco facente parte di un’amministrazione locale sciolta per mafia si ripresenta e viene rieletto, la lotta alla mafia, nel suo complesso, non ne esce benissimo. In casi del genere, una scorciatoia spesso percorsa da esponenti politici, ma talvolta anche da attivisti del fronte antimafia, è gettare la croce sui cittadini-elettori. La loro ostinazione politica – o la loro sottomissione al potere mafioso – sarebbe il problema. Ma è, appunto, una comoda scorciatoia che non porta molto lontano.

I sindaci rieletti non si trovano solo nei tanto vituperati paesini dell’Aspromonte, ma sono anche quelli che hanno guidato città di medie dimensioni, dove è davvero difficile sostenere che la maggior parte degli elettori sia vicina ai mafiosi o sotto il loro tallone. La strada più lunga e più accidentata da percorrere per provare a venirne a capo è invece riconoscere le ragioni e il diritto all’autogoverno di una comunità locale, e ammettere che l’impostazione centralista e punitiva del provvedimento non convince sempre proprio tutti.

Insomma, è innegabile che, al di là dei limiti e dei pregi di questa norma, sulla quale si è discusso e si continua a discutere molto, essa generi una tensione democratica che non è facile affrontare, né tantomeno risolvere.

Per evitare l’imbarazzante situazione per la quale, a distanza di un paio di anni, un sindaco a capo di un’amministrazione locale sciolta per mafia si ripresenti più o meno sfrontatamente sulla scena politica, nel 2009 il Legislatore ha introdotto una modifica all’art. 143 del TUEL che prevede la possibilità di dichiarare incandidabile, per due turni elettorali, gli amministratori locali ritenuti responsabili delle infiltrazioni mafiose (e quindi dello scioglimento).

Com’è facile intuire, anche questa previsione normativa non è andata incontro a un’approvazione unanime. Le critiche si sono levate, com’era normale attendersi, dagli amministratori locali colpiti dal provvedimento, da altri esponenti politici e anche da alcuni commentatori appassionati di cose di mafia. La previsione di incandidabilità, tuttavia, ha fatto alzare qualche sopracciglio anche a diversi giuristi, nei loro diversi ruoli professionali. La “sanzione” comminata è ragionevole e proporzionale alle presunte responsabilità dei singoli amministratori locali? Quanto sono fondati i profili di costituzionalità della norma?

La tavola rotonda

Per fare il punto sull’efficacia e sui limiti della previsione normativa sull’incandidabilità degli amministratori locali a seguito di uno scioglimento per mafia del consiglio comunale, il 20 marzo si terrà, presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, una tavola rotonda alla quale parteciperanno: Antonio Giannelli (prefetto di Cremona), Marco Magri (professore di diritto amministrativo all’Università di Ferrara), Ilaria Merenda (professoressa di diritto penale all’università di Roma Tre), Ferdinando Pinto (professore di diritto amministrativo all’università di Napoli “Federico II”).

L’iniziativa rientra nelle attività del progetto di ricerca “Il commissariamento della politica. Come l’amministrazione straordinaria cambia la democrazia” (Università della Calabria, di Salerno, di Napoli “Federico II”, di Firenze) di cui sono coordinatore nazionale. La discussione a più voci, che rientra nel programma della “settimana della sociologia”, intende rivolgersi a pubblici diversi, non solo a quelli strettamente accademici.

Per questo motivo, i promotori hanno chiesto e ottenuto il patrocinio dell’associazione “Avviso Pubblico”, che è la rete degli amministratori e degli enti locali che, ormai da 30 anni, fa la sua parte nella lotta alle mafie.

La tavola rotonda è altresì patrocinata, oltre che dal Dipartimento di scienze formative, psicologiche e della comunicazione che ospita l’iniziativa, anche dalla società scientifica SISMA (Società scientifica italiana degli studi su mafie e antimafia) e gode del sostegno della rivista “Meridiana. Rivista di storia e scienze sociali”, sulla quale dovrebbero poi esser pubblicati gli interventi dei relatori.

Come si vede, una platea plurale per un dibattito che intende essere genuinamente interdisciplinare, visto che mette in dialogo giuristi con diverse specializzazioni disciplinari e sociologi della politica impegnati nel progetto di ricerca.

Tutti i dettagli dell’iniziativa sono contenuti nella locandina disponibile qui, nella quale è riportato anche il link per seguirla in streaming.


*professore in Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università di Firenze

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